Propr. Jakob Liebmann Meyer Beer. Compositore tedesco. Di famiglia facoltosa, studiò il pianoforte (anche con Clementi) e la composizione (con C.F. Zelter a Berlino e l'abate Vogler a Darmstadt), completando assai precocemente la sua formazione musicale. Dopo aver rappresentato con vario esito i suoi primi lavori teatrali a Berlino, Monaco, Stoccarda e Vienna, visitò Parigi e Londra, e nel 1815 si recò in Italia, dove rimase fino al '24 per studiarvi lo stile del melodramma locale. Le opere del periodo italiano, di cui l'ultima è Il crociato in Egitto (Venezia, 1824), rivelano l'influsso determinante di Rossini. Nel 1827 abbandonò di nuovo Berlino per stabilirsi a Parigi; qui, nel 1831, con Robert le diable (Roberto il diavolo) ottenne un enorme successo, al quale contribuì l'intreccio romanzesco, ricco di colpi di scena, di situazioni straordinarie tra il macabro e il meraviglioso, procurato dal libretto di Scribe, che la musica drammatica di M. assecondava con sicuro intuito degli effetti. Ebbe così inizio una collaborazione da cui vennero i frutti più significativi del tipo di melodramma chiamato grand-opéra, genere che prediligeva il dramma di ambiente storico, forti situazioni teatrali, il fasto delle scene e dei balletti. Codesto gusto, che divenne imperante proprio in conseguenza del successo delle opere di M., fu duramente criticato, fra gli altri, da Schumann e Wagner, che gli imputarono una ricerca dell'effetto fine a se stesso, a scapito degli autentici valori musicali e drammatici. E tuttavia, alla concezione del grand-opéra finirono per essere debitori quasi tutti gli operisti dell'800 fino a Verdi; e lo stesso Wagner ne fu condizionato. Dopo Robert le diable, M. compose Les Huguenots (Gli Ugonotti, 1836), forse il suo capolavoro, Le Prophète (Il Profeta, 1849), L'étoile du Nord (1854; rielaborazione di un suo precedente Singspiel), Dinorah (1859), L'Africaine (L'Africana, 1865), tutte rappresentate a Parigi: l'ultima, postuma, nel 1865. Nel suo complesso, la produzione di M. (che scrisse 18 opere lasciandone altre 7 incompiute, oltre a poca musica strumentale e ad alcuni lavori vocali sia sacri sia profani) è caratterizzata da un certo eclettismo, capace tuttavia di comporre elementi desunti dal teatro musicale tedesco, francese e italiano in una sintesi coerente, e da una viva percezione delle situazioni sceniche e della loro ambientazione. Un'originale attenzione al colore orchestrale rende spesso interessante e suggestivo anche quanto vi è di banale o convenzionale nell'armonia e nel canto.