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Se il contributo di Demetrio è maggiormente incentrato sull’analisi dello statuto e sulle specificità dell’educazione interculturale, quello della Favaro rappresenta la declinazione operativa dell’intercultura nella scuola italiana. Prima di addentrarsi negli argomenti, tuttavia, gli autori ritengono che sia necessario innanzitutto chiarire il significato dei prefissi inter-, trans- e multi-, che affollano il panorama degli studi sociologici, antropologici e pedagogici in riferimento alle modalità di considerare e gestire il pluralismo culturale. Certamente, una delle chiarificazioni migliori ha a che fare con l’adozione di procedure educative atte ad agevolare l’interazione di soggetti provenienti da mondi e culture diversi. È evidente che per addentrarsi in questo discorso occorre fare un lavoro epistemologico sul valore delle culture, sul relativismo dei valori, fino a costruire una vera e propria sensibilità relativistica, necessaria per accedere alla difesa del singolo, la quale viene poi percorsa attraverso due prospettive teoriche e pratiche molto interessanti: l’etnopsichiatria e la fenomenologia esistenziale, due correnti che confluiscono nel lavoro che Demetrio conduce presso la Libera Università dell’Autobiografia. Favaro, dal canto suo, coglie l’occasione per fare il quadro dell’importanza della scuola nell’avviare percorsi interculturali e, al tempo stesso, approfitta per chiarire che è proprio la scuola il luogo privilegiato che si presta a costruire la società interculturale, che è una società orientata da valori positivi, come la tolleranza, la solidarietà, l’incontro, il dialogo, la valorizzazione della diversità, e a prendere le distanze da aberrazioni, di cui pure l’essere umano è capace.
LA PEDAGOGIA DELL’IMMIGRAZIONE. Un approccio interculturale di LAURA TUSSI L’irruzione dell’altro, inteso come diverso e differente da un’identità già prestabilita, in un vissuto psicologico, rappresenta momenti, circostanze, condizioni che pongono prove collettive nelle varie modalità in cui si palesa l’immigrazione ed i fenomeni ad essa correlati, quali atteggiamenti diversi di fronte alla differente natura etnica dell’alterità. Nel fenomeno immigrazione scaturiscono molteplici fattori cognitivi quali pregiudizi relativi all’ambito della mentalità, dell’intelligenza, delle modalità affettive, le difese di tipo territoriale, come le minacce per l’ecosistema, per i nostri privilegi acquisiti come gruppo umano. Lo straniero è fonte di paura per la perdita dei nostri valori e rappresenta uno dei più grandi inviti all’autoeducazione, tramite la pedagogia interculturale che non esige solo integrazione assimilativa, ma il rispetto del principio di vita nelle diversità, nell’interazione che significa e comporta un riempirsi, rimescolandosi. I principi della pedagogia interculturale sono basati sull’incontro di tre soggettività, noi, loro e i loro figli. L’educatore autoctono è chiamato ad integrare l’arricchimento dei propri saperi e fonderli con l’alterità. L’obiettivo prioritario consiste nel costruire nella scuola e nella società le premesse psicologiche per l’affermazione di tendenze interculturali. La pedagogia esplora l’identità complessa dell’uomo moderno e proprio questo è l’atteggiamento interculturale, in cui il tempo è vissuto come contemporaneità di esperienze interagenti in una produzione interiore e casuale, in una concezione del tempo differente da quella canonica ossia comulativa, irreversibile e finalistica, in un contrapposto atteggiamento monoculturale. Lo spazio è un dato psicologico alla propria autonomia, rispetto a un punto di riferimento unico e immodificabile. L’identità è un processo in divenire dove continuità e discontinuità sono alternanti e aperti al cambiamento. LAURA TUSSI
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