(Londra 1572-1631) poeta e predicatore inglese. Nato a Londra da un ricco mercante di ferramenta, fu educato dalla madre Elizabeth (figlia del drammaturgo J. Heywood e pronipote di Th. More) in ambiente cattolico. Dal 1584 studiò a Oxford, poi frequentò (1591-94) l’istituto legale di Lincoln’s Inn, dove si formò una vastissima cultura. Soldato e cortigiano, partecipò alle spedizioni del conte di Essex a Cadice (1596) e alle Azzorre (1597). Del 1601 è il contrastato matrimonio con Anne More, nipote del guardasigilli lord Egerton, di cui il poeta era segretario. Risale a questo periodo la conversione all’anglicanesimo, che lo porterà al diaconato nel 1615. Dopo lunghi anni di gravi difficoltà materiali e spirituali (gli era morta, tra l’altro, l’amatissima moglie), predicatore ormai celebre, fu eletto decano di St. Paul (1621). Poco prima di morire, gravemente malato, pronunciò il quaresimale Il duello della morte (Death’s duel), capolavoro del «secentismo macabro». Tranne i due Anniversari (Anniversaries, 1611 e 1612), tutti i versi di D. furono pubblicati postumi: la prima edizione delle Poesie (Poems) è del 1633. Del 1590-98 sono le satire, un primo gruppo di elegie e molte delle Canzoni e sonetti (Songs and sonnets); un altro gruppo è del 1598-1615. Del 1607-09 sono le prime poesie religiose, che culmineranno negli splendidi Sonetti sacri (Holy sonnets), del 1615 i Sermoni (Sermons, 3 raccolte postume: 1640, 1649, 1660-61). Il «nudo cuore pensante» di D., la sua natura raziocinante e appassionata, in bilico tra gli opposti (pensiero medievale e nuova scienza, rinascimento e riforma, cattolicesimo e protestantesimo, amore umano e divino, peccato e morte, uomo e Dio), tendono a risolvere dialetticamente il conflitto intellettuale, morale e sensuale in una poesia (la poesia «metafisica») che accolga ogni forma di esperienza. Le implicazioni morali e culturali, le citazioni letterarie e bibliche, le immagini mutuate da scienza, teologia, filosofia, natura, realtà quotidiana sono concentrate, secondo un procedimento analogico, in brevissimo spazio. Da qui la drammaticità della situazione e del ritmo (il verso, non costretto da forme metriche stereotipe, si adegua al pensiero in una specie di contrappunto interno), il carattere discorsivo di certi passaggi, gli attacchi iniziali di tipo colloquiale, l’apparente disarmonicità, antipetrarchesca, di un linguaggio volutamente aspro. Ma attraverso l’uso sapiente, tipicamente secentesco, dei concetti, delle arguzie, dell’emblema, il pensiero, reso in immagini concrete e talvolta sensuali, diviene sentimento o, secondo la formula di T.S. Eliot, «pensiero apprensibile dai sensi». Mentre la simmetria, pur nelle sovrabbondanti decorazioni retoriche, contraddistingue l’architettura dei Sermoni, le forme sinuose e asimmetriche del manierismo ben esprimono il conflitto tra intelletto e sensi nella grande lirica delle Canzoni e sonetti e dei Sonetti sacri.