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La storia è bella, perché no, e qualche passaggio da vero scrittore c'è. Per il resto però mi accodo a chi ha detto che è un libro prolisso e ripetitivo, e in qualche punto esplicitamente didascalico e descrittivo (in un aggettivo: pedante). Infatti, ho notato che un altro lettore dice di aver riassunto il testo al nipotino...
una fiaba per bambini e per adulti, un invito a riflettere. In uno stile semplice, lineare e senza troppe pretese, cn la ricerca di ripetizioni per meglio fissare i concetti, Amos Oz ci consegna una favola estremamente semplice in una sintassi sciolta e scorrevole che non ferma mai l'occhio. Una descrizione tanto scarna quanto pura ed apprezzabile, una morale efficace, una citica spietata verso i soprusi, che risula anche molto moderna se letta accostandola fose al bullismo. Un modo innopvativo di trattare l'argomento, forse un po' piazzante per la rapidità con cui tutto quanto accade. Non si indugia sui particolari, insomma, i corre in un tepo che è dilatato, in un villaggio dei sogni in cui manca solo la strega, con personaggi anomali e misteriosi, quali il demone del bosco. Mi attendevo sinceramente un finale diverso, non certo un finale aperto e sospeso quale è. Un libro ce consiglio di leggere per il messaggio che trasmette Non aspettatevi un libro serio o impegnato. Nello stile fiabesco più tipico, Oz non indugia sui particolari, corre e l' inchiostro diviene un fiume di parole. Carino, ma trppo troppo veloce!
Amo le fiabe, e quella copertina mi ha invitato ad entrare nel bosco. Poi...basta ! Tristezza e niente futuro e pure banale. Emozione, magia del racconto,fascino: Pinin Carpi: "Nel bosco del mistero" l'ho letto ai miei pargoli quindici anni fa e ancora ricordo i loro occhioni sgranati,il fiato sospeso ..."e poi "Il mare in fondo al bosco" "Cion cion blu". Tutto Pinin Carpi è magico,come le sue illustrazioni, magico per bambini e per adulti! Mi "duole il cuore" dar giudizi negativi però è così per me!Comunque rimane un buon libro per il Bookcrossing, visto che dai commenti a parecchi è piaciuto, spero che piaccia a chi lo trova! Oggi tornando a casa lo lascio alla fermata dell'autobus.
Recensioni
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«Tutto era cominciato tanti, tanti anni prima che i bambini del paese nascessero, in tempi in cui persino i loro genitori erano ancora piccoli. Nello spazio di una notte, una qualunque notte piovosa d’inverno, tutti gli animali erano spariti dal villaggio: bestiame e uccelli e pesci e insetti e rettili. L’indomani mattina in tutto il paese erano rimasti solo gli uomini, le donne e i loro figli.»
D’un tratto nel folto del bosco: il suono musicale di questa semplice frase ha il medesimo impatto semiologico e immaginifico del c’era una volta della nostra infanzia o era una notte buia e tempestosa, divulgata (ma non inventata) dalla velleità di scrittore di Snoopy che riparte sempre da lì con foglio bianco e macchina da scrivere. Un incipit perfetto, insomma, ma un incipit non è. È piuttosto il modo di Amos Oz per comunicare immediatamente il tipo di storia che ci troveremo a leggere: una favola intensa e un po’ inquietante scritta con la semplicità di un racconto per ragazzi da uno dei più difficili, complessi autori contemporanei.
Nel folto del bosco tutto può accadere: è il luogo del mistero per eccellenza, ma anche quello della fiaba, dove passano i lupi e le bambine incappucciate, le belle addormentate e i principi, Hansel e Gretel e la strega, Pollicino e l’orco. Bruno Bettelheim (Il mondo incantato è tuttora in commercio) e Vladimir Propp (Morfologia della fiaba) hanno dedicato molti saggi e ricerche alla comprensione del significato di questi luoghi simbolici.
Tuttavia a volte la letteratura riesce a spiegare come un saggio, seppur in mondo intuitivo e romantico, i medesimi meccanismi. È ciò che fa Amos Oz raccontando la favola di un luogo indefinito in cui, in un tempo ugualmente imprecisato, scompaiono gli animali, tutti: dagli insetti ai mammiferi. La nuova generazione di abitanti del paese non solo non conosce la forma o il verso di un qualsiasi animale, ma addirittura l’argomento è diventato tabù. Chi ricorda non vuole parlare e nessuno intende cedere alla nostalgia, al rimpianto, o analizzare il perché di un’assenza così prolungata e apparentemente inspiegabile.
La colpa di questa repentina e assoluta sparizione (si sono allontanati anche gli animali da cortile e i cani più affezionati ai propri padroni) viene attribuita a Nehi, il demone del bosco, una figura simbolica della cui esistenza sono certi solo alcuni. A lui la colpa, agli abitanti l’assoluzione. Fra tutti i bimbi del paese solamente due, Maya e Mati, si sentono attirati e affascinati dal bosco e arrivano ad addentrarsi nel folto dei rami, sempre più in là, alla ricerca di qualcosa che non sanno indicare esattamente a parole, ma che hanno inteso esistere. E tutta la seconda parte della storia è incentrata sulla ricerca e la scoperta della natura, del senso dell’esistenza in un mondo che appartiene a tutti gli esseri viventi, meritevoli del medesimo rispetto e di una pari considerazione, perché «la realtà non è soltanto quello che l’occhio vede e l’orecchio ode e la mano può toccare, bensì anche quello che sta nascosto alla vista e al tatto, e si svela ogni tanto, solo per un momento, a chi lo cerca con gli occhi della mente e a chi sa ascoltare e udire con le orecchie dell’animo e toccare con le dita del pensiero».
A cura di Wuz.it
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