Recita un antico proverbio cinese: "Quando pianti per un anno, pianta grano. Quando pianti per un decennio pianta alberi. Quando pianti per la vita, coltiva e educa persone". Il lungo termine, la cumulatività delle esperienze formative insieme alla loro direzionalità hanno tradizionalmente plasmato le pratiche educative. Ma la nostra epoca, segnata dall'egemonia del breve termine, dallo sgretolamento della durata e dal bisogno inarrestabile di novità, trasforma in modo radicale questo scenario. Nel secolo della velocità ogni cosa è valida solo "fino a nuovo avviso". Anche le pratiche educative finiscono per portare in profondità il segno di questi mutamenti. I colloqui tra Riccardo Mazzeo e Zygmunt Bauman in tema di educazione, intorno ai quali il libro prende forma, pongono questi processi al centro della riflessione, analizzandone le diverse declinazioni. Mentre si interrogano sulle loro conseguenze in rapporto al significato stesso di formazione riflettono sulle diseguaglianze sociali; sulle differenze e la comunicazione interculturale; sull'"indignazione" politica e la primavera araba; sul perverso modello di crescita economica in cui siamo immersi e sui saccheggi giovanili inglesi dell'estate 2011; sulla "glocalizzazione" e le sue conseguenze. In venti, brevi capitoli questi temi sono analizzati nel loro riferimento, diretto e indiretto, alle problematiche educative. L'ordine analitico è garantito dalla convinzione di fondo che guida le riflessioni di Bauman, sapientemente stimolate, nell'avvio di ogni nuovo colloquio/capitolo, dal suo interlocutore: in ultima analisi, se si ragiona di educazione, insieme al modo con cui i messaggi educativi sono trasmessi ciò che conta è soprattutto il contesto sociale al cui interno essi prendono forma. La cultura liquido-moderna che li avvolge e ci avvolge ha oggi sempre meno a che fare con l'impegno e sempre più con le discontinuità e la dimenticanza. Come conseguenza, anche le forme dell'apprendere sono destinate a mutare. Facendo riferimento al Gregory Bateson di Verso un'ecologia della mente (1972), Bauman porta la nostra attenzione sulla particolare sintonia fra l'apprendimento di carattere più elevato, il "terzo livello" di apprendimento, e il nostro spirito del tempo. Oggi, infatti, non si tratta più soltanto di "apprendere ad apprendere" (il deutero-apprendimento o apprendimento di secondo livello), una capacità grazie alle quali il soggetto del processo educativo è in grado di accostarsi in modo autonomo alle modificazioni delle conoscenze che via via si producono. Piuttosto, in una fase storica in cui i modelli di riferimento che hanno tradizionalmente orientato i saperi diventano obsoleti e le regole del gioco cambiano in corso d'opera, diventa sensato favorire modi radicalmente diversi di accostarsi ai processi educativi. Si tratta, ad esempio, di promuovere l'abilità dei discenti a non conformarsi, a innovare, a costruire cornici cognitive inedite, capaci di dare senso alle esperienze che si vanno accumulando, o anche, se necessario, a eliminare tout-court le cornici obsolete senza sostituirle. Potenzialmente, i modelli mentali devono potere essere rimessi in discussione in ogni momento. Bauman è netto al riguardo: l'insegnamento di queste abilità non deve essere considerato una distorsione del processo formativo (come lo stesso Bateson, solo qualche decennio fa, sembrava ritenere). Piuttosto, l'apprendimento di terzo livello si configura come viatico indispensabile per affrontare il paesaggio nebbioso al cui interno i giovani sono oggi costretti a muoversi. Il sistema educativo con cui essi si confrontano appare invece ancora sintonizzato su un mondo ormai in via di estinzione, e su forme di Bildung a quel mondo consonanti. In questo scenario, il rischio che le giovani generazioni corrono, non potendo disporre di strumenti di orientamento capaci di costruire una mappa adeguata del territorio sociale in cui si trovano a crescere, è di restare soffocate dalla fitta coltre di "nuovismi" incessantemente prodotti dal mercato dei consumi. Rendere intelligibile il contesto sociale (e, per ciò stesso, renderlo almeno in linea di principio, controllabile) implica dunque un'azione di contrasto del processo di crescente marginalizzazione, anche conoscitiva, a cui le giovani generazioni sembrano condannate. Nell'analisi di Bauman, questo è il senso della rivoluzione culturale a cui il sistema educativo è chiamato. Proprio perché le diseguaglianze crescono (di pari passo al "consumismo rampante"), il rischio di mobilità discendente dei giovani si fa più consistente e le loro aspettative verso il futuro decrescono, è necessario attingere alle risorse trasformative che il sistema educativo esistente pure possiede. Tanto è spietato nel mettere in luce le trappole sociali e culturali che l'attuale modello di crescita incessantemente produce, così il libro apre come sempre accade nel caso delle riflessioni di Bauman alla possibilità del cambiamento. Carmen Leccardi
Leggi di più
Leggi di meno