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Valentina D’Urbano Isola di Neve Talentuosa scrittrice Valentina D’Urbano tesse trame avvincenti, emozionanti, affascinanti, ed anche questa volta il suo romanzo è favoloso. Sull’isola di Novembre, un ragazzo con i capelli biondi spettinati, gli occhi tristi di un intenso azzurro e i vestiti stropicciati, tenta di ritrovare se stesso e la propria dignità ma la musica soave di un violino lo porta dritto da Edith, una violinista tedesca che è sull’isola alla ricerca di risposte. Nel 1952 un giovane violinista di Dresda viene rinchiuso nel carcere di Santa Brigida, isolotto di fronte a Novembre; è in possesso di un prezioso violino: un Guarneri del Gesù. Edith è sicura che sia ancora sull’isola nascosto da qualche parte. Una ragazzina bionda, magra, vestita da maschio, con gli occhi lividi per le botte prese dal padre pescatore, esce tutte le notti per andare a pescare e il carcere di Santa Brigida è un luogo vietato che la incuriosisce più di qualunque altra cosa. Ancora di più ora che ha visto il bel prigioniero che hanno portato dal continente. Le due storie si intrecciano e svelano piano piano misteri rimasti celati per più di cinquant’anni. Non puoi smettere di leggere…devi andare avanti…saperne di più! Buona lettura.
La storia narrata è intrigante, ma ci sono tante pagine inutili. Mi era piaciuta molto la storia d'amore fra Neve e Andreas, ma quella frai Manuel ed Edith un po' di meno. Comunque, è un buon libro per gli amanti delle storie romantiche.
La trama è indubbiamente intrigante, con qualche pecca nel tratteggio dei personaggi secondari e qualche pagina un po' troppo insistita sulle angherie che la protagonista subisce in famiglia. Non c'è dubbio che sia fondamentale descriverle, perchè importanti per la stessa evoluzione caratteriale della protagonista , ma secondo me c'è un indugiare un po' troppo insistito, quasi a cercare la reazione inorridita di chi legge. La scrittura, dopo un inizio debole, riprende ritmo e riesce bene a catturare il lettore. Avrei comunque tagliato, verso la seconda metà, un po' di pagine ripetitive .
Recensioni
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Niente periferie, stavolta. Niente spaccati metropolitani, la specialità dell’autrice, ma la natura incontaminata di un’isola tirrenica (l’immaginaria Novembre) negli anni Cinquanta, e poi oltre, con un salto temporale che porta la scena a mezzo secolo dopo. Due storie in cui amore, musica e ossessioni s’intrecciano e in cui la prolifica Valentina D’Urbano mostra di muoversi con disinvoltura. Isola di neve (512 pagine, 19,90 euro) è l’ultima creatura della romana D’Urbano, che non sfigura al cospetto delle sue più felici, anzi dimostra che può percorrere altre strade rispetto a certi schemi consolidati.
Due coppie sono protagoniste del romanzo. Ai primi degli anni Cinquanta Neve e Andreas. Neve – bionda, diversa da tutti – è una ragazza affascinante e incompresa, che fatica in mare come gli uomini, pur di contribuire al sostentamento della sua famiglia numerosa. Andreas, reduce dai bombardamenti di Dresda, è un violinista tedesco rinchiuso nel carcere dell’isolotto di Santa Brigida, “gemello” di Novembre. Nel 2004 Manuel che ha lasciato per Roma, per ritrovare le origini nell’isola dei nonni Livia e Libero, e sfuggire a certi demoni (l’alcol), ed Edith, altra musicista, carica di piercing, che vuol mettersi sulle tracce del mistero di Andreas von Berger, giovane detenuto decenni prima a Santa Brigida, a caccia di una sua partitura e di uno strumento prezioso che gli sarebbe appartenuto. Errori da pagare, dolori con cui fare i conti, il passato di ognuno non farà sconti. Con qualche atmosfera gotica che, nella produzione di Valentina D’Urbano, va rintracciata in precedenza nel romanzo Acquanera.
L’intreccio di presente e passato, il mistero da svelare, la figura di Neve, splendida e selvaggia, vittima del padre manesco, e poi amante segreta del prigioniero colto e sensibile, sono le pietanze più saporite del menu di Valentina D’Urbano, che mostra di scrivere con grande naturalezza, con la sua prosa senza orpelli, con un’orchestrazione abile delle pagine e dei salti temporali, con una sapiente immedesimazione in personaggi che oscillano fra infelicità e imperfezione e sono resi nelle loro sfumature più recondite, nei loro contrasti più accesi. Come per altri suoi romanzi, D’Urbano sa come trascinare via con sé chi legge e, stavolta, complici le verità a lungo taciute e le storie antiche di cui il romanzo è colmo, lo mette anche di fronte a un gran finale, in cui convergono i destini di Neve, Andreas, Edith e Manuel. A loro modo, memorabili e romantici, come gli scorci insulari inesistenti, che non si possono rintracciare in nessuna mappa, eppure vivono e rivivono.
Recensione di Arturo Bollino
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