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Anno edizione: 2022
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Kamel Daoud, vincitore di un premio Goncourt e di un prix Méditerranée, sfida le nostre certezze e i nostri pregiudizi narrando la meraviglia dell’arte, e in quello stupore accende la luce di una libertà assoluta, contro ogni fondamentalismo.
«Daoud è uno di quei pochi scrittori disposti a rischiare la vita per quello che scrive.» – Roberto Saviano
«I versi satanici incontrano Una notte al museo.» – Le Monde
Un uomo arabo cammina di notte nelle sale del Museo Picasso di Parigi. Non è un visitatore qualunque. Una fantasia, un volto scuro venuto dal deserto, dalla Siria o da Timbuctù o da Algeri, si chiama Abdellah, è un jihadista che vuole distruggere per sempre le tele di un pittore infedele, colpevole di aver vissuto un amore proibito con una donna molto più giovane di lui e di averne esposto le nudità in opere blasfeme. Di fronte a quei quadri osceni, racconto di una caccia erotica, immorale, senza limiti, Abdellah vacilla, quello sguardo è lontano dal suo mondo, da quello che sa dell’amore, del piacere, della libertà. Può l’arte guarire un uomo dalla violenza, portarlo a scegliere il desiderio qui sulla terra invece della beatitudine eterna?
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Una lettura non per tutti, non leggera, un libro particolare. Sicuramente utile e formativo
Chi è il pittore che divora le donne? Pablo Picasso. L’autore, inventandosi il personaggio di Abdellah che ha le sue stesse origini, visita il museo Picasso di Parigi durante la mostra “Picasso 1932. Anno erotico” che si è tenuta a cavallo tra il 1917 e il 1918. Abdellah è un terrorista. E intende distruggere tutte le tele di Picasso. Il motivo? Per l’erotismo e la sessualità delle sue opere, per ripulire il mondo da tutto ciò che non è puro, non è stato, secondo lui e la sua religione, creato da Dio. Le tele su cui si concentra la sua attenzione sono quelle dedicate alla giovane amante del pittore, Marie Therese Walter. All’epoca fu uno scandalo, perchè c’era una sostanziale differenza di età. Soprattutto in relazione alle tele così erotiche ed esplicite tanto da coniare il termine “erotismo dell’occhio.” Attraverso l’arte, espressione universale dell’animo e del genio del singolo, Daoud s’interroga sulle caratteristiche della pittura e dove consistano i veri limiti morali. Può l’arte ascendere allo stesso Dio? Può un artista conferirsi l’atto creativo che nel mondo arabo appartiene soltanto a Dio? Le tele di Picasso esprimono, attraverso il mistero e il mito, l’atto del piacere e quello del dolore utilizzando le immagini. Una prerogativa che nel mondo islamico appartiene soltanto a Dio. La sfida, dunque, consiste proprio in questo. L’Occidente per Daoud è un corpo di donna, qualcosa che lui non arriva a comprendere a pieno perchè il mistero della nudità gli è stato negato. Eppure intuisce che si tratta di una sorta di decomposizione morale e una ricomposizione artistica. Daoud è figlio di un mondo in cui l’erotismo è solo silenzio. Il corpo non è amato, ma subito. E tutto questo incide sulla condizione della donna e sull’arte in generale. Sulla nostra anima, i nostri desideri, i sogni. L’arte può guarire un uomo che crede che il sollievo sia nella violenza della distruzione? Forse la risposta è qui.
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