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Il nostro è "un mondo in cui eventi locali hanno effetti globali e in cui eventi globali hanno effetti locali"; è il mondo della globalizzazione. Questo enorme processo di interdipendenza planetaria riflette il paradosso insito nell'idea di movimento che esso stesso incarna e traduce in fenomeno storico operante. Il movimento di uomini, merci e culture diffonde un senso di libertà ed è segno di una concreta rottura di vincoli oppressivi, di catene sociali e politiche, ma è anche la fonte di insicurezze dovute alla perdita di status, ruoli e orizzonti che, nella loro stabilità, conferivano certezze. Ma sicurezza e libertà sono potenzialmente in un rapporto di proporzionalità inversa, per cui all'aumento dell'una è da temere una probabile diminuzione dell'altra. Ciò è vero soprattutto quando la libertà si esprime nei termini di una maggiore flessibilità del lavoratore, che Ceri opportunamente distingue da quella riferita al lavoro. C'è poi da dire che se il movimento della globalizzazione già di per sé è dissoluzione di certezze, il terrorismo, la criminalità organizzata e l'immigrazione clandestina incontrollata sono fenomeni che associano l'idea di libertà a quella di vulnerabilità che le società occidentali avvertono in modo acuto dopo l'11 settembre 2001. Il rischio insito nell'elogio della libertà intesa come flessibilità e nella sicurezza come garanzia di uno status di cittadino da "primo mondo" è l'espansione di poteri che si concentrano, si accentrano e si rafforzano. Gli interrogativi presenti nel volume sono i seguenti. Fino a che punto la sicurezza è garanzia necessaria di libertà e quand'è che si tramuta in una sua privazione? Oltre quale limite la libertà diventa sradicamento e obbligo al cambiamento? Da leggere le pagine dedicate alla distinzione tra sicurezza negativa e sicurezza positiva, dalle quali si evince la necessità di recuperare il terzo escluso dalla diade libertà-sicurezza: la solidarietà come logica inclusiva.
Danilo Breschi
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