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Libro di Palahniuk e sarebbe già detto tutto. Se si superano le prime 30 pagine senza arrendersi all'impatto emotivo va via tutto d'un colpo. Molto differente dall'aspettativa creata dalla sinossi del libro, il focus è un altro, ovvero il bisogno di sentirsi necessari per qualcuno. Poi il contorno è un album di dipendenze spinte all'estremo e di sessualità senza filtri e limiti al limite del grottesco. Poi è Palahniuk, prendere o lasciare, non ci sono vie di mezzo con lui
E' il secondo titolo di Palahniuk che leggo, e devo dire che mi ha piuttosto delusa. Certo, lo stile è il suo, i colpi di scena seppur pochi in questo volume in particolare sono tipici dello scrittore, ma non mi ha lasciata stupefatta come "Rabbia", del quale consiglio ampiamente la lettura. Ci sono scene piuttosto esplicite, imprecazioni e quant'altro, ma non è quello ad avermi lasciata un po' con l'amaro in bocca. La verità è che questo libro non mi ha donato nulla, non mi ha arricchita di niente, nè di un pensiero nè di un concetto sul quale poter riflettere in futuro, niente. Riponevo grandi speranze, forse troppe, ma vabè. Ritenterò con l'autore e staremo a vedere!
Primo vero romanzo di Palahniuk (considero Fight Club, Invisible Monster e Survivor come fossero sfoghi su carta) nato in quanto tale. Dolce, drammatico e grottesco. Chuck, attraverso il suo rifacimento di un racconto di Poe (Il metodo del dottor Catrame e professor Piuma) urla il bisogno d'amore che possiede questa nostra società. E non perde occasione per scrivere bene e lanciare frecciatine a questa società
Recensioni
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L'ultimo, ancora una volta sorprendente, libro di Palahniuk è un viaggio in un mondo che ha perso i confini tra demenza e salute, realtà e immaginazione, salvatori e vittime, santità e dannazione. Victor Mancini è il suo nuovo antieroe, nonché un medico mancato e un adulto disadattato, frutto della delirante filosofia emancipatoria di una madre più o meno naturale e del succedersi di innumerevoli madri adottive. E proprio a causa della sua precarietà affettiva, Victor ha capito molto presto che per avere amore bisogna rischiare la vita. Escogita infatti un singolare sistema per pagare la clinica in cui è ricoverata la madre malata di Alzheimer: ogni sera va in un ristorante diverso e finge di soffocare con un boccone andato di traverso, puntualmente qualcuno lo soccorre e nel momento in cui crede di salvargli la vita anche lo adotta e ad ogni anniversario dell'incidente gli manda un gruzzoletto. Moltiplicando l'evento per tutte le sere dell'anno, ecco risolto il problema economico. Ma questa è solo una corsia della vita di Victor: di giorno lo troviamo in una ricostruzione turistica di una colonia di padri pellegrini, imprigionato assieme ad altri naufraghi dell'esistenza nell'anno 1734; di sera, con cadenze fisse legate a nomi e vezzi diversi, alla ricerca di emozioni e donne come lui malate di sesso compulsivo e legate a una comunità che tenta la disintossicazione da questa dipendenza attraverso una terapia in dodici fasi. Victor è eternamente fermo alla quarta, che richiede la confessione di tutto il proprio passato: e ce lo racconta con un'alternanza tesa e senza cadute di flashback sull'infanzia e tempo presente della sua psiche, il tutto gestendo il narrato ora con la veggenza di un romanziere ottocentesco, ora destrutturando il linguaggio in seriazioni automatiche e psicotiche, o meglio, assecondando l'altalena tragicomica della vita. Il finale si apre in prospettiva cosmica: non c'è salvezza, sembra dirci questo nuovo mito della letteratura americana, per alcuni individuato già dal romanzo d'esordio Fight club (1999) come il nuovo DeLillo, ma forse un mondo migliore ce lo possiamo inventare noi, vivendo ciascuno in una propria realtà alternativa: e allora essere pazzi o normali non ha più importanza.
Giulia Calligaro
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