(Londra 1688 - Twickenham, Mid-dlesex, 1744) poeta inglese. Figlio di un ricco mercante cattolico, gli fu interdetta, per la sua religione, la frequenza di scuole regolari; studiò allora privatamente, ma con tanta applicazione da compromettere ulteriormente la propria salute, già fragile (soffriva di tubercolosi ossea). Amico di Swift, Gay e Arbuthnot, P. fece parte del circolo di letterati che aveva aderito alle regole dell’Art poétique di Boileau. Frequentatore della società elegante londinese (sua fiamma segreta fu per anni la brillante lady Wortley Montagu), dal 1718, dopo la fortunata versione in distici dell’Iliade che gli procurò l’agiatezza, il poeta si stabilì in una splendida villa a Twickenham. Qui, fra le visite di amici e ammiratori, continuò fino alla morte un’intensa attività di studioso.Dopo l’elegante prova giovanile in heroic couplets delle Pastorali (Pastorals, 1709) e il contemporaneo poemetto La foresta di Windsor (Windsor forest, pubblicato nel 1713), nel poema didattico Saggio sulla critica (Essay on criticism, 1711) P. codificò quelle regole letterarie di cui egli stesso diede un esempio supremo con Il ricciolo rapito (The rape of the lock, 1712). Del 1717 è la pubblicazione delle Poesie (Poems). Alla traduzione dell’Iliade (1715-20) e dell’Odissea (1725-26, compiuta in gran parte da collaboratori stipendiati) seguì, anonima, l’edizione del poema eroicomico La zucconeide (The dunciad, 1728). Del 1731-35 sono i quattro Saggi morali (Moral essays) e del 1733-34 il Saggio sull’uomo (Essay on man).In un’epoca (l’augustea) in cui intelletto e ragione prevalgono sulla fantasia e i cui canoni di giudizio morale ed estetico (attraverso un’opportuna meditazione e rielaborazione dei classici) vengono enunciati come gli unici validi, P. è la figura poetica dominante, portavoce e al tempo stesso critico attento di quell’età e dei suoi costumi. Nel Ricciolo rapito egli sa condensare con rara abilità i precetti sull’essenza del buon critico nelle volute alessandrine di quel fregio di immagini, emblema dell’arte «rococò»; e insieme sa volgere la fantasia a una elegante rappresentazione satirica (e tuttavia venata di sorridente indulgenza) di un mondo effimero e galante. Ma per il sapiente variare dei toni del discorso (dall’ironia sottile alla solennità burlesca, dall’umorismo tenero a un’impalpabile malinconia), per la magia evocativa della frase e del verso, il poemetto è ben più di uno scherzo elegante. La stessa maestria verbale e ritmica s’impone nella traduzione di Omero, improntata alla grandiosità eroica; ritorna nell’arguta e ingegnosa satira della Zucconeide; e approda, nei Saggi morali, a un linguaggio estremamente semplice, quasi prosastico, secondo quell’ideale di squisita naturalezza e spontaneità che fu proprio di P. e del periodo della restaurazione (1660-1700).