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Schiacciati tra le grandi metafisiche secentesche e l'Illuminismo vero e proprio, i primi decenni del Settecento sono a lungo sembrati una terra di nessuno, una sorta di buco nero in cui si consumava il lutto delle grandi personalità del passato, in attesa dell'emergere di quelle future. Eppure, fin dall'inizio del Novecento alcuni studiosi avevano segnalato la presenza di innumerevoli trattati filosofici, accomunati dalla caratteristica di essere rimasti manoscritti per molto tempo e di aver avuto quindi una circolazione clandestina. Solo a partire dagli anni settanta-ottanta, però, è stata prestata un'attenzione crescente a questi oggetti storiografici, affrontandoli con metodologie molto differenziate, dall'analisi storico-filosofica a quella linguistico-letteraria, dalla storia del libro alla storia della produzione e della diffusione della cultura.
La letteratura filosofica clandestina è così apparsa come un laboratorio in cui alcune grandi tradizioni filosofiche del passato, remoto o recentissimo, vengono filtrate e rilanciate verso l'Illuminismo maturo. Gianni Paganini, tra i primi a occuparsi di questi temi, dimostra efficacemente che ormai l'immagine stessa delle Lumières cambia a seconda delle letture date a questo fenomeno. La sua introduzione, oltre a fornire limpide analisi di alcuni tra i più significativi trattati clandestini, persegue il triplice obiettivo di indicare quali elementi permettono di distinguere la letteratura clandestina propriamente filosofica dall'enorme massa di scritti che hanno circolazione manoscritta, perché sottoposti a censura e persecuzione tra Sei e Settecento; di delineare una periodizzazione in grado di far apprezzare le evoluzioni e i momenti di svolta di questo fenomeno; di disegnare la topografia di un universo estremamente complesso e composito.
Inizialmente legati a tematiche proprie del libertinismo, i trattati filosofici clandestini abbandonano ben presto questa impostazione grazie alla scelta di rompere l'isolamento del saggio: emerge così il progetto di educare l'umanità alle verità della filosofia, il che costituisce un legame indubbio con l'Illuminismo. Anche lo scetticismo acquista valenze differenti e perde ogni connotazione fideista, finendo per diventare un'arma usata per contestare e decostruire le credenze religiose; esso cede poi il passo a una forma di monismo di volta in volta tendente più al panteismo o al materialismo, ma sempre estremamente dogmatico. Le grandi filosofie del Seicento vengono infine rielaborate e spesso stravolte per far svolgere loro un ruolo nella critica delle religioni o nell'elaborazione di immagini del mondo spesso tinte di materialismi sorprendenti: accade a Spinoza e a Malebranche, ma anche a Hobbes e a Locke.
Ricco di spunti e di analisi anche di dettaglio, senza però risultare dispersivo, il libro di Paganini ci restituisce in tutta la sua complessità un mondo cui gli illuministi attingeranno a piene mani per le loro campagne intellettuali e di stampa, senza peritarsi di manipolarlo a loro piacimento.
Antonella Del Prete
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