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Accolta gelidamente alla prima assoluta di Monaco (1891), poco amata in Scandinavia per la sua estraneità culturale e di costume, in Italia Hedda Gabler , pur non divenendo mai popolare, fu comunque assunta tra i cavalli di battaglia delle primedonne, a cominciare dalla Duse, né mancò di turbare la critica contemporanea: «simbolica e realista», «pallida, elegante, fredda», disse Giovanni Pozza; e Scipio Slataper, nella sua tesi di laurea su Ibsen , parlò di “isterica passione”, di “qualche cosa che ci fa star zitti e meravigliati”. Nel riproporre questa figura di donna gelida e asessuata, amante della vita come eroina dell’estetismo, Franco Quadri ne percorre e analizza, nella sua nota introduttiva, la vicenda ormai secolare sulle scene italiane.
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Conoscevo da prima, ma utile leggere anche in italiano
Un testo teatrale da legge e rileggere. Ad una prima lettura si vedono solo i primi contorni dei personaggi, le descrizioni derivanti dai fatti; procedendo con le letture si può scavare in profondità. Un testo in cui bisogna entrare scavando nella vita dei personaggi, senza fermarsi alla superficie. Interessanti i personaggi femminili ai quali si è poco abituati in Europa, non corrispondono a quella che, da molti, potrebbe esser definita la "norma" per una donna. Consigliato a chi volesse lavorare su un testo teatrale.
Boriosa, annoiata, perfida, vuota, impotente: il personaggio di Hedda Gabler, questa soffocante creatura di Henrik Ibsen, è tout court l'immagine riflessa della femminilità eternamente desiderante il riscatto. La sua è una resurrezione opaca: meno determinata della Nora di "Casa di Bambola", più cupa e indisponente, e per questo motivo insofferente nei confronti di se stessa e degli altri, Hedda, l'austera figlia del generale Gabler, aspira a un risollevamento esistenziale, morale, sociale che neppure lei stessa è in grado di identificare.
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