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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2013
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Indice
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
dei libri di racconti che ho letto di murakami, questo è quello che mi è piaciuto di piu. Ogni racconto ha in sè magia , realtà e surrealtà mescolati magistralmente; ogni racconto mi ha portato alla riflessione
scrittura splendida forse anche grazie alla traduzione. Alcuni racconti sono semplicemente splendidi. Al'80% grandissima letteratura. Chi ama la letteratura deve leggerlo.
Per me non è affatto semplice recensire dei racconti, perchè bisognerebbe prenderne uno alla volta, analizzarlo e continuare così fino all'ultimo rimasto. Perchè forse tante storie regalano più ricordi rispetto ad un romanzo o ad unica vicenda. Perciò non posso fare altro che riunire questi ventiquattro racconti in uno, tramutarli in un romanzo e dire ciò che ne penso. Comincio dicendo che questo libro è stato il primo che ho letto di quest'autore e... che dire? L'ho semplicemente amato. E anche questa parola non basta per descrivere quanto mi è piaciuto: mi è entrato dentro, ed è diventato come un organo indispensabile del mio corpo. So che qualcuno ha provato tutto questo e mi capisce. Tantissime e diverse sono le storie, come tante pietanze dal sapore diverso e piacevolissime da gustare e l'unica incertezza è data dall'imbarazzo della scelta. Se si potesse sorteggiare o avere il coraggio di scegliere, l'effetto sarà sempre piacevolissimo. In questi racconti c'è realtà, fantasia, divertimento, malinconia, tristezza, dolcezza, paradossi e assurdità ma soprattutto tante emozioni e sentimenti. Quel genio di Murakami ha la straordinaria capacità di combinare tutti questi elementi in una cosa indefinibile ma stupenda: non si riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia, non si capisce cosa sia invenzione e cosa sia la verità e questo crea un meraviglioso senso di smarrimento che non crea ansia e non spaventa. Perdersi in questo mondo di racconti può sembrare un sogno a lungo inseguito e ora realizzato che può rendere il mondo più bello. All'inizio sembrano tutte banali storie di quotidianità, ma quando si prosegue con la lettura il livello di complessità aumenta, l'interpretazione diventa indispensabile e quando il messaggio viene recepito, non si ha più voglia di smettere. La fantasia della razionalità non è mai stata così emozionante e comunicativa.
Recensioni
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Kafka sulla spiaggia è il titolo di uno dei più fortunati fra i romanzi di Murakami (2002; Einaudi, 2008; cfr. "L'Indice", 2008, n. 9), ma potrebbe anche essere il titolo di questa collezione di racconti in cui le spiagge abbondano, e in cui abbondano corvi, scimmie parlanti, architetture da incubo e soglie pressoché impossibili da varcare. Eppure, per quanto vi si respiri un'atmosfera à la Kafka, i racconti di Murakami non sono kafkiani, se non altro perché i personaggi di queste storie (scritte fra il 1983 e il 2005) non rimangono, come l'agrimensore K., eternamente al di qua della sospirata soglia, ma a quella soglia si affacciano, e talvolta la varcano anche.
Così, ad esempio, il protagonista di uno dei racconti più surreali del libro, Splendore e decadenza delle ciambelle a cono, si trova sì alle prese con tirannici corvi parlanti incaricati di pronunciare una sentenza su di lui (le ciambelle che ha cucinato sono o meno degne di essere mangiate?), però del loro giudizio finisce per farsi beffe: "D'ora in poi avrei preparato solo le cose che piacevano a me. I corvi potevano pure beccarsi a morte l'un l'altro e crepare tutti quanti".
Simile il finale di Granchi, forse il racconto più bello, certo il più inquietante: una giovane coppia in vacanza a Singapore consuma per tre serate consecutive, con grande soddisfazione, squisite cene a base di granchi, seguite da amplessi lunghi e sereni, e da sonni tranquilli. La terza notte, però, accade un evento inatteso che cambia tutto, i granchi si rivelano diversi da quel che sembravano, e il protagonista, "avvolto da qualcosa di misterioso, morbido e profondo", prende una decisione di fondamentale importanza: "Ovunque fosse andato, con i granchi aveva chiuso".
In quasi tutte queste storie a un certo punto avviene "qualcosa di misterioso, morbido e profondo" destinato a dare una scossa all'esistenza sempre un po' assopita dei personaggi. Si tratta di accadimenti che potrebbero essere semplici coincidenze, ma forse non lo sono. Emblematico è in questo senso Percorsi del caso, una sorta di manifesto di poetica, in cui l'autore entra esplicitamente in scena in prima persona fin dall'incipit ("L'io narrante, qui, sono io, Murakami, che ho scritto questa storia") per raccontare "un paio di eventi 'strani' che mi sono accaduti in passato". Il punto, qui, sono le virgolette intorno alla parola strani. In che senso gli eventi che Murakami racconta sono "strani"? Si tratta solo di "incidenti che succedono", oppure esiste un "qualcosa" che interviene "facendo finta di essere una coincidenza"?
Murakami è al suo meglio quando, evitando di rispondere a queste domande, tiene a freno la sua vena più grottesca, che a volte rischia di diventare un po' stucchevole, e rimane sul sottile crinale fra la banalità del quotidiano e il baluginare del mistero. E su questo crinale si situano molti episodi di questi racconti: la musica che risuona nella notte sull'isola greca dei Gatti antropofagi, l'inspiegabile nausea che per un intero mese attanaglia il protagonista di Nausea 1979, lo stupefacente concatenarsi di coincidenze in Percorsi del caso.
Quasi sempre la banalità del quotidiano che i personaggi di Murakami si trovano a vivere è fatta di solitudine, e spesso all'origine di questa solitudine c'è un lutto da elaborare. È il caso dell'anziana donna di Hanalei Bay, che ogni anno si reca alle Hawaii per trascorrere tre settimane nella baia dove il figlio è morto aggredito da uno squalo; o del narratore del Settimo uomo, tormentato fin dall'infanzia dal senso di colpa per la morte di un amico travolto da un'onda anomala durante un tifone.
Ma è come se la scrittura stessa di Murakami, e non solo i suoi personaggi, fosse pervasa da una sorta di luttuosa malinconia. La sua sintassi piana e vagamente ipnotica, il suo modo terra terra di spiegare le cose, il suo approccio alla realtà invariabilmente umile e disarmato ("Diversi fenomeni inspiegabili hanno messo qua e là colore nella mia vita quotidiana. Pensate che io li abbia studiati con attenzione? No, non l'ho fatto. Li ho accettati così com'erano con semplicità e ho continuato a vivere normalmente", dichiara in Percorsi del caso) trasmettono la sensazione che un'impalpabile velo di tenue tristezza ricopra ogni cosa. Senza però che l'autore ne faccia mai una tragedia. Al pari dell'investigatore dilettante di Un posto dove potrei trovarlo, infatti, Murakami non se la prende se il mistero su cui sta indagando sfuma lasciandolo con un pugno di mosche: "Io continuerò la mia indagine da un'altra parte, alla ricerca di una porta (
). Alla ricerca di qualcosa, in un posto dove potrei trovarlo".
Norman Gobetti
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