L'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano è da anni una fonte per gli storici dell'Italia contemporanea, come dimostrano i volumi pubblicati nella collana edita presso il Mulino in cui si inserisce l'ultimo libro di Ganapini, uno dei maggiori conoscitori (cfr. La repubblica delle camicie nere, Garzanti, 1999) del tragico periodo 1943-1945. Non stupisce quindi come Ganapini sia in larga parte riuscito nel difficile proposito, enunciato nella nota posta in questo volume, di accostarsi con rispetto alle vicende narrate nelle testimonianze esaminate, collocandole con attenzione, ma senza pretesa di giudizi definitivi, nel quadro storico della guerra civile, dominato "dall'incertezza, dalla precarietà quotidiana e dalla imprevedibilità del potere". Si tratta, in definitiva, del tema fondamentale del rapporto memoria-storia (in questo caso, del fascismo e della guerra e della loro influenza sulla coscienza civile dell'Italia repubblicana), che l'autore tratta con sensibilità per le singole soggettività, anche attraverso ampie citazioni, tenendo però sempre presente l'oggettività della realtà storica. Ne emergono quindi, pur nella difficoltà di valutare quanto la memoria abbia lasciato sedimentare, lo sconcerto dopo il 25 luglio e, ancor di più, dopo l'8 settembre, le diffidenze verso l'alleato-nemico tedesco, l'immagine del "buon italiano" come forma di autoassoluzione, le molteplici ragioni (politiche, morali, familiari) delle varie scelte, nella Resistenza, nella Rsi, nell'attendismo della "zona grigia", rispetto a quanto già acquisito negli ultimi anni dalla storiografia. Quella che si riscontra è inoltre una sorta di tipologia delle emozioni vissute dagli abitanti delle città e delle campagne, in quei terribili anni di guerra in cui viene rotta drasticamente la quotidianità della vita e delle sue abitudini (anche se, naturalmente, si continua a innamorarsi, come mostra il capitolo sul tema). La parte finale del libro, forse la più importante perché segnala "temi e problemi che ebbero non scarso rilievo nel modellare la percezione e il ricordo della guerra" negli anni successivi, è dedicata alle numerose memorie dei deportati in Germania, per ragioni politiche, razziali o religiose, o dei militari del regio esercito catturati dopo l'8 settembre (gli Imi, internati militari italiani, i cui diari testimoniano la difficile scelta di non cooperare con l'ex alleato tedesco) o anche uomini rastrellati a caso dalla Wehrmacht e dalle SS (sempre con l'attiva collaborazione dei repubblichini di Salò) per costituire forza lavoro coatta a disposizione dell'industria o dell'agricoltura tedesca ("Essere italiani all'estero è sempre stato difficile, persino in lager dove si era tutti disgraziati allo stesso livello", nota con accortezza e persino con ironia uno di essi). Le "leggi occulte" dell'universo concentrazionario, le terribili sofferenze ivi patite, sono descritte con impressionante vividezza e lucidità, talora ad anni di distanza dai fatti, nei diari citati da Ganapini. Sono le pagine più belle del libro, pur nella loro disperazione, poiché davvero parlano di un'"altra Resistenza" in cui, come scrive un deportato a Mauthausen, "resistere agli 'altri' era più che solidarietà, era un bisogno di sentirsi ancora vivi, ancora forti". Giovanni Scirocco
Leggi di più
Leggi di meno