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Lo sviluppo delle tendenze globalizzanti legate al diffondersi, su scala mondiale, dell'economia di mercato e della tecnologia, ha radicalmente ridotto le funzioni delle istituzioni politiche tradizionali e, nello stesso tempo, ha consentito più ampi spazi per l'affermarsi di forme di particolarismo. Da questo processo di trasformazione è emerso un profondo disorientamento circa le radici della solidarietà sociale: da un lato, sono venute accentuandosi le differenziazioni legate al sesso, all'età, alla provenienza etnica; dall'altro, stiamo assistendo al risorgere di nuove forme di integralismo religioso e nazionalistico.Tanto il fondamentalismo quanto il relativismo, derivanti entrambi dalla priorità tradizionalmente attribuita nella cultura occidentale alla dimensione cognitiva, danno risposte inadeguate al problema di ritrovare nuove basi della convivenza civile: da qui la proposta di ripensare tali basi a partire dal riconoscimento della priorità dell'esistenza, in quanto situazione comune caratterizzata da esperienze universalmente condivise (angoscia, gioia, desiderio, morte) e dai limiti radicali del nostro sapere. L'attenzione all'esistenza, analizzata da Crespi nelle sue dimensioni essenziali, apre nuove possibilità per il riconoscimento sia delle differenze individuali, sia dei vincoli che, a livello mondiale, ci uniscono ai nostri simili. Imparare ad esistere vuol dire quindi liberarsi dalle proiezioni illusorie, per impegnarsi concretamente in una autorealizzazione personale che è anche intimamente connessa con la responsabilità sociale.
recensione di Sciolla, L., L'Indice 1995, n. 9
I libri di Franco Crespi sono sempre un luogo di incontro tra sociologia e filosofia, dove la consapevolezza sui presupposti epistemologici della prima rappresenta un elemento costante. Basti pensare ai suoi ultimi lavori "Azione sociale e potere" e "Evento e struttura" (Il Mulino, 1989 e 1993). "Imparare ad esistere" fa ampio ricorso alle categorie elaborate in questi e altri testi dove l'autore propone una propria originale prospettiva teorica che ritiene di superare i limiti dell'attuale sociologia dell'azione avvalendosi dei contributi della fenomenologia e dell'ermeneutica (da Husserl e Heidegger fino a Gadamer e a Ricoeur). La centralità dell'esperienza vissuta, l'accento sugli aspetti precategoriali dell'agire, la differenza tra significato inteso come forma oggettivata di rappresentazione e senso inteso come dimensione preriflessiva del vissuto sono altrettanti concetti che Crespi "travasa" in questo piccolo volume, forse meno impegnativo dei precedenti sul piano teorico, ma non meno ambizioso in quanto si snoda sul difficile piano dell'etica e della pratica di vita e si rivolge idealmente non solo - e non tanto - ai lettori specializzati, quanto al lettore "generico" e a chiunque si trovi spaesato, incerto rispetto al proprio stare nel mondo e nella società, che è come dire a tutti coloro cui è toccato di vivere in quella sorta di "caleidoscopio" sempre cangiante della società postmoderna.
Il punto di avvio del volume è proprio un'analisi sociologica della situazione culturale delle società attuali strette tra processi di globalizzazione e chiusure particolaristiche. Caduto l'ottimismo di un progresso lineare, messa m crisi la concezione teleologica della storia, molti sociologi - e Crespi è tra questi - sottolineano gli effetti dissociativi della modernizzazione. Il declino dei vincoli comunitari, l'esperienza generalizzata dello sradicamento, già indicata all'inizio del secolo da Max Weber come elemento caratterizzante la modernità, non è più vista solo dal lato positivo della crescita di sentimenti cosmopoliti, ma nei suoi esiti di frammentazione di indebolimento dell'identità personale, di incertezza cronica e di ricerca affannosa di radici, terreno fertile per il sorgere dei nuovi fondamentalismi. L'obiettivo dichiarato è quello di trovare una nuova base generale di orientamento che, rispettando le tendenze pluralistiche proprie delle nostre società e senza cadere nel fondamentalismo, costituisca un nuovo orizzonte su cui costruire la solidarietà sociale". A questo punto la sociologia, esaurito il suo compito descrittivo, cede il passo alla filosofia che, riconosciuti i limiti di una posizione relativista radicale, individua questo comune orizzonte non nella dimensione cognitiva della ragione, ma nella nostra appartenenza a una comune situazione esistenziale.
L'esortazione contenuta nel titolo "imparare ad esistere" non introduce n‚ a una precettistica moraleggiante n‚ a un manuale delle buone maniere, del buon vivere in società. Non si tratta, insomma, dell'invito al conformismo implicito nel più comune e facilmente accessibile "imparare a vivere". L'attenzione all'esistenza ci riporta al contrario alla dimensione riflessiva dell'ex-sistere, che significa stare fuori dall'immediatezza, riflettere su se stessi e sulla propria condizione nel mondo. È questo un compito tutt'altro che semplice, perché si tratta di esporsi fino in fondo agli aspetti rischiosi dell'esistenza, non sfuggire ma aprirsi alle possibilità che sono in noi, riconoscere i limiti della nostra conoscenza, rompere le difese che fin da bambini ci hanno protetto da quelle emozioni fondamentali che Crespi, seguendo Heidegger, individua nell'angoscia, nello spaesamento, nella paura e nella colpa. Imparare ad esistere significa anche indirizzare le energie così liberate verso l'esplorazione di altre esperienze, ritrovando la semplice "gioia di esserci" e, soprattutto, la "capacità di provare meraviglia".
Ma imparare a convivere con il dubbio, con l'incertezza, con il riconoscimento dei propri limiti assomiglia molto alla saggezza, virtù individuale, assai rara e difficile da realizzare tanto più se, come ci dice Crespi, si configura in modo contraddittorio "come capacità pratica di vivere, al tempo stesso, l'impegno appassionato nelle cose dell'esistenza e il distacco da esse". Resta non pienamente sviluppato nel discorso di Franco Crespi come un'etica soggettiva dell'autenticità possa creare quei vincoli collettivi e quei legami intersoggettivi forti che siano in grado di costituire i fondamenti di una nuova solidarietà sociale. La fratellanza, che era già la spina nel fianco dei modelli universalistici di tipo razionalistico, rimane un problema non del tutto risolto anche nell'etica esistenziale proposta da Crespi. Ciò nulla toglie alla validità e concretezza del messaggio di fondo di "Imparare ad esistere": la rinuncia a possedere il monopolio della verità e l'accettazione delle contraddizioni e dei conflitti rappresentano degli efficaci antidoti all'intolleranza e degli ingredienti ineliminabili di una convivenza civile.
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