Compositore francese. Nato in una famiglia di musicisti, cominciò a studiare solfeggio all'età di quattro anni col padre Adolfo, professore di canto e modesto compositore. A nove anni fu allievo di A.F. Marmontel; nel 1848 entrò al conservatorio di Parigi, dove studiò composizione e fuga con P.J. Zimmermann. Questi veniva spesso sostituito da Gounod, il cui influsso è avvertibile nelle parti melodiche delle opere di B., non esclusa la Carmen. Dopo la morte di Zimmermann (1853), B. fu allievo di J. Halévy, del quale sposò poi la figlia. I suoi primi lavori gli valsero alcuni premi: l'«Offenbach» nel 1856, il «Prix de Rome» nel 1857. Dal 1857 al 1860 fu a Roma, dove scrisse l'opera buffa Don Procopio , di evidente ispirazione italiana. Il soggiorno italiano esercitò su B. una profonda influenza, contribuendo alla maturazione del suo stile. Ma in quegli stessi anni fu colto dai primi attacchi di una grave malattia alla gola e da profonde crisi depressive, accompagnate da dubbi sul proprio valore artistico che ritardarono l'evoluzione della sua personalità creativa, facendogli abbandonare progetti già in parte realizzati o, addirittura, distruggere lavori già compiuti: ricordiamo La guzla de l'Emir, ritirata a prove già iniziate; Ivan IV, anch'essa ritirata (sarà rappresentata solo nel 1951 a Bordeaux); Grisélidis, rifiutata dall'Opéra-Comique e immediatamente distrutta dal compositore. Nel 1860 B. tornò a Parigi, dove compose una nuova serie di opere. La critica gli era ostile: lo tacciava di «verdismo» o, più spesso, di «wagnerismo». L'opera I pescatori di perle (Les pêcheurs de perles, 1863) fu accolta severamente, La bella fanciulla di Perth (La jolie fille de Perth, 1867) non ebbe sorte migliore. Nel 1868 B., reagendo a una nuova crisi depressiva che l'aveva costretto ad abbandonare altri progetti, riuscì a portare a termine la suite sinfonica Roma, già iniziata in Italia; la prima esecuzione (febbraio 1869) ebbe esito favorevole. Dell'anno successivo sono i Jeux d'enfants, raccolta di 12 pezzi per pianoforte a quattro mani trascritti poi per orchestra. Nel 1872 B. fu ancora una volta accusato di «wagnerismo» per Djamileh, che fu un clamoroso insuccesso. Nello stesso anno, e con esito di poco migliore, apparvero le musiche di scena per L'Arlesiana (L'Arlésienne) di A. Daudet. Subito dopo B. cominciò a lavorare alla Carmen, che i librettisti H. Meilhac e L. Halévy avevano ricavato dalla novella omonima di P. Mérimée. Completato il primo atto, interruppe la composizione dell'opera per scrivere il dramma Don Rodrigue, la cui rappresentazione non poté aver luogo a causa di un incendio che danneggiò l'Opéra. Terminata nel 1874 e andata in scena l'anno successivo all'Opéra-Comique, la Carmen venne accolta con una tale freddezza che B., sconvolto, cadde in una nuova, irrimediabile crisi. Ritiratosi in maggio a Bougival, nei pressi di Parigi, vi morì dopo pochi giorni, forse suicida. Il successo del suo capolavoro giunse da Vienna, clamoroso e tardivo, sei mesi dopo la morte dell'autore. Con Carmen B. aveva raggiunto la piena maturità del suo genio musicale e drammatico. Anche quest'opera, alla sua comparsa, fu accusata di wagnerismo; inoltre si gridò allo scandalo per l'«immoralità» del soggetto e per il fatto che le sigaraie erano apparse fumando sulla scena: senza contare che la morte della protagonista, contravvenendo alla regola del lieto fine che era una caratteristica obbligata dell'opéra-comique, aveva sconcertato critica, spettatori e opinione pubblica. Ma le cose mutarono rapidamente, e Carmen non tardò a essere esaltata come l'opera che anticipava il verismo e introduceva nel teatro lirico il realismo psicologico già presente nella narrativa francese con i romanzi e i racconti di Balzac, Stendhal e Mérimée. Nietzsche, grande ammiratore dell'opera, volle opporre B., rappresentante di una musica solare e mediterranea, autore di un «ritorno alla natura, alla salute, alla gaiezza, alla giovinezza, alla virtù», a Wagner, che aveva «riempito di fantasmi» l'Europa. In effetti B. portò il teatro musicale francese alla pari della contemporanea cultura letteraria con la sua capacità di cogliere il colore, il senso della realtà (una realtà spesso esotica, ma di un esotismo sobrio, conciso, senza fronzoli o sbavature) e con l'appassionata ricchezza del suo linguaggio armonico e della sua orchestrazione. Tra le sue opere sinfoniche, perlopiù di non grande rilievo, è degna di ricordo, oltre alla già citata suite Roma, la Sinfonia in do maggiore, composta all'età di 17 anni.