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Anno edizione: 2019
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La premessa dell’autore è che tutto ciò che racconta è “verità, nient’altro che verità”. Per fare questo Cavazzoni parte da sue esperienze private, da fatti legati a persone da lui conosciute personalmente o da frasi estrapolate da vari documenti, ma slegate dal contesto da cui sono estratte. Partendo da queste “verità” Cavazzoni si sbizzarrisce in divagazioni strampalate, qualche volta, ma non sempre, ironiche e talora anche divertenti, ma comunque sempre strampalate e spesso anche assurde. Un esempio tipico di come ha operato l’autore è il capitoletto sul comunismo: estraendo da un’opera di Marx la frase “nel comunismo chi vorrà pescare andrà a pescare, chi vorrà dipingere andrà in campagna a dipingere” deduce che nel comunismo ci saranno solo pescatori e pittori, con le ovvie conseguenze. La scrittura è comunque fluida ed il libro si lascia leggere anche quando le conclusioni dei capitoletti sono assolutamente assurde.
Recensioni
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La raccolta si apre con una precisa avvertenza, un monito chiaro ed esplicito per tutti i potenziali lettori: in questa sua ultima opera, Cavazzoni intende raccontare la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità. Un’antologia di storie narrate senza alcuna distorsione fantastica, talmente autentiche che lo stesso autore si offre eventualmente di mettere a disposizione del lettore più scettico nome, cognome e contatti di tutti i personaggi coinvolti.
La tentazione di indagare ulteriormente su certe identità un po’ ambigue è alta, ma tutto sommato bastano poche pagine per accertare l’evidenza empirica: le Storie vere e verissime di Cavazzoni sono sicuramente autentiche. E se fanno ridere non è perché l’autore ha selezionato vicende particolarmente buffe, ma perché Cavazzoni è perfettamente in grado di far degenerare la narrazione verso lidi fantastici, irreali e satirici, senza per questo doversi scostare in alcun modo dalla verità dei fatti.
Certo, c’è da dire che in questo gioco di verità fantastiche lo scrittore non si fa remore a imbrogliare, almeno trasversalmente. Non perché le vicende non siano autentiche, ma perché difficilmente possono essere definite come delle vere e proprie “storie”. L’elemento narrativo è secondario, talvolta persino assente – anche quando la “trama” in sé non manca, il suo fine ultimo rimane quello di stimolare riflessioni ulteriori, che trascendono la narrazione. Pensieri talmente assurdi e improbabili da far inevitabilmente divertire anche l’animo più freddo, perfino in quei casi in cui l’idea di fondo, lo spunto storico reale, rasenti la tragedia.
Insomma, il cuore della raccolta non è la storia, ma l’assoluta imprevedibilità delle riflessioni che ne derivano. Ecco allora che le vicende politiche italiane vengono reinterpretate nella metafora, fin troppo realistica, di un autobus di gitanti difficile da governare, mentre le vite di alcuni raccattatori ispirano riflessioni più alte sull’aldilà e sulla proprietà privata, e la favola di Pinocchio, pur involontariamente, sottolinea la relazione che sussiste tra la lunghezza del naso e la propensione a mentire, tipica dell’uomo Sapiens Sapiens.
Che le storie da cui traggono origine queste riflessioni siano vere è reso evidente quantomeno dal fatto che molti dei protagonisti sono ben noti al mondo: è il caso di Hitler, Mussolini e del pluri-citato Carlo Marx, ma anche di alcuni grandi nomi della letteratura classica nostrana e internazionale, tra cui Foscolo e il povero Pascoli, le cui poesie vengono reinterpretate in termini molto meno innocenti di quanto non ci si possa augurare. Alcuni fatti sono tratti dalle esperienze private dell’autore, altre sono ispirate a persone da lui conosciute personalmente, alcune delle quali vengono letteralmente messe alla berlina – basti pensare allo scrittore Ugo Cornia, protagonista di un’accesa riflessione sulle condizioni sanitarie della sua casa, infestata da scarafaggi.
Non ci sono veri e propri temi dominanti, anche se la generale tendenza a voler speculare sull’ignoto porta più volte a galla questioni come l’aldilà e l’esistenza degli extraterrestri, mentre un generale disincanto nei confronti della società non lascia scampo nemmeno alle ideologie. D’altro canto, non è necessario avere temi forti per avventurarsi in riflessioni brillantemente assurde: sono più che sufficienti pochi dubbi banali. Perché sorridiamo in foto? È davvero meglio essere milionari che squattrinati? Come si generano le perversioni? Come funziona un miracolo?
Non è sempre necessario prendersi sul serio per scrivere opere di qualità – se poi ne deriva una raccolta di testi assurdi, vari, un po’ casuali, molto caotici e sempre fuori dagli schemi, l’unica cosa che rimane da fare è goderseli uno a uno.
Recensione di Anja Boato
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