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Preso il libro perché citato in " per dieci minuti". La storia mi intrigava, e personalmente me la immaginavo diversa. Ci ho messo un po prima di capire il gioco di scambi, ma poi mi sn lasciata travolgere dalla storia. Piacevole e non troppo complicata, due personaggi distinti anche se nn li ho sentiti proprio vivi come in altri racconti.
Dunque. Le mille mila sotto trame, personaggi inventati forzando la fantasia all’inverosimile, stili narrativi diversi, e la signora che va con il toyboy e il vecchio regista che si mette con la giovane raccomandata e le protagoniste, queste due donne troppo amate cui l’amore però non basta, non basta mai. Ci stanno, tutte queste cose ci stanno: se sei Gabriel García Márquez e stai scrivendo Cent’anni di solitudine. Ma non è questo il caso, proprio no. Questo è un libro scritto all’insegna del TROPPO: troppi personaggi, troppi incisi inutili, troppe citazioni buttate a caso. Troppi fili conduttori. Troppi colpi di scena fin troppo scontati. E poi, troppe troppe troppe imperfezioni: se citi Marina Abramović devi farlo correttamente; se parli della disposizione dei prodotti in un supermercato, devi dirlo che è una precisa strategia di marketing e se basi tutta la narrazione sul libro di Peter Pan, non puoi assolutamente dire che Capitan Uncino era bendato e senza una gamba. No. Perché i lettori non sono stupidi, e come tali non vanno trattati. Quattro etti d’amore, grazie? Bocciato. A partire dal titolo.
Un romanzo assolutamente consigliato. Da leggere soprattutto in quei particolari periodi della propria vita (che a me capitano spesso, non so a voi) in cui si perde un pò di vista se stessi, la propria identità, il senso della propria vita. Credo che le parole della Gamberale, che ci giungono tramite i pensieri e le riflessioni di Erica e Tea, possano confortare, poichè ci si rende conto che non siamo le sole a vivere momenti di grande sconforto e, perchè no, anche aiutare a trovare una soluzione insegnandoci a ragionare sia con la testa che con il cuore
Recensioni
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Erica e Tea, due donne dalla vita radicalmente diversa ma accomunate dalla medesima frustrazione personale.
Sono due poli opposti e come tali si attraggono: la prima moglie e madre perfetta, punto di riferimento per la propria famiglia; la seconda bellissima, famosa ma con grandi carenze affettive. Entrambe, di nascosto, si scrutano e sognano la vita dell’altra, l’una la trasgressione e l’altra la normalità.
Ad un anno da L' amore quando c'era torna in libreria Chiara Gamberale con un romanzo a due voci e tutto al femminile. Racconta le vicende esistenziali di due donne che, usando un supermercato come trait d’union, si spiano in silenzio e desiderano indossare l’abito dell’altra.
Erica ha un impiego fisso che le dà la giusta soddisfazione, un marito che la ama quanto basta e due figli che le riempiono il tempo tanto da farla esclamare: "Come si fa ad avere tempo per tutto quello che si ha da fare?" nel gruppo Quelli della mitica B del Rousseau 1991-1996 che ha creato su facebook insieme ai suoi ex compagni di scuola e su cui ritorna puntualmente ogni qual volta si sente nostalgica e ha bisogno di sfuggire alla routine domestica. Le sue giornate sono scandite dagli impegni familiari: l’asilo di Gustavo, i capricci di Viola e le partite a calcetto di suo marito. Una vita tranquilla, senza alti né bassi, ma tutta questa serenità la turba, le mette ansia e la fa sentire non all’altezza delle situazioni. Vorrebbe meno responsabilità, meno impegni dovuti e più leggerezza, si sente braccata da tutto ciò che nel tempo ha costruito e nei periodi negativi le sta persino stretto il ruolo di mater familias, così appena può, fra il reparto di gastronomia e quello dei detersivi, fantastica sulla vita di Tea.
Tea è la donna ideale: affascinante, turbolenta e sfuggente, quella che in parecchie vorrebbero essere. Sembra aver ricevuto dalla vita tutto ciò che si possa desiderare, un lavoro da attrice in un format che ha il consenso di critica e pubblico, un marito regista e un amico gay a cui poter confidare ogni segreto senza il timore che ti possa portare via il marito. Eppure a osservarla bene possiamo cogliere tutte le fragilità che questo personaggio si porta dietro a partire dal disastroso rapporto coniugale che la sfinisce giorno dopo giorno e le fa tornare a galla tutte le insicurezze accumulate. Per lei la felicità è senza dubbio la stabilità, quella normalità che scorge nell’altra, "la signora Cunningham", come la definisce affettuosamente, perché rappresenta la mamma dolce e amorevole che abbiamo conosciuto in Happy Days.
E allora il supermercato diventa il luogo dei desideri riposti e delle felicità attese, ma anche il posto dove fare i conti con le proprie insoddisfazioni e i propri limiti, un posto da amare ed odiare allo stesso tempo. È lì che le due donne, così diverse e uguali, saranno costrette a fare i conti con la vita e il proprio destino.
Chiara Gamberale utilizza uno stile asciutto e fresco mescolando dialoghi serrati a riflessioni estemporanee; senza utilizzare troppi ghirigori stila la lista delle necessità umane, da quelle semplici a quelle irrealizzabili. In questo modo ci regala un romanzo vivace, pieno di dettagli e attento alla caratterizzazione dei personaggi. Una storia che squarcia il velo d’ipocrisia che regola le nostre esistenze e mette in primo piano le insoddisfazioni personali di due donne che sono metafora delle nostre.
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