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Il lettore di oggi, che ama la letteratura e apprezza le opere di valore, diffida della critica letteraria. Ne ha tutte le ragioni. Da una parte ha a che fare con le pagine letterarie dei giornali di cui si stanca facilmente a causa della loro critica rispettosa delle scelte del mercato editoriale, dall'altra ha di fronte a sé l'esegesi universitaria, un luogo scoraggiante con i suoi dibattiti tra specialisti, i quali pensano che l'arte sia qualcosa di troppo serio e noioso per poter interessare un semplice lettore. Tra i due, tra i giornalisti e i supposti esperti, il nulla. Al punto che viene da domandarsi: a che serve la critica? Si sa: si scrivono i libri che vorremmo leggere. Massimo Rizzante non ha scritto il suo saggio per aggiungere il noto al noto. Parlando dei libri degli altri parla innanzitutto della sua esperienza: l'esperienza di un lettore frustrato dalla mancanza di critica.
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