Compositore. Avviato agli studi musicali dal padre Bartolomeo, cembalista, a 9 anni iniziò lo studio del contrappunto con Bartolomeo e Alessandro Felici, come egli stesso attesta nel Catalogo per ordine cronologico, ove elencò quasi tutte le sue composizioni. La sua carriera di compositore ebbe inizio nell'ambito del genere sacro, che egli continuò a coltivare anche quando, grazie all'aiuto del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, poté trasferirsi a Bologna e continuare gli studi con G. Sarti, operista faentino allora assai noto. Sotto l'influsso di Sarti nacquero il Quinto Fabio (1779, rifatto nel 1783) e altre opere del tutto convenzionali. Nonostante i primi successi raccolti in Italia, C. decise di espatriare, seguendo l'esempio dello stesso Sarti e di altri musicisti che da un secolo andavano esportando l'opera italiana in tutta Europa. La prima tappa fu Londra, dove scrisse per il teatro Haymarket La finta principessa (1785) e il Giulio Sabino (1786). Dopo aver rappresentato a Torino l'Ifigenia in Aulide (1788), opera in cui è già avvertibile una maggiore intensità drammatica rispetto alle precedenti, C., su consiglio di Viotti, si stabilì a Parigi. Qui entrò in contatto con un ambiente musicale particolarmente sensibile al rinnovamento degli stili, nel quale la riforma gluckiana aveva acceso pochi anni prima nuovi contrasti, sfociati nella «querelle» fra gluckisti e piccinisti. Il Démophoon (1788), su libretto dell'enciclopedista J.F. Marmontel, testimonia da parte di C. una presa di coscienza di questi problemi che avrà conseguenze rilevanti nella sua produzione successiva. Nominato direttore del Théâtre de Monsieur, mutato poi in Théâtre Feydeau, C. vi presentò nel 1791 la Lodoïska, che ebbe grande successo e nella quale è manifesto l'intento di individuare musicalmente la situazione psicologica dei personaggi. Tre anni dopo apparve sulle stesse scene la commedia «larmoyante» (ossia patetica) Elisa ou le voyage aux glaciers du mont Saint Bernard (Elisa o Il monte S. Bernardo, 1794), caratterizzata da un penetrante senso elegiaco. Nel 1794 C. entrò a far parte della «Banda repubblicana» fondata dal Sarrette, e trasformata l'anno seguente in conservatorio, dove esercitò per anni una rigorosa attività didattica. Nascono in questo periodo L'hôtellerie portugaise (L'osteria portoghese, 1798), l'opéra-comique Le due giornate ovvero il portatore d'acqua (1800), uno dei primi esempi italiani di sinfonismo messo mozartianamente a servizio del teatro, Anacréon (1803) e soprattutto Médée (Medea, 1797). Con questo capolavoro, definito da Brahms «la vetta suprema della musica drammatica», C. si colloca tra Gluck e Beethoven, ricollegandosi al primo per la severità dello stile e per la rinuncia alla melodiosa aria italiana a favore di un declamato-arioso più consono alla tragicità del soggetto; al secondo per l'accentuato sinfonismo e la visione unitaria del dramma, in cui l'intero mondo sonoro diventa funzionale all'azione drammatica. La fama di C. superava ormai i confini francesi; amareggiato dall'ostilità dimostratagli da Napoleone, che era più incline alle facili melodie dell'opera napoletana, il compositore accettò di trasferirsi a Vienna, dove conobbe Haydn e Beethoven. Faniska (1806) fu l'ultima opera che scrisse prima di abbandonare temporaneamente la musica a favore della pittura e della botanica. Questo periodo di ritiro, causato dallo scoraggiamento e dall'acuirsi di disturbi nervosi di cui soffriva da tempo, fu interrotto nel 1808 dalla Messa in fa maggiore per soli, coro e orchestra, scritta durante un soggiorno nel castello di Chimay. È significativo che in questo particolare momento C. abbia rivolto nuovamente la sua attenzione al genere sacro, al quale lo predisponevano sia l'austerità del carattere sia la rigorosità della preparazione musicale. Prima dell'Ali-Baba (1833), che conclude la sua produzione teatrale, C. scrisse ancora tre opere: Pigmalione (1809), Le crescendo (1810) e Les Abencérages (1813), in cui la sua alta dottrina compositiva va ormai assumendo un tono pedantesco, a scapito della spontaneità dell'invenzione. Del 1814 è il primo dei 6 quartetti per archi, del 1815 la sua unica Sinfonia, di stile e forma solidamente classici. Dopo il tumultuoso 1815 C. tornò al conservatorio come insegnante di composizione (dal 1822 ne assumerà la direzione) e venne nominato condirettore della cappella reale, carica che ricoprirà fin quasi alla morte. Quest'ultimo periodo è segnato da un'intensa attività didattica (nascono innumerevoli solfeggi e, nel 1835, il Corso di contrappunto e fuga ) e dalle grandi composizioni religiose: alla Messa solenne in re minore (1811) e a quella in do maggiore (1816) si aggiunse la Messa du Sacre (1825), alla Messa da requiem in do minore (1816) quella in re minore (1836). Sono, insieme alla Medea, i lavori nei quali C. dà l'espressione artisticamente più compiuta alla sua poetica: quella religione della bellezza assoluta, quella fede nella solidità della forma, per cui la sua opera è stata definita come l'equivalente musicale del neoclassicismo figurativo di Canova, Appiani e David; non estranea, tuttavia, per la capacità di impatto drammatico con la realtà emotiva, allo spirito tragico che anima l'opera di Beethoven.