Dante come esponente della generazione "tq" (Trentaquaranta) partita alla conquista delle pagine culturali per svecchiare e ripoliticizzare la vita culturale italiana? La riunione in un corposo "Meridiano", secondo la combinazione inedita di latino e volgare, di tre punti fermi dell'opera di Dante prima della
Commedia suggerisce il paragone, per quanto l'introduzione-saggio di Marco Santagata proietti il lettore oltre il volume sul "tutto Dante". C'è la
Vita Nova, cioè il romanzo in cui Dante trentenne racconta il suo amore per Beatrice. Il commento è l'aggiornamento di quello curato da Guglielmo Gorni, compianto italianista dalla penna lucida e novatrice. C'è il
De vulgari eloquentia, cioè la critica letteraria. Mirko Tavoni firma un commento in cui si affrontano problemi di complessa tecnicità con chiarezza, dando il giusto rilievo al valore politico e filosofico della riflessione linguistico-letteraria di Dante, e propone una datazione tra il 1304 e il 1306 legata a un ipotizzabile soggiorno bolognese del poeta esiliato. Ci sono poi le
Rime, cioè le molte poesie non inserite nella
Vita Nova o nel
Convivio. Queste sono di epoche diverse ma a suggerire comunque l'immagine di un Dante militante tq è l'agguerrito commento di Claudio Giunta, studioso giovane con all'attivo un'importante bibliografia e una riconosciuta attività di polemista.
Insomma, romanzo, critica, poesia, un triathlon riservato a pochi, l'intellettuale completo va alla conquista dello spazio letterario che, all'epoca di Dante, faceva saldamente parte dello spazio di azione pubblica. Poesia e critica oggi invece sono "di nicchia", rappresentano, nel migliore dei casi, la parte nobile di un catalogo editoriale, o resistono all'interno di uno spazio specialistico o pedagogico a loro volta seriamente minacciati. Ricordare tali elementi di contesto può sembrare ovvio ma serve a situare il commento alle
Rime proposto in una sede che rimane, idealmente, punto d'incontro tra lo specialista e il lettore colto. Le esigenze di quest'ultimo, ammesso che legga ancora, rendono sicuramente un grande servizio anche a chi leggere lo fa di mestiere. Tra i molti punti di forza di questo commento c'è infatti una notevole chiarezza di espressione e una capacità di sintesi in presenza di una massa di informazioni che fa di questo il più ricco commento esistente. Arrivare dopo Barbi, Contini, Foster-Boyde, De Robertis vuole dire partire da un capitale di conoscenza unico. La scelta di Giunta è allora quella di alzare la posta.
Le capacità di indagine bibliografica e di ricerca su
corpora di testi consultabili elettronicamente moltiplica le capacità di un ricercatore di oggi e Giunta sa mettere in opera un approccio moderno alle fonti. Si estende il dominio dell'intertestualità praticato, ancora "a memoria", dai suoi predecessori. Tra l'altro si moltiplicano, pertinentemente, i richiami a passi paralleli presso i trovatori provenzali e francesi, cioè i rappresentanti della poesia che godeva di maggiore prestigio all'epoca di Dante. D'altra parte, il commento esce spesso dal confronto con il codice lirico per misurarsi con i molteplici linguaggi e competenze di un intellettuale del Due-Trecento.
