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Questo libro è per chi ama rileggere i classici e vorrebbe perdersi negli sconfinati spazi della pianura americana (o nelle fotografie di Robert Adams), per chi desidera un cappello da cowboy anche se forse non lo indosserà mai, per chi nutre una sorta di fiducia razionale nel genere umano e crede che le verità gridate siano sempre meno vere di quelle suggerite con pudore.
«Abbiamo atteso a lungo di essere nuovamente invitati a Holt» – Washington post
«Meraviglioso... il mondo di Kent Haruf è popolato da individui la cui vita ordinaria assume i toni di epicità e di verità universale» – Sunday Times
«È dai tempi di Hemingway che l'America non ha un autore in grado di innescare una simile empatia con il lettore» – The Houston Chronicle
Nella cittadina di Holt, in Colorado, Dad Lewis affronta la sua ultima estate: la moglie Mary e la figlia Lorraine gli sono amorevolmente accanto, mentre gli amici si alternano nel dare omaggio a una figura rispettata della comunità. Ma nel passato di Dad si nascondono fantasmi: il figlio Frank, che è fuggito di casa per mai più tornare, e il commesso del negozio di ferramenta, che aveva tradito la sua fiducia. Nella casa accanto, una ragazzina orfana viene a vivere dalla nonna, e in paese arriva il reverendo Lyle, che predica con passione la verità e la non violenza e porta con sé un segreto. Nella piccola e solida comunità abituata a espellere da sé tutto ciò che non è conforme, Dad non sarà l'unico a dover fare i conti con la vera natura del rimpianto, della vergogna, della dignità e dell'amore. Kent Haruf affronta i temi delle relazioni umane e delle scelte morali estreme con delicatezza, senza mai alzare la voce, intrattenendo una conversazione intima con il lettore che ha il tocco della poesia.
COME COMINCIA
Appena gli esiti dell'esame furono pronti, l'infermiere li chiamò nell'ambulatorio, e quando il medico entrò nella stanza diede loro un'occhiata e li invitò a sedersi. Capirono come stavano le cose guardandolo in faccia.
Avanti, disse Dad Lewis, dica pure.
Temo di non avere buone notizie per lei, disse il dottore.
Era tardo pomeriggio quando scesero le scale e tornarono nel parcheggio.
Guida tu, disse Dad. Io non ne ho voglia.
Ti senti così male, tesoro?
No, non sto poi tanto peggio. Voglio solo guardare la campagna, non mi capiterà più di tornarci.
Non mi dispiace portarti in giro, disse lei. E possiamo tornare da queste parti tutte le volte che vuoi.
Uscirono da Denver, allontanandosi dalle montagne per tornare sugli altopiani: artemisia e yucca e gramigna ed erba del bisonte nei pascoli, grano e mais nei campi. Ai due lati della Statale c'erano piste sterrate che correvano sotto il cielo terso, dritte come le righe di un libro, con poche cittadine isolate sparse nella pianura sconfinata.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Scritto molto bene, triste e commovente.
... meraviglioso
Nella piccola cittadina di Holt, sperduta in una pianura sconfinata, nei pressi di Denver, a Dad Lewis, di settant'anni, affetto da un male incurabile, gli mancano pochi mesi da vivere. Di tanto in tanto riflette sulla sua vita passata. A ventidue anni, nel 1948, si era sposato con Mary. Era stato amore a prima vista. Erano nati due figli Frank e Lorraine. Frank da giovanissimo fu cacciato da casa dal padre, perché omosessuale. Poi Dad, che aveva una ferramenta, cacciò anche Clayton, il commesso, in quanto aveva rubato parte dell'incasso. Clayton, che aveva moglie e due figli, chiese perdono, ma Dad lo cacciò ugualmente. Disperato il commesso si suicidò. In questo piccolo mondo che fatica a perdonare, arriva il nuovo pastore, Lyle. Le idee di Lyle sconvolgono la piccola comunità di benpensanti. Durante un sermone il pastore pronuncia queste parole: "Siamo di nuovo in guerra. Abbiamo guardato con orrore le figure umane che saltavano giù dalle finestre delle due torri in fiamme. E se, invece, di dire siamo la nazione più potente della terra. Possiamo distruggervi. Possiamo uccidere i vostri bambini. Possiamo trasformare le vostre città e i vostri paesi in un ammasso di rovine... Possiamo trasformare il giorno in notte, dicessimo di amare i nostri nemici come sta scritto nel Vangelo di Matteo?" Al sentire queste parole i fedeli abbandonano la chiesa, urlando: "Sei un maledetto simpatizzante dei terroristi". La risposta del pastore: "Il Signore vi benedica".
