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Fra le ragioni che rendono molto interessante la lettura di questo volume c'è anzitutto la notevole varietà dei testi analizzati, editi fra gli anni ottanta dell'Ottocento e l'ultimo decennio dello scorso secolo, titoli non di rado oggi dimenticati. Si tratta di opere diverse da molti punti di vista. A variare è anzitutto l'estrazione professionale degli autori: narratori e poeti istituzionali (D'Annunzio, Pascoli, Bacchelli, Pasolini e Moravia) si alternano a scrittori d'avanguardia (Marinetti), giornalisti (Cipolla, Vergani, Emanuelli), esploratori e viaggiatori (Ferdinando Martini), militari (Mario dei Gaslini), intellettuali e politici (Enrico Corradini).
Differenti autori, diversi generi: testi letterari (romanzi, poesie, opere teatrali), semiletterari (reportage, opere d'indole memorialistica) ed extraletterari, come il "progetto di film" Appunti per un'Orestiade africana di Pasolini . Si tratta di testi che si collocano a diversi livelli del sistema letterario: opere avanguardistico-sperimentali ( Mafarka le futuriste di Marinetti), opere appartenenti alla letteratura istituzionale (i testi di Berto Tobino, Flaiano) ma anche rivolte a un pubblico popolare (il romanzo Kif Tebbi di Luciano Zuccoli) e di massa (la letteratura coloniale fascista).
La spiccata eterogeneità del materiale testuale si collega naturalmente alla prospettiva di studio adottata, una lettura che tende a prescindere dalla morfologia delle opere, un punto di vista più attento ai "contenuti" (anche narrativi) e alle idee che alle "forme", alle singole strategie espressive (si spiegano così alcuni abbinamenti altrimenti curiosi: Corradini insieme a Pascoli, Arnaldo Cipolla con Luciano Zuccoli e Orio Vergani). Nonostante il sottotitolo del libro, siamo nell'ambito di una ricerca di storia della cultura, con un forte interesse per l'ideologia implicita nelle opere (la sensibilità letteraria di Tomasello si esprime soprattutto qui, riconducendo alcuni aspetti testuali alla visione del mondo dell'autore).
Così, più che una storia letteraria, il libro racconta l'evoluzione dell'ideologia coloniale rispetto a un tema di particolare rilevanza: l'impatto dell'Africa sull'immaginario collettivo, la sua centralità nell'ambito della politica culturale dei regimi liberali e del fascismo, le implicazioni militari, economiche e sociali dell'ideologia coloniale sono state molto importanti. Un'evoluzione ideologica - la prospettiva è particolarmente interessante perché oggi poco praticata - della quale le singole opere vengono considerate espressione sintomatica.
In realtà, l'indice del volume è costruito come successione di capitoli monografici, di impostazione abbastanza diversa, ordinati cronologicamente. In certi capitoli l'analisi si concentra su opere emblematiche (il primo studia Nell'Africa italiana. Sensazioni e ricordi di Ferdinando Martini e Fino a Dogali di Alfredo Oriani), in altri è indagata l'evoluzione della concezione del continente nero in una serie di opere del medesimo autore, intrecciata spesso con interessanti osservazioni sulla sua poetica ( Marinetti. Il territorio del mito e l'estetizzazione dell'Africa è il titolo del quarto capitolo, che mette a fuoco i due estremi fra cui si sviluppa l'idea dello scrittore), altrove la prospettiva è rovesciata e si ragiona sulla politica culturale del regime e sui riflessi che ha avuto in certe opere ( Il fascismo alla ricerca di una letteratura coloniale ). In questo modo le dinamiche ideologiche emergono soprattutto in alcuni paragrafi di carattere riassuntivo (spesso collocati in avvio di capitolo) ma si perdono quando l'analisi finisce per configurarsi come serie di medaglioni dedicati a singoli autori e soprattutto a singoli testi. Non a caso capita soprattutto negli ultimi tre capitoli del libro, che trattano infatti opere ormai distanti (anche cronologicamente) dalla "letteratura coloniale".
Nel complesso, varie fasi della coscienza culturale italiana dell'Africa emergono con chiarezza. Con atteggiamento positivo Martini procede a una concreta osservazione della realtà locale, indispensabile premessa a ogni progetto di conquista, mentre Oriani collega l'impresa coloniale allo spirito del Risorgimento e la giustifica definendo preistorica la condizione dell'Africa. Una posizione ripresa ed enfatizzata in termini militaristi e razzisti da Corradini, la cui idea di Italia come "nazione proletaria" che necessità di nuovi territori di sbocco per la sua popolazione assume un significato difensivo e paternalisticamente sentimentale in Pascoli, teorico di un "colonialismo della bontà". Ancora diverse le posizioni di D'Annunzio (la Libia non va aggiunta all'Italia ma va recuperata all'ecumene mediterranea, spezzata nel medioevo dalle invasioni islamiche) e di Marinetti, che dopo aver ipotizzato una "via africana al futurismo" approda con Il fascino dell'Egitto a una lettura estetizzante del continente nero.
Con Cipolla, Zuccoli e Vergani la prospettiva cambia radicalmente: protagonisti diventano gli indigeni, e l'immagine dell'Africa si definisce a partire da una prospettiva interna. Con Bacchelli, infine, il mito coloniale comincia a sgretolarsi irrimediabilmente, fino a giungere con Moravia alla coscienza di una radicale alterità storica e antropologica. Immagini dell'Africa, dunque, ma soprattutto loro elaborazione utilitaristica per fini estrinseci (politici, militari, letterari, di poetica personale) che finiscono per produrre altrettante immagini di Italia e di italianità. A partire da quello tragicamente attuale dell'italiano "conquistatore buono", che grazie alle proprie speciali attitudini saprebbe stabilire rapporti esclusivi con i nativi, un mito elaborato proprio da Bacchelli nel romanzo Mal d'Africa .
Prospettiva proficua, dunque, quella di Tomasello, ma che per la sua generalità comporta alcune conseguenze problematiche. Colpiscono ad esempio sia la totale assenza di giudizi di valore (sfilano in queste pagine celebri capolavori e opere scadenti, trattate con la medesima dignità), sia la mancata valutazione del diverso impatto ideologico esercitato da testi canonizzati e opere poco diffuse, subito dimenticate. Infine, gli stessi confini della letteratura coloniale vengono superati con l'analisi di opere estranee a questo genere, una tipologia testuale mai definita e in effetti piuttosto discutibile, perché legata non a caratteristiche strutturali, ma tematiche e cronologiche.
Luca Clerici
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