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Claudia Bianchi mostra che il linguaggio è lo strumento chiave che plasma le nostre identità sociali, crea e rinforza le asimmetrie e le ingiustizie sociali, diffonde e legittima i pregiudizi e la discriminazione, fomenta l’odio e la violenza.
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In questo libro di grande interesse e attualità Claudia Bianchi ci accompagna a scoprire le teorie di Austin e le sue applicazioni più recenti allo scottante tema del linguaggio d'odio. L'intento del libro è fornire una base teorica e filosofica solida utile a smascherare e contrastare le ingiustizie che avvengono nel parlare. Di tali distorsioni e usi iniqui talvolta non ci rendiamo conto, a causa di uno sfondo sociale e culturale che li legittima in forza di pregiudizi e credenze strutturali. Tuttavia i sempre più rapidi cambiamenti nella società ci stanno rendendo più sensibili a rivedere le espressioni che usiamo quotidianamente o che lasciamo correre anche se non approviamo del tutto. L'uso di un certo tipo di linguaggio sui social è oggi un'emergenza. Il volume tratta nello specifico un certo tipo di pornografia - esaminandola come atto linguistico che sancisce la subordinazione delle donne e le riduce al silenzio - e gli epiteti denigratori - espressione offensive rivolte contro gruppi minoritari percepiti come diversi e spaventosi. Tali fenomeni si basano su una struttura sociale e culturale non sana (anche se il testo non si sofferma su questo, che è un tema che esula dalla linguistica). L'ultimo capitolo è un invito a prendere posizione, perché il silenzio è complicità e legittimazione, ma anche a prendere coscienza che noi per primi, se siamo in una posizione di privilegio, abbiamo bisogno di prenderci cura del nostro linguaggio e delle nostre pratiche quotidiane.
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