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Un libro da leggere tutto d'un fiato, sconcertante, ti aspetti qualche verità regalata,e invece te la devi conquistare faticosamente, quasi certo che il messaggio dell'autore, se esiste, sarà probabilmente diverso dal tuo. La fantasia dell'autore si mescola alla disperata ricerca del lettore di affidare un significato alla propria realtà, alla ricerca di un nesso. È ammirevole il coraggio di affidare la propria fantasia nelle mani di mille mimi, che possono insidiare così profondamente ciò che traspare attraverso le onde del libro scritto. Di sicuro una paura rimane appiccicata al proprio cuore nel rendersi conto che per un poco, dopo aver letto il libro, almeno finché la memoria non lo cancellerà, qualcuno, sguaiatamente, in modo incongruente con le convenzioni, esploderà un segno nel nostro petto e la nostra mente fuggirà inorridita, riconoscendosi solo nel buio dei suoi più riposti segreti. Ma forse la risposta non è nell'oblio, nella fuga, c'è già tanta delusione e solitudine nell'animo umano. Peccato che le risposte cercate vengano sconfitte dalle risposte istintive. Tragico che le paure non siano affrontate in modo da diradare le nebbie che confondono le strutture confinanti tra l'interno e l'esterno, raccolte come uno specchio portatore di un ordine consapevole. Col senso immanente della tragedia, si arriva al finale della storia, sospesi tra l'ipotesi di una vittoria contro se stessi, la confusione di un nuovo inizio, o forse, più facilmente, la follia.
Il libro mi è piaciuto, anche se, nonostante lo stile fluido del narratore, in alcuni momenti l’ho trovato un po’ inquietante, perfino ansiogeno. Credo che il solo pensiero dell’immagine che gli altri possono avere di noi sia per tutti, prima o poi, fonte di timore. Inoltre l’idea che ciò che per noi assume un significato alto e fondante la nostra personalità, possa venire deriso e disprezzato, credo terrorizzi chiunque. Ho provato ad immedesimarmi con l’avvocato protagonista, ma la cosa mi angosciava non poco ed ho preferito allontanare ogni possibile similitudine, anche per il senso di limite che la situazione mi incuteva. Confesso che leggendo mi è venuta la forte curiosità di conoscere l’autore per il piacere di potergli domandare da chi o da cosa ha tratto ispirazione.
L'UBIQUITÀ, in questi tempi editorialmente prolifici, non è accessorio per nessun lettore di professione. Tanti libri passano, qualcuno resta - non necessariamente i migliori - alcuni sfuggono perché il tempo apre nuove stagioni. I due romanzi finora pubblicati in sordina da Fabio Cerretani sono usciti nel 2002 e nel 2003: non li avevamo neppure sfiorati col pensiero. E se da un lato può risultare facile giustificarsi con le classiche lacrime di coccodrillo, d'altro canto è indubbio che - se anche non dovesse trattarsi di un caso - i romanzi di Cerretani meritano entrambi, nella loro diversità ispiratoria, le attenzioni di tutta la critica che di mestiere commenta, esalta, stronca e suggerisce. E, almeno nel caso dell'esordio - Le ragazze del Delta - la compiacenza di una manciata di quei lettori che si sono umanamente afflitti sull'exploit inarrestabile della Mazzantini. Cerretani è uno scrittore compatto, severo con se stesso, linguisticamente asciutto e misurato, strutturalmente classico, tanto che i supporti letterari citabili vanno da Bassani a Pirandello, con qualche spruzzata di Arpino, Cassola e - oltrefrontiera - dei russi in stile Gogol. Non si può non apprezzare - non commuoversi,in tutta semplicità - nel percorrere le pagine limpide e un po' demodé del primo romanzo, segnalato - e ci pare davvero poco - dal "Calvino" 2001. La storia dell'ex calciatore in disarmo è di quelle che riconciliano col piacere di scorrere le pagine della vita come in un percorso di rimpianto per le occasioni mancate. Quasi famoso, solitario, ormai cinquantenne, il protagonista riceve l'invito di presentarsi al capezzale dell'ultraottantenne morente Duccio Rébora, allenatore - trent'anni prima - della squadra di Ferrara in cui la ventenne promessa del calcio si fece le ossa. Duccio fu il padre sostitutivo di un altro padre - severo intellettuale di provincia - che l'io narrante non volle mai riconoscere come esempio. Fu, anche, il rustico battesimo alla vita, in una geografia pacata e nebbiosa in cui i benestanti buontemponi d
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