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Gli ingredienti oggi più che mai richiesti da certa storiografia economico-sociale per cucinare una ricetta gustosa in questo libro di Silver si trovano tutti. In primo luogo, una dispensa di dati quantitativi, attinti al World Labor Group Database e spalmati su un intervallo cronologico lungo. Poi, un orizzonte geografico che si apre a esercizi comparativi su scala internazionale. Inoltre, un approccio metodologico che integra la descrizione-interpretazione del passato (cioè il mestiere dello storico) con alcuni pronostici sul futuro. Infine, due oggetti di analisi gli "antichi" movimenti operai e l'attualissima globalizzazione appartenenti a periodi diversi e perciò capaci, sulla carta, di dare vita a uno stimolante cortocircuito. Questi, dunque, gli ingredienti. Tuttavia, di uno studio scientifico, così come di qualsiasi ricetta, quel che resta sono i risultati, misurabili in virtù della loro originalità e attendibilità. Ed è qui che il lavoro di Silver, tanto carico di promesse, delude. Viene infatti da domandarsi quale sia il valore aggiunto di un libro che, fra i suoi dichiarati obiettivi principali, annovera quello di dimostrare ovviamente riuscendovi come dalla fine dell'Ottocento a oggi il movimento operaio abbia sempre manifestato la tendenza a organizzarsi, sostanzialmente con gli stessi modi e impiegando i medesimi strumenti, nelle aree geografiche dove la produzione industriale si è spostata nella ricerca di nuovi mercati e di un più basso costo del lavoro. E dov'è la novità quando si sottolinea la secolare propensione delle agitazioni operaie a esplodere più frequentemente nei settori-guida del sistema capitalistico o quando si rimarca l'ascesa, nel primo dopoguerra, della curva degli scioperi nei paesi sviluppati?
Roberto Giulianelli
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