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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2022
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In “Il grido del gatto” Sergio Saggese riesce a scavare in profondità nell'anima dei personaggi e a metterne in luce le cose belle e le cose mostruose che sovente l'inconscio copre pietosamente. Lo fa senza giri di concetti, senza falsi e melensi e ipocriti stereotipi di buon costume, ma va diretto al nocciolo senza pietà. E’ sconvolgente, come sconvolgenti sono i personaggi, presi e fotografati in una realtà dura e oscura, maligna, ma tremendamente sincera. Ed è questa, tra l'altro, una delle maggiori caratteristiche di un buon libro di narrativa, io credo. Appassiona la storia di Flavio, il figlio, ma ancor di più la "retrostoria" del padre, disseminata ai margini delle pagine di tanti libri, una vita distrutta e suddivisa in tanti pezzi-pagine, come un mostruoso gigantesco puzzle che mai si ricomporrà. E’ un libro aspro per i suoi contenuti, ma per questo affascinante e intrigante; un libro che si lascia leggere senza interruzioni.
Il personaggio centrale del libro è Flavio, l’io narrante, con una storia familiare molto particolare che lo rende emotivamente tormentato. Soffre di coliche “coliche atroci, come se le emozioni deviassero negli intestini per essere digerite. E’ questo che in fondo faccio, digerisco i sentimenti”. Una delle principali preoccupazioni di Flavio è quella di ricostruire la storia di suo padre, morto suicida quando lui aveva 17 anni, attraverso delle annotazioni che questi lasciava sui libri, ai margini delle pagine. E infatti, uno degli spunti narrativi più intriganti del libro è proprio la ricerca e la ricomposizione di questa biblioteca andata dispersa dopo la morte del padre. Tracce, più o meno labili, di un’autobiografia che sembrano voler andare a comporre un romanzo. Un’autobiografia affidata ad altri libri, quasi questi fossero l’unico rifugio della vita. Forse di più, visto che per Flavio la ricerca dei libri ne coinvolge il fruscio, l’odore, la consistenza, come fossero oggetti vivi, non certo inanimati. Oltre alla famiglia si muove intorno a Flavio un piccolo gruppo di amici (Tiziano, Ele, Maria), con ognuno dei quali il protagonista interagisce in maniera diversa evidenziando, così, aspetti particolari del suo e del loro carattere. Si và dalla rivalità risentita con Tiziano, amico saccente e “citazionista”, all’attrazione per Ele (condivisa con lo stesso Tiziano) che avrà sviluppi importanti e drammatici nel corso della storia. L’idea portante de “Il grido del gatto” la troviamo in una battuta (pag. 81): “La vita trasmessa come malattia”, che ci rimanda a Cesare Pavese e alla sua “Malattia di vivere”. E’ un sentimento sottile, questo, che percorre tutto il testo e potrebbe esserne la chiave di lettura, la cui metafora è proprio nelle coliche che affliggono il protagonista. Il tutto è sostenuto da una scrittura asciutta ed essenziale, con poche o nulle ridondanze letterarie. Che, tra le tante qualità del libro, non è da ritenersi certo secondaria.
una storia attuale, in una napoli attuale, ma resa fantastica dal filo conduttore cioè la ricerca dei testi su cui il padre del protagonista ha apposto appunti tali da permettere al figlio di ricostruire una parte della loro vita. Sergio Saggese scrive in maniera tale da consentire al lettore di visualizzare le situazioni narrate, anche quando sono violente e cruenti in modo da lasciare un segno. Ogni personaggio è creato ad arte. Un libro che va letto ed io sono contenta di averlo letto, lo consglio a tutti.
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