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2016 - Golden Globe - Miglior attore non protagonista - Stallone Sylvester
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un modo intelligente di proseguire la saga di Balboa. In questo film compaiono temi poco esplorati in precedenza: la solitudine, la malattia, la vecchiaia e la fugacità della vita. E' un film più intimo e più profondo di quanto si possa pensare. Ne consiglio la visione.
Quando nel 2015 Ryan Coogler rimise mano al franchise di Rocky, nessuno avrebbe pensato ne potesse scaturire qualche cosa di nuovo. Al contrario l’idea di dare nuova linfa a una storia e a un ecosistema cambiato con il tempo ma che si regge ancora sui medesimi prodromi: il desiderio di riscatto del vecchio pugile e del nuovo talento, gli allenamenti estenuanti e i ricordi di un passato pieno di vittime: Adriana, Paulie e Apollo, riescono a dare nuova energia a una narrazione che al contrario sembrava essersi estinta con il quinto capitolo della saga capostipite. Coogler, poi divenuto celebre grazie al personaggio di Black Panther, portato sul grande schermo in ben due capitoli molto convincenti e trasversali rispetto al Marvel Cinematic Universe, riesce a rispettare il personaggio di Balboa affiancandogli il figlio di un vecchio amico. Pronto a fargli rammentare quanto sia stata una figura essenziale alla quale ispirarsi e che non per forza deve ritenersi semplicemente un ristoratore, attività con la quale Rocky ormai fa i conti giornalmente e sempre molto distante dal ring e dalla palestra. Dal canto suo Stallone dimostra di essere diventato un attore ben differente dal pugile di Tusculum Street che all’epoca della prima pellicola, ed esattamente come il personaggio, cercava il ruolo che potesse imporlo al grande pubblico. Oggi Stallone è un attore più maturo e in grado, esattamente come il suo Rocky, di impersonare ruoli più psicologici e sfaccettati. Jordan, sul quale si regge metà della trama, e già visto sempre diretto da Coogler nella pellicola di denuncia Prossima fermata Fruitvale Station, riesce a impersonare un ruolo non semplice senza mai sfociare nella parodia e strizzando l’occhio al futuro, possibilmente sganciando il personaggio dall’ala protettrice del suo mentore, evento accaduto nel corso di Creed 3 in uscita in questi giorni. Piacerà molto a chi ama le storie di redenzione e riscatto e non per forza la nobile arte della boxe.
Una continuazione della storia di Rocky Balboa vs Apollo Creed attraverso il figlio di questi, Adonis. Sul filo della nostalgia, ma nulla di nuovo sul piano dell'intreccio o della regia. E con un sorprendente accumulo di disgrazie lungo la narrazione: la fidanzata dell'eroe rischia la sordità, Rocky, vedovo e lontano dall'unico figlio, si ammala di cancro, Adonis stesso è (ovviamente) un emarginato dall'infanzia difficile. Sullo sfondo una Philadelphia invernale e periferica, dalle tonalità anni 80, giusto per rinforzare il legame e le atmosfere dei Rocky originali, così come fa la musica, che riecheggia la nota melodia delle prima pellicola.
Recensioni
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Un Rocky tragico ed esemplare rivitalizza la saga con uno spin-off dalla suspense garantita e dal forte impatto emozionale
Trama
Adonis Creed, figlio illegittimo di Apollo, non ha mai conosciuto suo padre, morto sul ring prima che Adonis nascesse. Educato nell'agio dalla moglie di Apollo dopo un'infanzia difficile, Adonis ha un lavoro sicuro ma sceglie comunque la boxe e la strada, non può opporre resistenza al richiamo del destino. Per diventare un pugile professionista si rivolge all'unico uomo che può aiutarlo e insieme avvicinarlo a quel padre che non conoscerà mai: l'amico-rivale di Apollo, Rocky Balboa.
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