Intimo, struggente, emotivamente forte.
Nella piccola (e fittizia) cittadina di Holt, in Colorado, la vita di Dad Lewis scivola lentamente via nei giorni d’estate, sfiorata dalle vicende delle persone che si alternano nella sua veranda o nei suoi ricordi. A Holt, come spesso accade nelle cittadine di provincia, la gente cerca rassicurazioni ed è poco incline ai cambiamenti, alle idee nuove, alle scelte non conformi alla morale e ad accettare personalità originali o fuori dal comune - che allontana, isolandole o mettendole al bando. È per questo motivo, per il quieto vivere, che ciascuno si porta dietro un rimpianto o un segreto, qualcosa di irrisolto che affonda le radici nel passato: “benedizione” è tutto ciò che è in grado di sciogliere qualcuno di questi nodi, di lenire qualche sofferenza. Ultimo capitolo della “Trilogia della pianura”, questo libro può essere letto indipendentemente dai volumi precedenti e penso sia giusto annoverarlo tra i migliori romanzi della letteratura americana contemporanea. Lo stile asciutto, sobrio, reso magnificamente nella traduzione, restituisce la riservatezza dei personaggi e la delicatezza con cui vengono trattate le loro vicende personali. Le descrizioni delle praterie, della pianura americana e della silenziosa cittadina di provincia rendono con poche parole la bellezza dei paesaggi, proprio quelli delle fotografie di Robert Adams citate (non a caso) nella quarta di copertina.
Mi devo ripetere con quanto scritto sui due romanzi precedenti di Haruf: "Canto della pianura" e "Crepuscolo":: BELLISSIMO! Non mi perdono di avere scoperto questo grande scrittore, così tardi.
La trilogia della pianura di Holt è una raccolta di racconti assolutamente da leggere. Storie semplici ma raccontate con piacevole scioltezza. Un Haruf superlativo!
Kent Haruf non delude mai
È l'ultimo romanzo che compone la Trilogia della pianura. A mio avviso è risultato il più cupo e il più struggente. Mi è piaciuto moltissimo, al pari degli altri due ma, per ragioni personali, mi è costato parecchio emotivamente... Rispetto ai precedenti è meno corale e troviamo personaggi del tutto nuovi. Sebbene siamo sempre a Holt, non c'è alcun legame con i cittadini che abbiamo conosciuto nei primi due libri, e ai quali mi sono affezionata, in particolare i fratelli McPheron. Non è un libro ricco di avvenimenti e colpi di scena, al contrario reca in sé qualcosa di più intimisistico, concentrandosi sulle relazioni umane e sugli affetti. La storia si concentra su Dad Lewis, malato terminale, uomo e padre di famiglia stimato dall'intera comunità. Attorno a lui gravitano le storie di alcuni personaggi, con le loro vite "normali", i loro drammi e le loro debolezze. Vite che Haruf ha sempre il dono di rendere uniche e speciali, con la scelta di parole misurate e attente, che sostengono uno stile scorrevole e pieno di delicatezza, capace di instaurare con il lettore una forte empatia. Anche in questo libro è presente la figura di un bambino colpito da una vicenda triste: in questo caso si tratta di Alice, rimasta orfana della mamma e del cui padre non si sa nulla, sparito prima che lei nascesse. Affidata alle cure della nonna, ben presto le si affezioneranno e si occuperanno di lei altre donne di Holt, con il generoso intento di colmare, almeno un po', la mancanza della figura materna. Il romanzo, dolce e malinconico al tempo stesso, si chiude con un finale che è pura poesia.
