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Tre semestri di astronomia a Lipsia convinsero Husserl che erano la mate-matica e la filosofia a interessarlo davvero, così nel 1878 pas-sò a Berlino, uno dei poli della matematica del tempo, e lì per sei semestri non perse un corso del "suo grande maestro" Carl Weierstrass, affascinato dai "suoi sforzi di trasformare in una teoria puramente razionale l'analisi che era un gran miscuglio di pensiero razionale e d'istinto e sensibilità ir-ra-zionali" e maturando "l'interesse per una fondazione radicale della matematica". Dopo il dottorato matematico a Vienna e un altro semestre a Berlino come "assistente privato"di Weierstrass, seguì a Vienna le lezioni di Franz Brentano le quali, mostrandogli "che anche la filosofia è un campo di lavoro serio e che anch'essa può essere trattata nello spirito della scienza più rigorosa" conforme "all'ethos dell'impegno scientifico" trasmessogli da Weierstrass, "diedero il colpo decisivo" per la scelta della professione futura. Per abilitarsi in filosofia andò così a Halle, da Carl Stumpf, cui Brentano lo presentò come "un matematico, da qualche anno appas-sio-nato uditore di filosofia".
Il titolo di una tesi difesa per la Nostrifikation a Halle del dottorato viennese - "In senso proprio, difficilmente si può contare oltre il tre" - racchiude emblematicamente i temi della sua riflessione. Dalla constatazione scaturiscono infatti due problemi: in che consistono l'essere un numero come il tre e il "contare in senso proprio"? dato che l'aritmetica si muove ben oltre quel limite, cosa si fa quando la si pratica?
Al primo dedicò il saggio Sul concetto di numero: ana-lisi psicologiche (1887) con cui conseguì l'abilitazione e che trasformò poi senza grandi modifiche, con il titolo I concetti propri di molteplicità, unità e numero cardinale, nella prima parte della Filosofia dell'arit-me-tica. Nella seconda parte, affrontò invece, sotto il titolo I concetti simbolici dei numeri cardinali e le fonti logiche dell'aritmetica car-dinale, l'altro problema, intendendo completarne la discussione in un nuovo volume. Riedita da Lothar Eley nel XII volume della Husserliana, comprendente anche il saggio del 1887 e spezzoni del secondo volume mai finito, l'opera esce ora finalmente in italiano, a cura di Giovanni Leghissa.
La trattazione poggia sulla distinzione brentaniana fra rappresentazioni o concetti "propri", il cui contenuto è colto nell'immediatezza di un'intuizione, e "impropri" o "simbolici", il cui contenuto è invece dominato solo tramite "segni che lo caratterizzano univocamente". La chiarificazione dei concetti di molteplicità, unità e numero (cardinale) coinvolti nella definizione euclidea - "numero è molteplicità di unità" - è perseguita in un'ottica che alle tradizionali dimensioni dei concetti - estensione e contenuto, inteso ambiguamente, secondo l'uso dei brentaniani, come og-getto intenzionato e come complesso delle note costitutive - ne aggiunge una terza: lÆorigine. Infatti, nell'impossibilità di dare di con-cet-ti così basilari un'autentica defini-zio-ne, li si potrà caratterizzare solo esplicitando i processi psicologici attraverso cui si costituiscono; così l'indagine husserliana si concentra su questi e nell'analisi dell'origine del concetto di molteplicità assegna un ruolo essenziale all'operazione del "colle-ga-men-to collettivo" che, prescindendo dalla natura, ma salvaguardando l'individualità dei contenuti cui si dirige l'attenzione, li unifica in un tutto; il legame così istituito è peraltro interno alla coscienza e, di principio, senza riscontro in relazioni fra i contenuti.
Accertato che "le attività fondamentali che esercitiamo con tutti i numeri e solo grazie alle quali possiamo formare nuovi numeri da numeri dati sono lÆaddizione e la partizione ", si vede che "non può corrispondere al vero che ogni operare aritmetico sia un operare effettivo con numeri e su numeri"; le opera-zio--ni dellÆaritmetica sono "simbolizzazioni indirette di numeri, che caratterizzano questi numeri sempli-ce-mente con delle relazioni, anziché costruirli operativamente". Quanto all'origine di questi concetti simbolici, il ruolo privilegiato assunto dal "collegamento collettivo" nella spiegazione dell'apprensione propria delle molteplicità, è qui svolto dal "momento figurale", un tratto che, senza passare per l'individuazione dei singoli enti, ci fa cogliere immediatamente la natura "aggregativa" del nostro oggetto. Importante per l'analisi del "concetto simbolico" di numero è la discussione dei sistemi di rap-pre-sentazione dei numeri in una data base dove però si respinge l'idea che "il sistema numerico sia solo un mezzo per la nomenclatura sistematica dei numeri natu-rali mirata a risparmiare segni". È infatti viva in lui, malgrado le difficoltà incontrate dal suo apparato con-cettuale a chiarire la cosa, la convinzione, ribadita nellÆAutorecensione, dell'esistenza di "uno stretto paralle-lismo fra concetti e segni, fra le regole di composizione dei concetti in giudizi e le regole di composizione dei segni in formule".
