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Niente di più di quello che mi aspettavo.
Il nuovo libro di Vito Mancuso, scritto insieme a Eugenio Scalari, presenta cinque conversazioni che il giornalista ebbe con il cardinale Carlo Maria Martini tra il 1996 e il 2011 già apparsi di volta in volta su "La Repubblica" e che messi insieme permettono di avere una visione unitaria del rapporto tra le due eminenti personalità della cultura italiana e di seguire lo svolgersi complessivo del pensiero dei due dialoganti. Sono, dice Mancuso, "preziosi documenti di quel dialogo tra spiriti liberi e responsabili di cui il nostro tempo ha un immenso bisogno", oltre a rappresentare "una delle più efficaci e suggestive realizzazioni della celebre frase di Norberto Bobbio 'la differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti'". Carlo Maria Martini, spirito aperto al confronto e uno dei più alti rappresentanti del cattolicesimo dialogante, ed Eugenio Scalari, giornalista liberale, arguto e sagace analista del nostro tempo, hanno creato l'immagine di un uomo particolare, in cui la dimensione dello spirito e quella civile, i valori più alti dello spirito e la loro realizzazione nel profano, si integrano e completano. Il terzo protagonista, Vito Mancuso, teologo legato in modo particolare ad entrambi, che considera suoi maestri di vita e di formazione, l'uno per il suo "severo e insieme mite magistero spirituale", l'altro per il "giornalismo politico ed economico di forte spessore etico e culturale" e che ancora sono per lui validi punti di riferimento sia di idee sia di umanità, completa la triade in quanto esprime la somma dei due. La sua teologia laica infatti contiene e riassume quella spiritualità della vita che si ritrova in entrambi e che si rifà alla logica del "bene per la vita-male per la vita" che diffonde significato. Queste premesse permettono agli argomenti trattati, quelli del nostro tempo, di emergere in una luce di verità capace di accogliere le caratteristiche della vita di cui sono espressione.
Recensioni
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Eugenio Scalfari, classe 1924, è scrittore, giornalista e politico. Fra i più grandi esperti di economia Scalfari ha sempre fatto professione di laicità, lo stesso principio guida del quotidiano “La Repubblica” da lui fondato nel 1976.
Carlo Maria Martini (1927-2012) è stato cardinale e arcivescovo di Milano: gesuita di formazione, è stato riconosciuto come uno dei maggiori esegeti italiani della Bibbia oltre che come un uomo di fede a tutto tondo.
Leggendo questo libro, un lettore medio potrebbe chiedersi, a ragione, cos’avessero in comune due uomini tanto diversi, cosa rendesse il dialogo fra loro possibile e, in secondo luogo, fecondo.
A fugare ogni dubbio interviene Vito Mancuso, che, allievo intellettuale di entrambi, nella prefazione dà ragione dell’importanza e del valore universale dello scambio raccolto in Conversazioni con Carlo Maria Martini. Secondo Mancuso infatti il punto di forza dei dialoghi fra Scalfari e Martini è insito proprio in quell’eterogeneità - rappresentativa di un mondo, del nostro mondo – che li caratterizzava: a dire che, sebbene l’uno fosse membro della Compagnia di Gesù e l’altro seguace dell’Illuminismo francese, difensore della tradizione l’uno, fautore della modernità l’altro, Martini religioso e Scalfari non credente, ciò non ha impedito loro di impostare una discussione alla cui base vi fossero il rispetto reciproco, la stima e l’amore (inteso nel senso più ampio e profondo del termine). Al di là delle singole questioni dunque il vero insegnamento dello scambio fra Scalfari e Martini sta nella modalità stessa delle conversazioni: un ‘metodo’ valido per qualsiasi tipo di confronto chiunque siano gli interlocutori, anche i più lontani fra loro come in questo caso.
Oggetto dei cinque incontri, avvenuti fra il 1996 e il 2011 e confluiti nel libro, sono i temi più attuali e scottanti, dall’egoismo dominante nella società contemporanea all’indebolimento della morale, dalla lotta contro l’ingiustizia al ruolo del Papa nella Chiesa, fino all’avvento della tecnoscienza e altro ancora. Tuttavia, al centro del discorso restano le grandi questioni su cui da sempre si interroga l’umanità: la fede e la sua possibilità, e la morte. L’immensa libertà di cui disponiamo in quanto cittadini del terzo millennio produce infatti un doppio movimento, speculare e opposto, poiché, se da un lato assistiamo a un proliferazione dell’offerta religiosa, dall’altro l’ateismo sembra dilagare in maniera consistente. In altre parole: l’incessante richiesta di risposte cui anela l’uomo moderno è indice della possibilità di credere nell’indimostrabile o è solo il frutto della necessità di acquietare la paura della morte mediante costruzioni pacificanti?
Il confronto che ne scaturisce è senza dubbio serrato, non potrebbe essere altrimenti considerate le posizioni antitetiche da cui partono i due interlocutori. D’altra parte che Scalfari e Martini abbiano fatto un uso diverso delle loro conversazione è innegabile ma, nonostante la ragione non sia mai venuta meno, ciò che più conta è “la passione di entrambi per il libero esercizio del pensiero”, quell’“arte del dialogo amorevole” e quel profondo senso di umanità che ne hanno reso possibile l’incontro.
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