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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2010
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Ho letto la tua raccolta di poesie "CENERE E POLVERE", tutta d'un fiato. Mi è piaciuta. Sì, mi è piaciuta particolarmente perché mi ci rivedo col mio dolore, la mia sofferenza, la mia inquietudine. Dolore, malinconica dolcezza,disperazione, sensazioni contrastanti, emozioni profonde: tutto questo trapela dai tuoi versi. Quanto io sia vicino alla tua poetica, non puoi immaginare! Ad una poesia che nasce dal dolore, che nel dolore stesso trova la forza, il coraggio, il significato, il conforto; ad una poesia che, nella sofferenza dell'anima, nel ricordo che riaffiora ed insiste con una certa crudeltà nella memoria, trova nuovi stimoli per andare avanti ( " cerca lo spiraglio di paradiso, il tuo significato per andare avanti"). Ricorrente nei tuoi versi questo bisogno di luce, questa sete d'eterno. Si avverte quasi un dolore fisico leggendo i versi: " ma quel malessere ritorna/ora che non ci sei più?/ i giorni sereni son passati/ così come le nostre tenere notti d'estate", ed un'amara consapevolezza in " Correre", laddove dici: " sei sepolta nella mia memoria./Nessun ricordo o rimorso m'assale,/ tu no facevi parte del mio destino." E' evidente un senso di rassegnazione al dolore nei versi: " E per il timore di dover rivivere/in ogni momento/il tuo ricordo,/essere stroncato dall'assenza,/mi son gettato tra le fiamme/incenerendo la memoria". Così come è tangibile la disperazione in "La Croce", nei versi "ogni volta è la stessa agonia" "è un incubo senza fine", mentre si coglie un sottile filo di speranza in "Correre": " E sarà il sole a ridarci forza/il dolore verrà estirpato/e correremo su strade di luce/senza più strascicare." Come avremmo fatto, Marco, senza la poesia? Che vita avremmo vissuto.
Da quale abisso sale la sua turbata volontà di dire? A quale magma distilla la dura tenerezza della sua voce? - G.Tesio E' da qui che vorrei cominciare, dall'esplorazione degli abissi che TI hanno fatto rigettare con dura tenerezza l'esaltazione della morte del dolore e quindi della rinascita. La Fenice non e' mai esistita fisicamente, ma risiede nella mente e nel cuore degli uomini come contenuto simbolico e nella sua esistenza ciclica e nella sua capacita di rinascere dalle proprie ceneri, assume la dimensione dell'immortalità infatti nella tua opera l'immortalità secondo me assume un ruolo non del tutto marginale. Dal suo midollo poi rinasceva un'altra Fenice e tornava a vivere una nuova,lunghissima esistenza nutrendosi di perle di incenso e qui e' la Speranza che irrompe furiosa nei tuoi scritti ...E' cessato il tempo delle lacrime alzati da quel trono malinconico innalzati verso la luce,ci sarà una vita migliore..''? D'altra parte la poesia, a mio parere, e' sempre uno stato di anarchia, poiché latita una grande ribellione che percuote il linguaggio.. linguaggio che poi percosso nasce a nuova vita ma questa raccolta conserva comunque il respiro della morte, morte intesa come abbandono e assenza, delirio. E' palese l'esigenza di afferrare per poi distruggere, scomporre e quindi riforgiare il martirio/dolore e come l'Araba Fenice rinascere e mettersi in viaggio per Eliopoli. Interessanti anche gli accenni alchemici (Sull'oro e l'argento)e il ghiaccio e l'acciaio de La strada; un po' il caldo e il freddo, la luce e il buio, la vita e la morte il bisogno quindi di trovare sempre una correlatività e anche, forse, uno spasmodico bisogno di conquistare l'onniscienza. Inquietante e molto seduttiva Il Filo di Arianna; qualunque donna vorrebbe essere Arianna che, abbandonata da Teseo, trova riparo nelle braccia di Dionisio il quale gli dona la corona gemmata che porta sul capo ..e questo, Arianna lo sapeva, vale più di un giuramento.
Molto intenso!
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