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La figlia che non piange - Francesco Scarabicchi - copertina
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figlia che non piange

Descrizione


«Sarò puntuale quando sarai notte, starò dalla tua parte a ravvisarti gli anni di molte insonnie e passi calmi. Avrò quel viso che non so di avere, dirò parole appena per fermarti sull'unico confine che scompare.»

«In controcorrente rispetto alla media, questa poesia ci ricorda che per dire il mondo è, in certo senso, necessario il poco. Scrivere versi resta un'arte in levare, cui collaborano "il garbo e la misura"» – Massimo Natale, Alias - Il Manifesto

Scarabicchi è morto nell'aprile del 2021 e questo libro esce purtroppo postumo. È uno dei suoi piú belli, senz'altro il piú commovente. Queste sue ultime poesie vanno alla ricerca dei sogni, delle cose, delle idee avute e scomparse nel corso degli anni («Si decida il contabile del tempo | a restituirci gli anni non vissuti»). Con uno sguardo al mondo che andrà avanti, alle generazioni che, come sempre, si succedono alle precedenti. Il lirismo sommesso ed essenziale tipico del poeta marchigiano è qui al servizio di un libro testamentario in cui il poeta fa pacatamente i conti con la fine della vita, avvertita ormai come imminente. Senza mai indulgere al pathos, attenendosi a quella sobrietà linguistica, a quel «monachesimo lessicale», come scrisse Enrico Testa, che chi ha letto Il prato bianco e gli altri suoi non numerosi libri ha imparato a intepretare come indicazione etica non meno che come scelta stilistica. Con una Notizia bio-bibliografica di Massimo Raffaeli.

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Dettagli

2021
19 ottobre 2021
160 p., Brossura
9788806247997

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alida airaghi
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Il libro purtroppo postumo del poeta marchigiano

Libro malinconicamente teso nella consapevolezza di una fine ormai prossima, ma nello stesso tempo proteso generosamente verso un futuro che non riguarderà chi l’ha scritto, ma tutti gli altri: i cari più amati, gli amici degli anni giovani e i sodali del tempo più responsabile, i poeti letti, i pittori ammirati, ogni vivente che respira e si muove intorno, insieme alla solidità consolante e protettiva degli oggetti, delle case, dei paesaggi. Così si alternano considerazioni sul passato irrecuperabile, e su un domani riservato a chi sopravvivrà: “Si decida il contabile del tempo / a restituirci gli anni non vissuti”. Il “fugit hora” degli antichi è ripreso da Scarabicchi in classici endecasillabi: “ad ogni passo se ne vanno i giorni”, “Ah, il tempo che passa alle mie spalle, / sulle mie scarpe nuove, sulla pelle”, “Ore degli anni che ti lasci indietro, / minuti d’ogni epoca che è stata”. Ma non è l’unico argomento, lo scorrere dei giorni e l’avvicinarsi del tramonto, a essere affrontato dal poeta: ci sono versi civili, irosi contro un’Italia scaduta politicamente e socialmente, che fa rimpiangere “un sogno infranto, un’utopia perduta”. Anche le scelte formali sono varie, diversificandosi tra brevi prose ritmiche e serie di acrostici dedicati ai giorni della settimana. Ancora, altri distici riassumono specifici caratteri dei dodici mesi e delle stagioni, indicando quanto il tempo e la sua scansione cronologica siano un tema fondante di tutta la raccolta. La scelta del metro e del lessico, così piani e cantati, rientrano nella nostra più collaudata tradizione elegiaca, riecheggiante magari alcune atmosfere di Sandro Penna, ma volutamente straniate nella proposta di termini desueti, antichi. Sulle orme leopardiane, poi, silenzi, spazi infiniti, colline, orti, vento, luna, notti, sono un tacito e discreto invito alla meditazione, all’abbandono di sé per naufragare in più alti spazi: “Cala piano la sera e tutto intorno” …

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Francesco Scarabicchi

1951, Ancona

Francesco Sacrabicchi è nato ad Ancona nel 1951. Ha pubblicato, in versi, La porta murata (Residenza, Ancona 1982), con introduzione di Francesco Scataglini, Il viale d'inverno (L'obliquo, Brescia 1989), con postfazione di Massimo Raffaeli, Il prato bianco (L'obliquo, Brescia 1997) raccolti, in scelta, ne Il cancello 1980-1999 (peQuod, Ancona 2001), con una nota di Pier Vincenzo Mengaldo; Frammenti dei dodici mesi con quattordici fotografie di Giorgio Cutini e uno scritto di Goffredo Fofi (L'obliquo, Brescia 2010); Nevicata con venticinque acqueforti di Nicola Montanari (Liberilibri, Macerata 2013). Ha tradotto da Machado e da Lorca raccogliendo una selezione ne Gli istanti feriti (Università degli Studi, Ancona 2000) e in Taccuino spagnolo (L'obliquo, Brescia 2000).Si occupa...

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