(Castello della Possonnière, Vendôme, 1524 - St. Cosme-les-Tours, Tours, 1585) poeta francese. Figlio di un gentiluomo che aveva partecipato alle spedizioni in Italia di Francesco I, fu al servizio della famiglia reale come paggio del futuro Enrico II. Una precoce sordità lo portò ad allontanarsi dal servizio di corte e a dedicarsi con sempre maggior impegno agli studi letterari. Ricevuta la tonsura nel 1543, poté aspirare a redditizi benefici ecclesiastici. L’anno successivo iniziò lo studio del greco alla scuola di Dorat. Gli furono compagni Du Bellay, Baïf e altri, cioè il gruppo di giovani poeti che costituiranno, con lui, la cosiddetta scuola della Pléiade. A quella scuola R. acquisì da un lato un’idea della poesia come divina ispirazione e dall’altro l’entusiasmo per un esercizio poetico fondato sull’assiduo studio dei modelli, sulla tecnica elaborata, sulla dotta erudizione umanistica. Del 1550 sono le Odi (Odes), costruite su modelli pindarici ed oraziani. Seguirono, nel 1552, gli Amori (Amours), raccolta di sonetti dedicati a Cassandra Salviati: in essi R. abbandona la grandiosa e a volte oscura e macchinosa struttura delle Odi, così dense di riferimenti storici e mitologici, ed adotta, pur nel richiamo al modello petrarchesco, un linguaggio più personale, intensamente musicale, dai toni voluttuosi in cui è traccia della lettura di Ovidio e di Ariosto. Tra il ’53 e il ’55 comparvero alcune raccolte di tono più lieve, la cui fonte, assai congeniale, è in Catullo, nei neolatini, nello pseudo-Anacreonte. Nel frattempo, nuove edizioni di Odi e di Amori si arricchivano, in taluni casi, di autentici capolavori.Celebrato, ormai, come «principe dei poeti francesi», R. pubblicò tra il ’55 e il ’56 nuovi Amori, improntati a un petrarchismo meno rigido e libresco e dalla vena più personale e spigliata. Nel contempo, gli Inni (Hymnes) davano la misura di un’alta lirica, impegnata con vibrante eloquenza a trattare elevati temi filosofici, religiosi, scientifici. Consigliere e cappellano del re dal 1558, R. pubblicò l’anno dopo la prima edizione complessiva dei suoi scritti. Nei tre anni successivi, sempre al servizio del re Carlo IX, si impegnò nella lotta religiosa in difesa del partito cattolico (Discorso sulle miserie del tempo, Discours des misères de ce temps, 1562; Rimostranza al popolo di Francia, Remontrance au peuple de France, 1562). Continuava, intanto, a trattare generi più lievi e più consoni al suo temperamento (Elegie, mascherate e pastorali, Elégies, mascarades et bergeries, 1565). Tentò invano di condurre a termine il poema epico La Franciade, che il re lo esortava a compiere ma che rimase fermo al 4º canto, sia perché la materia epica era in fondo estranea al suo gusto, sia perché il metro adottato, il decasillabo, non rispondeva più alle esigenze ritmiche di un poeta che ormai prediligeva l’alessandrino. Del ’78 è l’ultima raccolta di Amori, i Sonetti per Elena (Sonnets pour Hélène), dedicati a Hélène de Surgères: una raccolta in cui il frasario petrarchesco e l’armamentario mitologico non impediscono a una limpida e malinconica vena di risolversi in alcuni gioielli, capolavori della poesia francese del ’500. L’ultima produzione, infatti, è caratterizzata da toni intimi e malinconici: R. è sgomento dinanzi alla prospettiva della vecchiaia e della morte, è amareggiato dai mali fisici e dalla minaccia al suo primato poetico portata da Du Bartas e da Desportes. Pubblica nell’84 una nuova edizione complessiva delle sue opere, poi lascia negli Ultimi versi (Derniers vers, 1586) una sorta di commovente testamento, un ultimo, intenso e tormentato messaggio lirico.La poesia di R. è la più efficace testimonianza di come l’erudizione e il culto della forma non siano d’intralcio all’invenzione poetica. Poeta umanista, poeta imitatore, egli raggiunge le vette più alte della sua poesia quando lo spunto letterario s’innesta sul tronco delle inclinazioni personali: il gusto sano del vivere, un intenso amore della natura, una gaia sensualità che però non ignora le zone d’ombra e le angustie del quotidiano; nei casi migliori, questa duplicità di stimoli dà vita a versi cristallini e a incantevoli ritmi.