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Ho faticato a leggerlo fino alla fine, tuttavia lo consiglio a chi piace il genere.
"Una forma non dovrebbe avere linee perché la natura non ne ha, e le forme si rivelano come colori, sfumature e dal modo in cui la luce le tiene unite. La vita di Sickert non aveva linee o confini, e la sua forma cambiava a ogni scatto di registro del suo umore..." . Questa similitudine sorprendente è alla base della teoria sostenuta dalla Cornwell secondo cui Walter Sickert, pittore inglese, ma tedesco di nascita, di fama mondiale, sarebbe Jack lo Squartatore. In un saggio di 560 pagine, piuttosto crude e pesanti, la Cornwell esamina con la lente di ingrandimento della detective gli efferati assassinii di alcune donne dell' East End di Londra nel 1888. Fermo restando che i poliziotti inglesi di allora si muovevano con manganello, lampada a occhio di gatto e fischietto e che non ci sognava nemmeno di indagare con lampade ultraviolette, test del DNA e cianoacrilato, l'assassino riusciva invariabilmente a farla franca. Muovendosi dunque su di una serie di fatti ormai consegnati alla storia poliziesca, la Cornwell tesse la sua tela. Snocciolando particolari da autopsia e raccontando con estremo realismo lo sfacelo dei corpi mutilati dalla lama di uno psicopatico seriale, Patricia individua in Sickert quel Jack "the ripper" entrato ormai di diritto nell'immaginario collettivo per indicare il sanguinario assassino di povere donne alcolizzate e dedite alla prostituzione. E alla fine, stremati e madidi di sudore per l'emozione e per sfinimento da....lettura monocorde, ci si convince che la Cornwell abbia colto nel segno, salvo riconoscere che la costruzione della tesi accusatoria è a tratti fantasiosa perché infarcita di suggestioni e ipotesi spesso forzate.
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