Compositore e violoncellista. Fratello dei ballerini giovanni gastone, affermatosi poi come librettista (La secchia rapita per Salieri, Il ritorno di Tobia per Haydn), maria ester, sposa al coreografo Onorato Viganò, da cui nacque Salvatore, e anna matilda, fu allievo del padre Leopoldo, contrabbassista, e di D.F. Vannucci, maestro di cappella a Lucca; in seguito fu mandato a Roma per concludervi gli studi.
La carriera concertistica e le vicende biografiche. Iniziò giovanissimo la carriera concertistica, non solo a Lucca, dove venne nominato primo violoncello alla cappella palatina, ma anche in altre città, particolarmente a Vienna. Fra il 1761 e il '66 compose i primi 6 quartetti, gli oratori Il Giuseppe riconosciuto e Gioas, re di Giudea, la cantata profana La confederazione dei Sabini a Roma. Nello stesso periodo fondò con P. Nardini e F. Manfredi (violinisti) e G.G. Cambini (violista) il primo quartetto stabile che si conosca; molti concerti tenne (col solo Manfredi) soprattutto in Italia, Francia e Spagna. Nel 1768 si trasferì a Madrid, con la speranza di entrare al servizio del principe delle Asturie, futuro Carlo iv, al quale dedicò, in quello stesso anno, un Concerto a più strumenti e 6 trii per archi; ma ebbe un'accoglienza tutt'altro che buona, anche a causa, sembra, della rivalità con G. Brunetti, violinista e compositore a corte. Passò allora alle dipendenze di don Luís, fratello del re Carlo iii, per il quale scrisse fino al 1785 molte composizioni da camera: i 6 sestetti per flauto, due violini, viola e due violoncelli; i 6 sestetti per due violini, due viole e due violoncelli; i primi 66 quintetti per due violini, viola e due violoncelli; diversi quartetti; 6 trii per archi; 6 sinfonie. Morto nel 1785 don Luís, ottenne una pensione annua da Federico Guglielmo ii di Prussia, dilettante di violoncello, in cambio dell'invio periodico di nuove composizioni. Da questa committenza (che durò sino alla morte del re nel 1797) uscirono circa 40 quintetti, 30 quartetti e 10 trii. Negli stessi anni godette, sempre a Madrid, del mecenatismo dei Benavente-Osuna, nel cui palazzo rappresentò (1786) l'unica sua opera teatrale, la zarzuela La Clementina: fu, fino al 1787, direttore dell'orchestra privata della duchessa (cui dedicò altri 9 quintetti per archi e 10 minuetti per orchestra). Col crollo dell'Ancien régime, gli venne meno anche l'appoggio dei suoi ultimi patroni. Nel 1798 non trovò che una modesta committenza da parte di un oscuro marchese di Benavente, dilettante di chitarra (strumento che cominciava allora a godere di una rinata fortuna in Spagna): al Benavente dedicò due serie di 6 quintetti e una sinfonia con chitarra. Successivamente si mise al servizio dell'ambasciatore di Francia, Luciano Bonaparte; a lui furono dedicati gli ultimi 12 quintetti per archi e gli ultimi 2 quartetti (di cui il secondo incompiuto), mentre «alla Nazione francese» furono dedicati gli ultimi 6 quintetti per archi e pianoforte. Dopo la partenza di Bonaparte (1802), B. visse in angustie economiche, sostenuto a malapena da una pensione del re di Spagna e dagli irregolari proventi corrispostigli dal suo editore Pleyel.
La produzione. Il catalogo della vasta produzione di B., edita confusamente o dispersa qua e là in manoscritti, presenta difficili problemi di attribuzione e di cronologia. Comprendendo i lavori già citati e considerando anche quelli dubbi e i perduti, essa si può oggi riassumere così: 1 zarzuela (La Clementina); 1 cantata profana; 2 oratori; alcune composizioni vocali sacre (fra cui l'importante Stabat Mater nelle due versioni del 1781 e del 1800); dei Villancicos; 17 arie e duetti per solisti con orchestra; 30 sinfonie (fra cui la Sinfonia in re minore detta «La Casa del diavolo» del 1771, la Sinfonia in la maggiore del 1787 e la Sinfonia in do minore del 1788); 11 concerti per violoncello (fra cui il famoso Concerto in si bemolle maggiore, forse del 1772), 3 per violino, 2 per clavicembalo e 2 per flauto, dei quali però molti sono di dubbia attribuzione; 18 sestetti; 1 ottetto; 137 quintetti per archi soli, 12 con pianoforte, 24 con flauto o oboe, 12 con chitarra; 97 quartetti; 54 trii per archi soli e 1 con pianoforte; 31 sonate per violoncello, 6 per clavicembalo e violino, 13 per due violini.
L'originalità della musica di boccherini. Nonostante il lungo «esilio» in Spagna, le opere di B. continuarono a essere presenti sul mercato europeo sino alla fine del '700, intrecciandosi con quelle di Haydn e di Mozart. Ma se attorno al 1770 i suoi quartetti, quintetti e sinfonie potevano ancora sostenere il confronto sul piano dell'aggiornamento, della maestria tecnica e dell'inventiva, negli anni successivi essi vennero perdendo terreno, non più in grado di evolversi in sintonia con le grandi innovazioni viennesi, sino a ritrarsi in un isolamento impenetrabile agli eventi del mondo, nel clima stagnante dell'ambiente spagnolo. Una prova di questa progressiva emarginazione si coglie, fra l'altro, nella stessa ostinata predilezione del compositore per la forma del quintetto per archi (col suo arcaico raddoppio del violoncello) proprio negli anni in cui la forma trainante della nuova musica da camera si confermava essere il più razionale e organico quartetto. Il quintetto per archi rimarrà infatti una creazione esclusiva di B., da lui inventata senza reali modelli e destinata a esaurirsi con lui. Ma alla base del suo operoso isolamento sta soprattutto una radicata estraneità alla dialettica rigorosa della nuova forma-sonata, estraneità che si manifesta in certa propensione all'eloquio fluido e accattivante, al piacere dell'invenzione in sé, alla divagazione armonica e tematica, al di fuori di troppo severe gerarchie, ove l'impegno espressivo tende a disperdersi nelle pieghe degli episodi minori più che a tradursi in assunto coerente dell'intera composizione. Peculiarità, queste, che costituiscono il fascino e l'originalità della sua musica, ma che al tempo stesso testimoniano di un'incapacità a uscire realmente dagli orizzonti dello stile galante e rococò, magistralmente approfonditi, senza dubbio, e arricchiti di nuova sostanza musicale, ma non mai veramente messi in discussione nei loro fondamenti linguistici e ideali.