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Il flusso di idee generato dagli studi postcoloniali in Italia, per ragioni diverse, è rimasto a lungo intrappolato nell'orbita dei circuiti accademici, nonostante la rilevanza politica che analisi di questo indirizzo potrebbero e dovrebbero avere rispetto alle questioni poste dal mondo "globalizzato". Due volumi pubblicati di recente, Gli studi postcoloniali: un'introduzione a cura di Shaul Bassi e Andrea Sirotti e Narrare la black Britain di Francesca Giommi, delineano l'attuale quadro critico, rendendo più fruibili concetti e tematiche che lettori non specialisti hanno spesso considerato inaccessibili. Gli studi postcoloniali presenta una varietà di saggi di studiosi italiani che definiscono gli approcci metodologici e le finalità di questo ambito disciplinare, ripercorrendo i momenti fondativi e le principali questioni teoriche che hanno accompagnato lo sviluppo del postcolonialismo nell'arco degli ultimi cinquant'anni. In particolare, in Attraversamenti: il linguaggio della teoria postcoloniale, Anna Maria Cimitile analizza concetti chiave quali decostruzione, ibridità, differenza, tracciando la mappa dei saperi che, dalla psicanalisi alla linguistica, dall'antropologia alla filosofia, "dialogano" nello spazio del discorso postcoloniale. Un'altra metodologia contigua è richiamata da Liliana Ellena, il cui saggio White Women Listen! La linea del genere negli studi postcoloniali, legge la nascita del femminismo come reazione ai medesimi meccanismi di potere che sono ritenuti alla base del colonialismo. Condividere tratti comuni non rende, però, postcolonialismo e femminismo movimenti poco attenti a specificità storiche, culturali e letterarie, né impedisce una certa tendenza all'autodecostruzione, come si evince dai dibattiti interni sia ai movimenti femministi, che a quelli postcoloniali. In questa prospettiva, un contributo di sicuro interesse è fornito anche dal volume di Francesca Giommi che, pur trattando specificamente il fenomeno della scrittura black in Gran Bretagna, affronta nodi problematici di portata generale. Attraverso le opere di scrittori quali Diran Adebayo, Zadie Smith, Andrea Levy, Mike Phillips, Bernardine Evaristo e Caryl Phillips, Giommi insiste sull'estrema eterogeneità della scrittura nera, specchio della varietà culturale che caratterizza la comunità dei britannici neri; diverse culture, diverse generazioni, diversi modi di elaborare il lutto della migrazione o delle sue conseguenze per chi è nato "dopo". Alessandra Di Maio nel saggio Perle per il mondo: origine ed evoluzione della diaspora postcoloniale, inquadra il fenomeno in termini diasporici, analizzandolo in relazione alla comunità africana in America. Una delle conseguenze dei fenomeni migratori e diasporici sembra essere la problematizzazione del senso di appartenenza e l'ibridazione del soggetto postcoloniale, che rende necessaria la riconfigurazione dei concetti di "nazione" e "razza" che la storia ufficiale ha in passato proposto come fissi e stabili. Annalisa Oboe e Shaul Bassi, rispettivamente in In costruzione: nazionalismi e nazioni postcoloniali e Oltre la "razza": race and ethnicity negli studi postcoloniali, dimostrano che, lungi dall'essere categorie "naturali", nazione e razza risultano costruzioni discorsive, così come discorsiva appare persino la nozione di spazio e la sua organizzazione. Questo particolare tema è analizzato nel capitolo dedicato alle architetture postcoloniali e alle megacittà quali spazi transnazionali. Il confronto tra Mumbai, Johannersburg, Toronto e Londra consente di rimarcare come anche le strutture urbanistiche condizionino la convivenza tra culture. Altri saggi contenuti nel volume, affrontano le tematiche postcoloniali da una prospettiva letteraria. Per esempio, Maria Renata Dolce (Con-Test/azioni postcoloniali: il dialogo con il canone e la riscrittura dei grandi classici) esplora il rapporto tra scrittura postcoloniale e canone letterario, mentre Viktoria Tchernichova (Tradursi all'altra riva: il viaggio verso le letterature postcoloniali) sposta l'attenzione sulla traduzione del testo postcoloniale, la cui ibridità linguistica, secondo la studiosa, è fonte di arricchimento per la lingua di arrivo. Resta da capire quale potrebbe essere l'effetto performativo degli studi postcoloniali in Italia, soprattutto in considerazione del fatto che i principali esempi creativi e critici provengono dai paesi di lingua inglese. La risposta è fornita da Flavio Florani (Postcoloniali noi? L'America latina tra paradigmi eurocentrici ed esperienza coloniale) e da Federica Zullo (Costruire l'impalcatura del proprio futuro: storie postcoloniali di voci migranti italiane), che si interrogano sull'opportunità di applicare i paradigmi degli studi postcoloniali anglofoni alle culture latino-americana e italiana. In particolare, gli esempi letterari richiamati da Zullo appartengono alle voci italiane di autori migranti, i quali segnalano l'emergenza di uno scenario culturale che impone la riconfigurazione dell'identità nazionale italiana, alla luce delle prospettive chiaramente indicate dalle teorie postcoloniali: il rifiuto dell'omologazione culturale e la continua negoziazione tra le specificità di soggetti e comunità che transitano attraverso confini in continua decostruzione. I confini del "noi" e del "loro". Bianca Del Villano
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