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Recensioni Bébi, il primo amore

Bébi, il primo amore di Sándor Márai
Recensioni: 4/5
«A ben vedere, nella mia vita non è suc­cesso nulla» annota nel suo diario il prota­gonista, e narratore, di questo romanzo: un professore di latino poco più che cin­quantenne, celibe, alieno da qualunque sentimento nei confronti dei propri simi­li, maniacalmente attaccato a una routine fatta di lezioni, passeggiate, serate al circo­lo, rare visite a una casa di tolleranza. Ma durante un soggiorno alle pendici dei monti Tátra qualcosa si incrina, nel suo corpo e nella sua mente: si accorge di esse­re triste, «costantemente in attesa di qual­cosa», al punto da confidarsi, quasi con­tro la propria volontà, con uno sconosciu­to per il quale sembrava provare solo ripu­gnanza. La crepa non farà che allargar­si quando gli verrà assegnata una classe dell’ultimo anno – e per di più una classe in cui sono presenti sei ragazze. Con raffinatissima, pressoché diabolica abilità Má­rai ci fa percepire, attraverso le parole stes­se del professore, i cambiamenti che av­vengono in lui allorché scopre che due dei suoi allievi stanno vivendo il primo amore – un primo amore che, sebbene sia incapa­ce di ammetterlo, forse sta sperimentan­do anche lui. E quando lo vedremo comprarsi un abito nuovo, tagliarsi la barba, accettare perfino che il barbiere gli fac­cia dei massaggi per cancellare le rughe, sapremo che, come accade a von Aschen­bach nella Morte a Venezia, il baratro che gli si è spalancato davanti non potrà che in­ghiottirlo.)
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