Di quest'opera Frege fece una celebre re-cen-sione, cui si è a lungo attribuito un ruolo decisivo nella "conversione antipsicologistica" di Husserl. Di certo, essa ha fatto sì che l'opera sia ri-ma-sta, ingiustamente, fuori dalle letture di logici e filosofi della matematica. Nell'ambito degli studi husserliani l'opera ha invece conosciuto, dopo un periodo di sostanziale oblio, una graduale ripresa d'inte-res-se, alimentata da due in-ten-ti diversi, ancorché spesso confluenti. Uno più apo-lo-ge-tico: mostrare come lo psicologismo presente nella Filosofia dell'aritmetica sia meno rozzo di quello fatto a pezzi dallo stesso Husserl nei Prolegome-ni alle Ricerche logiche; l'altro, più storio-gra-fico: vedere quanto delle idee "fenomenologiche" sia qui già presente. Dei risultati così ottenuti dà adeguato conto l'introduzione di Leghissa significativamente intitolata: Alle origini del "vedere fenomenologico".
La prospettiva fissata dall'evoluzione del pensiero husserliano preclude però l'apprezzamento della più vasta valenza di quest'opera, scritta da un matematico vissuto per anni in uno degli ambienti più vivi, che vedeva nel modus philosophandi brentaniano lo strumento concettuale per articolare e rispondere alle domande là circolanti. Per esempio, nella seconda parte Husserl affronta di fatto un aspetto del problema che almeno da Leibniz in poi ser-peg-giava nel mondo matematico ed era legato agli sviluppi del simbolismo, che dalle origina-rie finalità di ausilio notazionale si era sì trasformato "in una leva - come aveva detto Gauss - per cui le argomen-tazioni più complicate vengono ridotte a un certo meccanismo", ma, come lo stesso Gauss aveva rilevato, tendeva spesso ad "autonomizzarsi", attribuendosi un "carattere di universalità" che non gli com-pe-teva. Pochi anni prima di Husserl, per esempio, Jevons (ben noto a Husserl) aveva sostenuto con forza, contro l'opinione di Boole, che ogni passaggio calcolistico doveva potersi riempire conte-nu-tisticamente. Ma cosa pote-va significare questo, stante l'ovvia impossibilità di pensare quei contenuti come "concetti propri"?
Nell'indagine sul-l'aritmetica formale, poi, Husserl si interroga, per esempio, sulla natura dell'esecuzione di un computo numerico e sulla possibilità di circoscrivere la totalità delle possibili presentazioni dei numeri giungendo a risultati sorprendenti: identifica il computo con il "ridurre" il co-strut-to sim-bolico complesso risultante dalla composizione delle operazioni alla notazione "sistematica" equi-va-len-te, pensata come "forma normale" del costrutto; eleva la seconda a "primo compito fon-damentale dell'aritmetica" avvicinandosi, trattandola, al concetto che negli anni trenta verrà elaborato come funzione ricorsiva parziale. L'opera ci appare così anche come la prima manifestazione dello strano destino di Husserl nelle vicende logiche e filosofico-matematiche: l'essersi impegnato in que-stio-ni finite nel fuoco dell'attenzione della comunità dei ricercatori solo decenni più tardi e indipendentemente da lui. Altro esempio: l'individuazione della struttura bifronte della logica - dimensione linguistica da un lato, ontologica dall'altro - e della sua articolazione sui tre livelli - analisi categoriale, studio delle leggi che governano tali categorie, teorie e loro modelli - presentata nei Prolegomeni, che, estranea al pensiero di contemporanei come Frege, Peano o Russell, diverrà la visione standard negli anni venti e trenta. Ancora: l'uso, nella Terza Ricerca, di concettualizzazioni di tipo topologico che troveranno la loro esplicitazione matematica negli anni venti e interesseranno i "mereo-lo-gi" dagli anni ottanta.
Premesso che il testo è spesso di difficile resa - le costruzioni a senso si sprecano - e che mancano versioni inglesi o francesi cui ricorrere per aiuto, la traduzione è apprezzabile. Non manca qualche infelice scelta termino-lo-gi-ca - come tradurre Operationsverknüpfung con "congiun-zio-ne fra operazioni" anziché con "com-posizione di operazioni" - né qualche fraintendimento; per esempio, al posto di "avremmo allora già dovuto parlare di calcolo in riferimento alla riunificazione dei numeri due e tre nel cinque sulla base della rap-pre-sen-tazione propria dei concetti ", si trova "avremmo allora già dovuto par-lare di calcolo in rife-ri-mento alla riuni-ficazione dei numeri due e tre nel cinque , a causa della rappresenta-zione propria dei concetti stessi "; poco sopra, al posto di "quando si parla di particolari qualità di singoli numeri (...) si tratta sempre di carat-te-ristiche che spettano loro in base a certe relazioni che li collegano con altri numeri singoli o con intere classi di questi ", si trova "quando si parla di particolari qualità intrinseche di singoli numeri (...) si tratta sempre di caratteristiche che spettano loro a causa di certe relazioni che sono collegate a classi di altri numeri intere o parziali ". Tuttavia, lo ribadiamo, il risultato è nel complesso buono.
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