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scheda di Politi, P., L'Indice 1993, n. 9
Il celebre modello "a cinque livelli e quattro filtri", che porta il nome di Goldberg e Huxley, viene di solito rappresentato con una serie di cerchi concentrici, che rappresentano la distribuzione dei disturbi psichici nella popolazione e il tipo di assistenza che tali disturbi ricevono. Poiché da tale rappresentazione emerge l'assoluta sproporzione fra quel che esiste e quel che viene riconosciuto, fra quanto è identificato e quanto risulta trattato, ne discende che il punto di vista degli psichiatri è uno dei meno adatti alla conoscenza della malattia mentale. Gli psichiatri, in altri termini, vengono a contatto con le patologie probabilmente più gravi, ma certo con quadri rari ed eccezionali. Sono i medici di base ad avere sulle spalle il gran carico della comprensione e del trattamento di quei disturbi emotivi che Goldberg e Huxley chiamano "comuni". Per l'inquadramento di tali disturbi, che si incontrano comunemente nella popolazione e che provocano comunque "un'interruzione del funzionamento normale", i due autori discutono i limiti di una modellizzazione "categoriale" e propongono i vantaggi di un modello "dimensionale" per le nevrosi, derivato empiricamente dai pazienti studiati. Poiché i disturbi emotivi comuni riconoscono in ansia e depressione le principali dimensioni sintomatologiche, Goldberg e Huxley coniugano le più recenti acquisizioni di psichiatria biologica in tema di ansia e depressione con gli studi di psichiatria sociale. Essi individuano tre tappe evolutive del disturbo emotivo comune: la "vulnerabilità" rispetto a uno stress ambientale, la "destabilizzazione" (ossia la manifestazione dei sintomi) e la "restituzione" (cioè la risoluzione di questi).
Le conseguenze di questo discorso, in termini di politica sanitaria appaiono piuttosto importanti: se l'analisi di Goldberg e Huxley si rivelasse corretta, la migliore politica sanitaria in tema di salute mentale diventerebbe lo sviluppo delle capacità dei medici di base nell'identificare e trattare i disturbi emotivi comuni. Il testo diventerà probabilmente ben presto una delle pietre miliari nel campo dell'epidemiologia psichiatrica. Certo, dispiace un po' vedere che in esso non venga fatto alcun tentativo per non perdere la dimensione relazionale, che tanta parte ha nel buon rapporto fra medico di base e assistito e che, scacciata dalla porta (il bio-sociale del titolo proviene, assai verosimilmente, dalla decurtazione di una dimensione bio-psico-sociale) rientra dalla finestra: allorché si definiscono, ad esempio, le caratteristiche dei medici più abili nell'identificare i disturbi emotivi come coloro che sono in possesso di qualità indubbiamente relazionali: contatto visivo, uso del linguaggio del paziente, disponibilità a considerare l'aspetto emotivo del discorso, capacità di contenimento.
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