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Un libro accessibile a tutti ,senz'altro troppo ripetitivo e pedante ,ma estremamente chiaro.
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scheda di Turroni, G., L'Indice 1998, n. 2
Che cos'è il fondamentalismo? Quali sono le cause che ne hanno determinato la diffusione all'interno delle principali religioni mondiali? L'interpretazione di Bassam Tibi è il frutto maturo di un lavoro che ha combinato l'analisi, il confronto con studiosi di altre discipline e di altre culture e la ricerca sul campo. "Il fondamentalismo religioso" è il primo libro tradotto in italiano di uno tra i più importanti studiosi contemporanei di politica araba e islamica; di origine siriana, Tibi ha completato la sua formazione scientifica in Germania. Professore di relazioni internazionali all'Università di Göttingen, Tibi ha partecipato tra il 1989 e il 1993 al Fundamentalism Project dell'American Academy of Arts and Sciences, cui hanno contribuito centocinquanta studiosi, rappresentanti quasi tutte le branche delle scienze umane e appartenenti alle principali fedi religiose. Il libro in questione è dunque il punto di approdo non solo delle ricerche - pubblicate in tedesco e in inglese - di Tibi sul fondamentalismo, sulla questione del rapporto tra Islam e modernità e tra Islam e democrazia, sul problema dei diritti dell'uomo, ma anche del grande lavoro interdisciplinare e interculturale del Fundamentalism Project. Il fondamentalismo è definito da Tibi un'ideologia politica risultante dalla politicizzazione della religione; non si tratta dunque di una manifestazione religiosa, bensì di un uso della religione a fini politici. Tibi insiste sulla dimensione globale del fenomeno, che si manifesta nell'ambito delle principali religioni: l'Islam, il cristianesimo, l'ebraismo, l'induismo, il sikhismo. È proprio al fine di sottolineare il carattere globale del fenomeno che Tibi preferisce, per quanto riguarda la variante islamica, ricorrere all'espressione "fondamentalismo islamico" e non al termine "islamismo" (più usato in area francofona); con il termine islamismo si corre infatti il rischio di considerare il fenomeno come fosse una manifestazione peculiare dell'Islam. Mi pare in effetti che il termine più appropriato per indicare i seguaci dell'Islam politico sia "fondamentalisti", che è la traduzione letterale del termine arabo "usûliyyûn* (da "aslun*, che significa appunto "fondamento", "base", "radice" grammaticale); mentre il termine "islâmiyyûn* indica in modo generico i musulmani, ed è usato dai fondamentalisti stessi per autodefinirsi, oltre che da chi vuole parlare del fenomeno usando un termine meno forte del primo. Per Tibi il fondamentalismo è una risposta alla crisi di senso che attraversa la nostra epoca. Tuttavia non si tratta né di un'ortodossia, né di un tradizionalismo: il fondamentalismo è un prodotto della modernità che si rivolge contro di essa. L'ideologia fondamentalista è antitetica alla democrazia moderna: è "una variante storico-temporale di un totalitarismo permeato dalla modernità", "un neo-assolutismo". In quanto avversari dello Stato nazionale laico, che ha un'origine occidentale, i fondamentalismi presenti nelle società non-occidentali sono sostanzialmente anti-occidentali. Questo fattore, unito al carattere olistico dei fondamentalismi - che danno la priorità alle singole comunità, definite come civiltà - determina quella che Tibi chiama la guerra fra civiltà (che è anche il titolo di un suo volume pubblicato in Germania nel 1995). Per Tibi è indispensabile che le democrazie liberali occidentali prendano coscienza dell'importanza del fenomeno e che imparino a difendersi utilizzando gli strumenti in loro possesso. In particolare, di fronte alla diffusione del fondamentalismo al loro interno, Tibi suggerisce - contro il multiculturalismo e in particolare contro le tesi di Charles Taylor - la strada dell'integrazione dei singoli immigrati, in quanto individui e non in quanto collettività. La difficoltà sta nello stabilire quali debbano essere i limiti della tolleranza e su questo punto Tibi aderisce alla posizione di Habermas, secondo cui "il fondamentalismo che conduce ad una prassi di intolleranza è incompatibile con lo stato di diritto".
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