Le prime frasi del romanzo:
Il primo carabiniere che entrò nella stanza scivolò sul sangue e cadde su un ginocchio. Il secondo si arrestò sulla soglia come sul bordo di una buca, agitando le braccia aperte, per lo slancio.
- Madonna Santa! - urlò, serrando le guance tra le mani, poi si voltò e corse nel pianerottolo e giù per le scale e oltre la porta e fuori, nel cortile del palazzo, dove si aggrappò al cofano della Punto bianca e nera e si piegò in avanti, spezzato in due da un conato violento.
In ginocchio sul pavimento, al centro della stanza, la pelle dei guanti incollata al pavimento appiccicoso, il brigadiere Carrone si guardò attorno e gli sfuggì un singhiozzo roco, quasi un rutto. Provò ad alzarsi, ma scivolò sui tacchi, cadendo indietro sul sedere e poi su un fianco con uno schiocco umido e vischioso. Cercò di appoggiare la mano ma il braccio gli scappò di lato, lasciando una strisciata più chiara sulle mattonelle rosse. Finì con la schiena a terra, senza riuscire a sollevarsi, come in un incubo.
Allora serrò gli occhi e mentre annaspava impazzito, sbattendo gambe e braccia come uno scarafaggio nero rovesciato sul dorso, tra schizzi densi e tonfi appiccicosi, spalancò la bocca e cominciò a urlare.
Parte Prima
Almost Blue
Almost blue almost doing things
we used to do.
Quasi triste quasi facendo le cose
che eravamo soliti fare.
Elvis Costello,
Almost Blue.
Il suono del disco che cade sul piatto è un sospiro veloce, che sa appena un po' di polvere. Quella del braccio che si stacca dalla forcella è un singhiozzo trattenuto, come uno schioccare di lingua, ma non umido, secco. Una lingua di plastica. La puntina, strisciando nel solco, sibila pianissimo e scricchiola, una o due volte. Poi arriva il piano e sembrano le gocce di un rubinetto chiuso male e il contrabbasso, come il ronzio di un moscone contro il vetro chiuso di una finestra, e dopo la voce velata di
Chet Baker, che inizia a cantare
Almost Blue.
A starci attenti, molto attenti, si può sentire anche quando prende fiato e stacca le labbra sulla prima
a di
almost, così chiusa e modulata da sembrare una lunga
o. Al-most-blue... con due pause in mezzo, due respiri sospesi da cui si capisce, si
sente che sta tenendo gli occhi chiusi.
Per questo mi piace
Almost Blue. Perché è una canzone che si canta a occhi chiusi.
Io, con gli occhi chiusi, ci sto sempre, anche se non canto. Sono cieco, dalla nascita. Non ho mai visto una luce, un colore o un movimento.
Ascolto.
Scandaglio il silenzio che mi circonda, come uno scanner, uno di quegli apparecchi elettronici che spazzano l'etere a caccia di suoni e di voci e si sintonizzano automaticamente sulle frequenze occupate. So usarli benissimo, gli scanner, quello che ho dentro la testa da venticinque anni, fin da quando sono nato e quello che tengo in camera mia, accanto al giradischi. Se avessi degli amici, se ne avessi, di sicuro mi chiamerebbero Scanner. Mi piacerebbe.
Io di amici non ne ho. Per colpa mia. Perché non li capisco. Parlano di cose che non mi riguardano. Dicono
lucido, opaco, luminoso, invisibile. Come in quella favola che mi raccontavano da bambino per farmi dormire, in cui c'era una principessa così bella e con una pelle così fine che sembrava
trasparente. Ci ho messo tanto, tante notti sveglio a pensare, prima di capire che trasparente voleva dire che ci si poteva guardare dentro.
Per me significava che le dita ci passavano attraverso.
Anche i colori per me hanno un altro significato. Hanno una voce, i colori, un suono, come tutte le cose. Un rumore che li distingue e che posso riconoscere. E capire. L'azzurro, per esempio, con quella
zeta in mezzo è il colore dello
zucchero, delle
zebre e delle
zan
zare. I
vasi, i
viali e le
volpi sono
viola e gia
llo è il colore acuto di uno stri
llo. E il
nero, io non riesco a immaginarlo ma so che è il colore del
nulla, del
niente, del vuoto. Però non è solo una questione di assonanza. Ci sono colori che per me significano qualcosa per l'idea che contengono. Per il
rumore dell'idea che contengono. Il verde, per esempio, con quella
erre raschiante, che gratta in mezzo e prude e scortica la pelle, è il colore di una cosa che brucia, come il sole. Tutti i colori che iniziano con la
b, invece, sono
belli. Come il
bianco o il
biondo. O il
blu, che è bellissimo. Ecco, ad esempio, per me una bella ragazza, per essere davvero bella, dovrebbe avere la pelle bianca e i capelli biondi.
Ma se fosse veramente bella, allora avrebbe i capelli blu.
Ci sono anche colori che hanno una forma. Una cosa rotonda e grossa è sicuramente rossa. Ma le forme non mi interessano. Non le conosco. Per conoscerle bisogna toccarle e a me toccare non piace, non mi piace toccare la gente. E poi con le dita sento solo le cose che ho attorno, mentre con le orecchie, con quelle che ho dentro la testa, posso arrivare lontano. Preferisco i rumori.
Per questo uso lo scanner. Tutte le sere, salgo in camera mia e metto sul piatto un disco di Chet Baker. Sempre lo stesso, perché mi piace il suono della sua tromba, tutte quelle
p, piccole e profonde, che mi girano attorno e mi piace la sua voce che canta piano, come se venisse da dietro la gola e facesse fatica a uscire e per farlo si dovesse soffiare con tanto impegno da dover chiudere gli occhi. Soprattutto quel pezzo,
Almost Blue, che io punto per primo, anche se è l'ultimo. Così tutte le sere e tutte le notti aspetto che
Almost Blue mi scivoli lentamente in fondo alle orecchie, che la tromba, il contrabbasso, il pianoforte e la voce diventino la stessa cosa e riempiano il vuoto che ho dentro la testa.
Allora, accendo lo scanner e ascolto le voci della città.
Io, Bologna, non l'ho mai vista. Ma la conosco bene, anche se probabilmente è una città tutta mia. È una città grande: almeno tre ore.
L'ho sentito una volta che mi sono sintonizzato sul CB di un camion e l'ho seguito per tutto il tempo che è rimasto nel raggio del mio scanner. Da quando è entrato finché non l'ho sentito sparire all'improvviso, il camionista ha sempre parlato con qualcuno, guidato e parlato, guidato e parlato, per tutta la mia città.