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E' un libro difficile da assegnare ad una categoria precisa. L'autore si oppone ad esempio alla "dittatura del PIL - Prodotto Industriale Lordo" e più in generale alla riduzione di molti aspetti economici o sociali alla classificazione numerica, in base alla quale si fanno confronti e si prendono decisioni, spesso arbitrarie nonostante la quantificazione, o forse proprio a causa della quantificazione. A mio parere, la posizione dell'autore rientra nel filone "un altro mondo è possibile". Descrive, ad esempio, i costi occulti in vari settori dell'economia. Il libro contiene una esposizione di vari casi in cui la quantificazione può essere fuorviante, come nella legislazione sulla flessibilità del lavoro, oppure nelle valutazioni scolastiche. Il libro è scritto in maniera brillante, con citazioni e rimandi ad un gran numero di opere in vari ambiti di ricerca, che l'autore deve aver ben meditato ed approfondito. La seconda parte tratta aspetti di neurologia e scienze cognitive. Il libro sarebbe stato più consultabile ed usabile con una bibliografia finale ed un indice analitico, a supporto dei riferimenti citati solo a piè di pagina. Su temi analoghi, segnalo un testo in inglese di Steffen Mau "The metric society - on the quantification of the social", Polity Press, Cambridge, 2019
Da non perdere se volete comprendere come funziona e da dove viene il nostro sistema occidentale di pensiero e come vengono generate scelte politiche, sociali, ambientali. La risposta a chi si domanda perché se sappiamo tante cose, accadono fatti terribili come aggressività, disastri ambientali, meccanismi economici disumani. Il metodo assiomatico visto come delirio patologico. La "regola del bosco" e tante altre visioni che possono cambiarci la vita.
Recensioni
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Un libro insolito, forte, importante e profondamente originale. Una lettura non facile, zeppa di digressioni, a tratti faticosa e snervante, anche se sempre capace di arricchire. (…) Un libro che pur cadendo nella definizione di saggio scientifico non nasconde le emozioni profonde, i turbamenti, la rabbia e le paure del suo autore. Finalmente un libro arrabbiato e non moderato. Il libro si compone di due parti entrambe attraversate da una vis polemica devastante.
La prima parte, Dall’alto in basso ricostruisce le radici politiche e culturali che dominano il nostro mondo provocando quel fenomeno di individualizzazione che per Diana presuppone la calcolabilità dell’umano. Diana ripercorre la costruzione ideologica dell’uguaglianza formale, descrive la condizione attuale come un’ideologia dell’astrazione numerica che ha prodotto al trionfo di un linguaggio matematico sempre più astratto e fine a se stesso ma che tuttavia costituisce un poderoso strumento di esercizio e legittimazione del potere. La riduzione di ogni esperienza dell’umano al commensurabile si serve di una varietà di indici come il pil o di criteri come i crediti formativi universitari. Questi criteri introducono non solo un linguaggio matematico nella formalizzazione astratta di ogni esperienza, ma funzionano come un potente sistema che con la scusa di descrivere cosa facciamo finisce per imporci che cosa dovremmo fare. Le valutazioni astratte sono il presupposto culturale del tecno-fascismo. La matematica e la cultura algoritmica producono quella che Diana descrive come una “tossicodipendenza numerica” che dota “demagoghi ed indovini” come Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, agenzie pubbliche e private di strumenti volti alla costruzione di “splendidi edifici senza fondamenta”.
Diana descrive le conseguenze pratiche di questa operazione in pagine che, denunciando “l’ubiquità della menzogna”, offrono nuovo materiale all’idea dello spettacolo integrato di Debord. (…) Come uscire da questa situazione? La seconda parte del libro prova a misurarsi con questa domanda. (…) Superare la condizione di calcolabili, (…) significa in sostanza recuperare la dimensione del corpo, dell’empatia, dello stare insieme condividendo spazi ed emozioni. Secondo Diana disponiamo oggi di conoscenze su noi stessi sufficienti a mostrare la via per il recupero di un’antropologia comportamentale più coerente con il nostro ecosistema. (…). Del resto, la costruzione del mondo dominante nacque in un momento di capitale scarso e beni comuni eccedenti. Oggi il capitale è eccedente e i beni comuni sono in stato terminale. Pensare alla rovescia è precondizione per agire politicamente alla rovescia. Diana ci offre qualche nuovo potente argomento per fare proprio questo e proprio adesso.
Recensione di Ugo Mattei
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