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Ho letto questo libro tutto d'un fiato; non conoscevo bene Gad Lerner, ora posso dire che in questo libro ne scopro tutta la sensibilità, l'intelligenza, la lucida tenacia della conoscenza della verità . Il libro a mio avviso è bellissimo (tanto per usare un superlativo come Tali) l'ho trovato appassionante anche nella tecnica narrativa secondo me efficace, tesa a mantenere sempre accesa la voglia di conoscere del lettore ( anche grazie a tutti i libri che l'autore cita dandone essenziali ragguagli- ed è ovvio che vorresti consultarli tutti..)grazie all'analisi dei conflitti personali a più livelli (familiari, politici) e all'umanità infinitamente dolorosa e poetica (quando parla di Bruno Shultz o del senso di vergogna rispetto al padre e alla nonna paterna) accanto al pensiero sempre acuto, razionale, sferzante. E' un libro che consiglio e regalerò, molto bello, ricco di elementi storici, interessante, scritto benissimo - compreso il finale che sembra un colpo di scena
Trovo che, dal punto di vista del ritmo narrativo, nuoce al libro il continuo "va e vieni" tra luoghi e momenti diversi, sul filo dei diversi viaggi che Lerner ha fatto nei luoghi delle sue origini. Quanto ai contenuti, fa riflettere quanto abbia pesato nella psiche delle persone ebree e nei rapporti fra le generazioni la rimozione e il silenzio forzato su un passato "indicibile" come quello della Shoah. E come ci si debba sentire fragili davanti alla domanda "cosa sarebbe stato di me, se i miei genitori avessero vissuto in Ucraina anziché in Medio Oriente, e se poi non avessero deciso di venire a stare in Italia?".
Gad Lerner si presenta come un personaggio multietnico e multirazziale per lanciare al mondo, attraverso la sua esperienza, una morale di sinistra (?) condivisibile. Decisamente un libro interessante.
Recensioni
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I traslochi riservano sempre qualche sorpresa. Nel 2000, spostando l'Ambasciata italiana in Libano da un lugubre edificio-fortezza (ereditato dai tempi della guerra civile) a un elegante palazzo nel cuore della Beirut risorta, dovetti far pulizia dell'archivio. Fu lì che ritrovai per caso il certificato di nascita di Gad Lerner: Beirut, 7 dicembre 1954. Ne feci una copia per consegnargliela, a sorpresa, alla prima occasione di un mio ritorno in Italia. Ma quando incrociai Gad a una conferenza a Roma, non avevo il documento con me. Glielo spedii per posta: non giunse mai a destinazione, complici le Poste italiane.
Che sia stato questo smarrimento ad acuire in lui il desiderio di rintracciare i luoghi natali della sua famiglia? Mi piace pensarlo, anche se è un'ipotesi peregrina. La verità emerge dal suo libro, intenso e vivace, appena edito da Feltrinelli: Scintille. Una storia di anime vagabonde. Chi siano queste anime lo spiega fin dalle prime pagine. Sono "le anime strappate troppo bruscamente ai corpi scrive rifacendosi alla Qabbalah. Quando la separazione dal corpo avviene in circostanze ingiuste o dolorose, non sempre le anime raggiungono l'aldilà. Vere e proprie battaglie si scatenano talvolta sulla terra, dando luogo a inseguimenti e scontri". Quelle anime errano in un dantesco movimento rotatorio, chiamato gilgul in ebraico (stessa radice di Galùth, ossia la diaspora millenaria del popolo ebraico). Resta però la speranza assicura un cabalista del Cinquecento di "ricomporre le scintille custodite nell'anima di una persona". Ecco chiarito il titolo del libro. A dirla tutta, l'autore aveva scelto come titolo proprio Gilgul, finché il suo amico Carlo Feltrinelli l'ha convinto a optare per un meno criptico Scintille. Una storia di anime vagabonde.
Confessa Gad Lerner di essere lui stesso "coscritto fra le anime in eterno gilgul, nostalgiche di corpi e luoghi cui non faranno mai ritorno". Perciò, alla soglia dei cinquantacinque anni parte alla ricerca delle sue identità perdute, forse sospinto anche dal cocente ricordo di aver vissuto in Italia ben trent'anni quale apolide prima di ottenere il passaporto della Repubblica. Proprio così, tre decenni senza cittadinanza perché "il soprannominato Lerner Gad risulta militare nei ranghi di Lotta Continua" (immagino fosse più o meno questa la dicitura in uso allora). Un episodio di mala burocrazia, antesignano del leghismo odierno.
Le radici dell'autore sono duplici, est-europee da parte di padre e mediorientali da parte di madre. Deve quindi risalire entrambe le radici, se vuol tentare di "ricomporre le scintille". E comincia dal ramo paterno, askenazita dell'Est.
