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"Il cuore di Milano è in prevalenza piccolo-borghese. Lo è da centinaia d'anni, prima ancora che nascesse la borghesia, lo sarà nel millennio futuro, con quel suo fare il proprio dovere, cercando di dare meno fastidio possibile, di non disturbare il resto del paese, o dell'impero, o del pianeta. Né troppo progressista né troppo conservatrice, né troppo buona né troppo cattiva."
Milano, fine anni Cinquanta, un quartiere come tanti, un bar "per male" e uno "per bene" posti l'uno di fronte all'altro, dei bambini che osservano la vita che si svolge intorno a loro e che non è ancora dominata dalla fretta e dalla tensione. A narrare la storia sono proprio loro, Gino & Michele, due ragazzini di sette anni che, nel ricordo, riattraversano le strade e soprattutto la "Piazza" in cui il "piano" diabolico di un gruppetto eterogeneo di abitanti del quartiere viene organizzato. Protagonisti del furto a fini politici, atto cioè a smascherare uno dei primi casi di corruzione, sono Defendente, un gelataio comunista, mito di tutti i bambini, che ha in Togliatti il suo mito; Silvio, un maestro meridionale, emigrato al nord come tanti in quegli anni, ma considerato un intellettuale per la sua capacità di rispondere almeno a un terzo delle domande di "Lascia o Raddoppia"; Gilberto, il tabaccaio della Piazza, nel cui negozio, luogo di incontro e cuore del quartiere, viene ideato e pianificato il fattaccio e che ha una moglie, protofemminista, Loredana, di cui tutti nel quartiere sono innamorati; Antonio, un ladruncolo che sopravvive grazie alle scommesse al biliardo (ricordate Lo spaccone? Antonio non è proprio Paul Newman) di cui è un virtuoso; Claudio, giornalista del meno letto dei tre quotidiani del pomeriggio che cerca il grande riscatto professionale; e infine (ma sarà un personaggio che apparirà solo in un secondo momento) Paolo Ciampin, un attore (di minuscole parti) del Piccolo Teatro, acceso marxista, ma così noioso e invadente da "rendere tedioso il comunismo", come i due autori fanno dire a Strehler in persona.
Il piano elaborato dal gruppetto è questo: sottrarre il denaro, aprendo la cassaforte posta nell'appartamento della Torre Velsaca e che sarebbe servito per l'atto di corruzione, avere così le prove del crimine, denunciare con grande clamore il misfatto e, per ottenere l'onore della stampa, provocare un incidente, sacrificando anche i due "gioielli" del gruppo, due Cinquecento nuove fiammanti.
Tutto ciò (a seconda dei casi) per amore della giustizia, desiderio di un po' di notorietà, rivalsa professionale. Alla storia, spesso esilarante dell'improvvisata "banda", viene però sempre accostata l'esperienza dei due bambini che osservano, commentano, partecipano a distanza, e soprattutto guardano se stessi e tutto il mondo di allora, con le ingenuità, i fervori, le passioni, le abitudini di vita e di svago che, pur senza essere passati troppi anni, appaiono davvero a un'altra epoca.
Un quartiere di Milano era un po' come un paese (oggi solo pochi ne mantengono ancora
qualche traccia), la vita si svolgeva in modo collettivo, i rapporti erano garantiti da alcune abitudini comuni che creavano legami, le fasce sociali erano abbastanza vicine tra loro accomunate da molte cose, i bambini giocavano per la strada senza distinzione di ceto, e l'acquisto di una Cinquecento era un evento per tutti.
La Torre Velasca (là sono custoditi i soldi, nell'appartamento della moglie dell'"onorevole") è quasi un simbolo: prima di tutto di una specifica area cittadina, perché è la punta più centrale della zona Sud-Est della città, per i due autori, vero cuore di Milano, poi rappresenta la modernità premonitrice del futuro sviluppo urbano (che per fortuna non ha snaturato le zone prese in esame da Gino & Michele), infine è su quel grattacielo, la costruzione più alta che ci sia, che intende fare la sua azione di denuncia tutta personale, l'"ideologo" e attore frustrato Paolo Ciampin e che finirà, per idem sentire, coinvolto dal gruppetto.
Non racconto evidentemente la fine della storia, divertente e prevedibile, visto come sono andate nei successivi venti-trent'anni le cose, ma suggerisco davvero la lettura del libro sia per ripercorrere un delizioso "com'eravamo" sia, per i più giovani, per capire (perché l'attualità lo rende incomprensibile), da dove nasca il detto che Milano "ha il cuore in mano".
A cura di Wuz.it
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