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non so se sia possibile capirlo appieno ma la poesia e la profondità di questo scritto lo rendono un capolavoro
Breves palabras que encierran la angustia de una humanidad no futura sino presente, a la espera de una salvación ajena. De lo más complejo pero en la misma magnitud de calidad estética y de vena totalmente humanista.
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O Ano de 1993 uscì in Portogallo nel 1975, per i tipi della Editorial Futura, per essere poi riproposto dalla Editorial Caminho nel 1987, impreziosito dalle illustrazioni di Gra&ça Morais. È un poema apocalittico in cui la situazione catastrofica immaginata sbocca in un finale redentore - struttura comune alla stragrande maggioranza delle narrative apocalittiche a sfondo religioso, Apocalisse di Giovanni inclusa. Più che semplicemente visionario, L'anno mille993 manifesta grossi debiti nei confronti dell'estetica surrealista. Si tratta, è chiaro, di un surrealismo tardivo (anche nei confronti del surrealismo portoghese, già di per sé tardivo) e agli antipodi di ogni tipo di humour: un surrealismo più spagnolo che portoghese, per quest'ultimo aspetto, se facciamo fede al Tabucchi del fondamentale La parola interdetta (Einaudi 1971). O Ano de 1993 rappresenta un taglio netto nel percorso estetico dell'autore, sorprendendo per la forte impronta surreale - più surrealistica che surrealista, in realtà, in quanto esercizio letterario in cui il surrealismo ha un valore soprattutto strumentale e, dunque, alquanto posticcio. E la sorpresa finisce qui: per quanto riguarda isotopie privilegiate, tono discorsivo e situazione di fondo, il poema rientra senza particolare novità nel filone delle utopie negative lusitane chiaramente debitrici del 1984 di Orwell, tra cui spicca il poema A Inven&ção do Amor, di Daniel Filipe (1960), e il romanzo O Grande Cidadão, di Virgílio Martinho (1963).
Formalmente così diverso dal lirismo autentico ma non meno politicamente impegnato (anche se formalmente poco innovativo) delle prime raccolte poetiche - Os Poemas Possíveis, 1960; Provavelmente Alegria, 1970 -, L'anno mille993 rappresenta forse la svolta definitiva, il segnale di partenza verso un nuovo campo di ricerca letteraria, quello dell'amalgama fantarealistico, poi dominante nel Saramago romanziere, da Memoriale del convento (1982) fino a Cecità (1995) e Tutti i nomi (???). Un esperimento indispensabile, che, esauritosi a sua volta, ha comunque reso possibile il passaggio a quel dominio della fabulazione letteraria che grosso modo viene correntemente definito realismo magico. Pare che L'anno mille993 sia nato un po' come uno sfogo di fronte al fallimento del tentativo rivoluzionario del marzo del 1974. Non potendo indovinare che, poco dopo il golpe mancato, ci sarebbe stato un secondo tentativo vittorioso, Saramago subito affidò alla penna il suo scoramento, tramutandolo però in un'allegoria concentrazionaria portatrice di un più ampio richiamo, di portata addirittura universale. Lo stesso Saramago ci fa partecipi delle circostanze in cui è nato il poema, nell'introduzione che scrisse appositamente per l'edizione italiana: "Un piccolo gruppo di militari tentò invano, da una città di provincia, di rovesciare il governo e cambiare il regime. Questo accadeva il 16 marzo, e fu sotto l'effetto d'un profondo senso di frustrazione che scrissi, il giorno stesso, il primo dei trenta componimenti poetici in cui il libro si divide".
La traduzione di Broussard si dimostra in linea di massima adeguata e scorrevole, al che avrà contribuito significativamente il fatto di essere la versione rivista della traduzione che lo stesso dette alle stampe per la pisana Ets nel 1993. D'altra parte, non si capisce perché questa prima edizione non viene mai riferita nell'attuale versione Einaudi. L'assenza di un chiarimento in tal senso desta nella mente del lettore comune, che si imbatte nell'einaudiano esemplare dell'Anno mille993 come novità assoluta, un legittimo dubbio: come mai la sopraccitata introduzione di Saramago è stata redatta nell'ormai lontano 1993? Inoltre, anche il traduttore data al 1993 una parte cospicua della sua nota finale... Così, senza altre precisazioni, sembra che l'iniziativa editoriale sia rimasta "nel dimenticatoio" per quasi un decennio; il che non sarebbe per niente impossibile o inusuale, ma non rispecchia la situazione presente. La nota finale di Broussard desta ancora altre perplessità, in quanto scarna di informazioni veramente significative e sovrabbondante, per contro, di disquisizioni autocelebrative, talvolta inutilmente polemiche.
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