Per tre volte percorre i luoghi dove prosperarono le più folte comunità ebraiche del mondo, da Vilnius (la "Gerusalemme del Nord") giù giù fino a Boryslaw (la "sciagurata Boryslaw"), borgo minerario sperduto tra i Carpazi dove ritrova le case dei nonni paterni. Ma lungo quel meridiano ritrova anche lo scempio della Shoah lager, cimiteri e più spesso fosse comuni tutto malcelato tra foreste e praterie baltiche, polacche, bielorusse, ucraine. "Ho letto un'infinità di particolari macabri sulle secrezioni di questi sottoboschi impregnati, dove la terra delle fosse continuava a muoversi per giorni e a sprigionare vapori".
Con altrettanta trepidazione ("perché il Libano è mia madre") parte per Beirut, dove ritrova la casa della famiglia materna, rimasta fortunosamente illesa nel centro storico colpito dal fuoco incrociato della guerra civile. La ripercorre stanza per stanza e poi, nutrito di commozione, va fino all'Ospedale americano a cercare il suo certificato di nascita: senza successo. Allora si consola frequentando per qualche giorno la tout Beyrouth, la crema intellettuale, agiata e politicante di un "Paese reso ebbro dalla sua vitalità disperata e prorompente".
Ma il suo non è semplicemente il nostos, il ritorno di un'anima vagabonda: è anche un viaggio denso di motivazioni politiche. Da militante leale ai valori della sinistra accetta di guardare in faccia tutte le realtà, anche le più sgradevoli per un ebreo. Come i campi maledetti di Sabra e Chatila, fusi ora con la periferia sud di Beirut in un intrico di stradine senza identità. Ci va non una ma tre volte, per essere ben sicuro di poter scrivere queste due frasi terribili e coraggiose: "La sorte ha voluto mi recassi al cospetto delle fosse comuni di Chatila pochi giorni dopo aver deposto una pietra in ricordo dei miei familiari nella foresta sopra Boryslaw, e non sono riuscito a evitare una scivolosa associazione d'idee. Fra il massacro di Sabra e Chatila e la Aktion analoga che inaugurò lo sterminio dei 13.000 ebrei di Boryslaw intercorre un periodo molto breve".
Solo così trova la forza di proseguire verso sud, là dove spera sotto scorta dei "caschi blu" italiani di spaziare con lo sguardo fino alla terra d'Israele. Sono pagine emozionanti, come è emozionante per chiunque ebreo o non abbia percorso la strada lungo il tortuoso confine israelo-libanese, dal mare fino ai 2.800 metri del Monte Hermon. Io che ho ripetuto quel tragitto almeno dieci volte ne conservo una memoria visiva zeppa di fotogrammi mozzafiato. Sotto protezione dei militari italiani, l'autore compie anche due semplici riti funebri impostigli dalla sua amicizia con lo scrittore David Grossman e con Manuela Dviri, pacifista italo-israeliana. Accomunati dal destino di aver perso entrambi un figlio in azioni di guerra in Libano, hanno pregato Gad di recarsi nei luoghi dove sono caduti Uri e Yoni, deporvi una pietra e raccoglierne un'altra da consegnare alle famiglie. L'amico Gad fa di più: sceso nei punti esatti dove sono caduti i due giovani, si copre il capo e recita il Kaddish, l'orazione funebre ebraica che ha imparacchiato a leggere, laico impenitente com'è.
È dunque un libro intenso e vivace, che affastella a volte dettagli di poco conto tra pagine illuminanti. Al di là del "bisogno di attraversare confini proibiti per guardare dall'altra parte i luoghi della sua vita", l'autore depone un omaggio alle perdute "virtù del cosmopolitismo levantino". "In meno di cent'anni le città-mosaico del Mediterraneo hanno cambiato volto: a furia di trapianti, esodi, genocidi, pulizie etniche, la loro poliedrica ricchezza ha finito per essere schiacciata dall'innaturale omogeneità culturale che le immiserisce". E lo stesso vale per quell'Europa a cavallo del meridiano che scende dal Baltico fino al Mar Nero, passando dal distretto di Leopoli, dove i vecchi Lerner sono stati sudditi austroungarici, poi polacchi, sovietici e infine ucraini. "Il gioco dei passaporti ha perduto la sua leggerezza quando su di essi ha iniziato a gravare il peso dei nazionalismi" scrive l'autore. In effetti aggiungo io ricordi e cimeli della mia famiglia genovese narrano di una bisnonna nata a Odessa con cognome italiano, cittadinanza inglese e religione ortodossa. Fino alla Grande guerra mio bisnonno attraversava l'Europa in treno e il Mediterraneo su velieri commerciali di famiglia senza tante formalità; bastava talvolta un biglietto da visita.
In tempi di leghismo quella che Gad Lerner ci racconta mi pare una storia da meditare. E a forza di meditare mi sono chiesto: se è vero che anche le città hanno un'anima e che le anime di Leopoli, Vilnius, Odessa, Aleppo, Beirut, Alessandria furono separate dal loro "corpo" in modo ingiusto e doloroso, non staranno ora vagabondando per "ricomporre le scintille" e ritrovare la loro vera, fulgida identità?
Giuseppe Cassini
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