Si parla dunque di interpretazione dei sogni, di medicina, di astronomia, di filosofia scolastica, ma anche di arte, come quando, a proposito di
Per una ghirlandetta, si ricorda il motivo del Dio d'Amore che distribuisce ghirlande agli innamorati negli avori gotici francesi. Si esplorano le lingue tecniche della contabilità mercantile, del diritto. Inoltre, è sondata la possibilità di ricondurre motivi letterari al grande universo dei tipi folklorici. Che ciò avvenga in parte in polemica con gli abusi che si commettono nello spiegare la letteratura con la letteratura (gli eccessi dell'intertestualità) è trasparente, ma si può a volte dissentire. Per esempio, è giusto sottolineare l'origine folklorica della nave magica del famoso
Guido i' vorrei su cui Dante vorrebbe andare a zonzo con gli amici poeti, ma è eccessiva la tirata contro le identificazioni proposte con singole navi magiche nella letteratura francese medievale. Questa o quell'identificazione è stata avanzata dagli studiosi man mano che si stratificava l'attività (che è idealmente anche collettiva) di commento. Conta anche che sono tutte navi francesi, e dunque, se anche Dante non alludeva a una in particolare e il motivo è, alla base, folklorico, il tramite è verosimilmente francese e dunque, probabilmente, letterario.
Tocchiamo qui un aspetto capitale del commento: la sua forza polemica. Si prenda la nota sull'altro sonetto famoso
Un dì si venne a me Malinconia, dove Dante parla alla figura di Malinconia materializzatasi accanto a lui vestita di nero e le dice: "Pàrtiti, vai via". La citazione "folklorista" di uno studio sulle formule di scongiuro di un antropologo come Ernesto de Martino è accompagnata da quella di una famosissima versione di Ornella Vanoni di una bossa nova brasiliana: "Tristezza per favore vai via". L'accostamento rende, certo, immediato cosa vuol dire scrivere per un poeta medievale: non tanto trovare una combinazione di parole unica, ma muoversi materialmente su più piani di lingua condivisa, intuire, sì, ma soprattutto comunicare. Ma citare la Vanoni significa portare il discorso scientifico stesso sul piano della cultura pop. Non si pensa tanto alla sua bella trasparenza comunicativa, quanto piuttosto allo sforzo costante di attualizzazione compiuto per situare Dante agli occhi del lettore di oggi. L'immagine che gli è offerta è quella di Dante come il primo poeta moderno. Contro il sistema fortemente caratterizzato da convenzioni retoriche della poesia trobadorica si afferma con Dante un modo di trattare in poesia argomenti diversi, dagli accidenti quotidiani ai problemi filosofici e dottrinali (efficacemente si richiama la "didassi frontale" di Auden e Brecht). Certo, non ci si deve aspettare una poesia come quella a cui siamo abituati noi moderni, quello "spontaneo traboccare di sentimenti potenti" di cui parlava Wordsworth. Dante propone però già rispetto a una poesia rivolta costantemente verso l'esterno, dialogo o presa di posizione rispetto a un destinatario preciso o a una comunità di colleghi (fedeli d'amore, donne innamorate), gli elementi di un'autoriflessività e soggettività del testo di tipo moderno. Ora, questo modello è riproposto troppe volte nel commento per pensare si tratti solo di un espediente pedagogico e comunicativo.
La semplificazione però ha un prezzo. La poesia romanza, trobadorica e francese, ne esce appiattita in maniera quasi da manuale scolastico, tanto che i molteplici riscontri prodotti rischiano di regredire a un semplice rumore di fondo della lingua a cui manca ancora l'impronta del genio. D'altra parte, va ricordato che la poesia moderna, non è tutta soggettività o
confessional alla maniera anglosassone. Basta pensare alle avanguardie che hanno attraversato il Novecento, alla poesia di ricerca italiana, alla distruzione della lirica nella poesia francese moderna. In realtà, la semplificazione ideologica del commento mette la sua notevole ricchezza esegetica sotto il segno di una militanza che sembra in parte rispondere a una polemica anti-corporativa. È un confronto che avviene a due livelli. Uno tecnico, interno alla corporazione, l'altro dall'esterno, toccando il ruolo della lettura dei classici, mette in discussione il ruolo stesso della specializzazione. Non è escluso che un po' di comunicazione valga a ridare slancio al lavoro dei tecnici, a togliergli un po' di
tristeza. Ma non sono i tecnici i nemici degli studi letterari. I nemici stanno fuori. La canzone non dice: "Intertestualità, per favore, vai via". Fabio Zinelli