Ancora una volta sono tornata a Holt per leggere, ahimè, l'ultimo capitolo della Trilogia della Pianura. Dad Lewis è sicuramente il protagonista assoluto di questo romanzo, che si apre con la scoperta del male inesorabile che sta inevitabilmente spingendo l'uomo verso l'ultima fase della vita. Tutto ruota intorno a questo addio, che già si preannuncia dalla prima pagina. Riga dopo riga conosciamo intimamente l'uomo, la sua famiglia, i suoi principi, i suoi sbagli e i suoi rimpianti. Dad è fondamentalmente un uomo semplice, dedito alla famiglia, che, però, non è riuscito a comprendere e accettare in tutte le sue sfaccettature. Il rimorso traspare dalle parole e dai gesti dell'uomo, che ormai sa di non avere il tempo e le forze per rimediare. E allora non può che rassegnarsi e vivere gli ultimi momenti con sofferenza fisica e psicologica, accettare l'accudimento e l'aiuto che gli vengono dati, fino all'ultimo respiro. E mentre anche il lettore attende di dare questo commovente addio all'uomo e a tutti gli abitanti di Holt, che si sono succeduti e, in pochi casi, amalgamati tra loro, facciamo la conoscenza degli altri personaggi che frequentano la casa dei Lewis: i vicini, le amiche di una vita, il reverendo Lyle... Ancora una volta Haruf ci conduce per mano tra storie e rapporti complessi, tra ragazzini sfortunati, tra i locali pubblici e la Main Street e ci saluta con una storia cupa commovente e intensa.
Con “Benedizione” si chiude un cerchio o, meglio, si aggiunge un tassello in più alla storia corale di questa cittadina. Nuovi personaggi, vicende differenti. Indipendente dagli altri due (tranne per un mega riferimento a cose già successe), questo qui è sicuramente un testo più maturo, ricco di ripetizioni simboliche e costanti flashback. A differenza degli altri capitoli della trilogia, Haruf qui si concentra più a fondo sui singoli personaggi, soffermandosi su un minor numero di famiglie, ma permettendo a chi legge di conoscere meglio chi si nasconde tra le pagine. Holt ancora una volta è gabbia e rifugio: chi soffre la vita di provincia scappa a Denver, chi ha bisogno dell’abbraccio di una comunità unita resta. Peccato, però, per chi vuole solo essere rassicurato: la vita in un piccolo borgo è comunque una sfida, nulla viene regalato.
Ritorno ad Holt. Ci sono luoghi letterari, o meglio, nati nella mente degli scrittori, che hanno la caratteristica si incunearsi nella mente del lettore e che diventano magici, prendendo una vita loro nei nostri corpi. Un po’ come si può dire del Macondo di Marquez, lo stesso si può dire della Holt di Haruf: è un luogo dell’anima. E così, anche se temporalmente lontani da quella che sarà l’ambientazione della Trilogia della Pianura, siamo di nuovo nelle terre sconfinate e perse di Holt, ad ascoltare un lungo racconto, a perderci. Haruf srotola difatti relazioni famigliari complesse, di dipendenza, di arroganza, di dolcezza, di nostalgia, di conforto, di vera amicizia in una terra aspra, secca e senza mai annoiare il lettore, anzi, dialogando costantemente con lui e facendolo completamente partecipe di ciò che sta accadendo, momento per momento. Davvero bello.
Scritto molto bene come gli altri, ma più triste e commuovente.
letto con grande piacere e scorrevolezza, la scrittura di Haruf è praticamente perfetta, capace di trasmettere un'atmosfera malinconica e di quiete, che personalmente amo; i personaggi sono tridimensionali, le loro vite, i loro sentimenti e il passato che non smette di tormentarli. Consiglio la trilogia della pianura a tutti, si tratta di ottimi romanzi che possono appagare il lettore più esperto ma anche quello non abituale, con la loro grandezza.
Bellissimo questo romanzo, letto per primo anche se compare come terzo nella trilogia. Il narrare dolce e malinconico, ma senza tristezza, del protagonista che sa di vivere gli ultimi suoi giorni, ci fa conoscere un piccolo gruppo di persone (d’altronde Holt è solo un pugno di case unite dal vivere in mezzo ad un deserto), ognuna con le sue fragilità. Intensi i momenti con la moglie e la figlia che lo accudiscono. La scrittura è molto bella, frasi incisive senza nulla di superfluo, scrittura tipica di questo grande scrittore. Ringrazio NNE per averlo fatto conoscere anche in Italia.
Kent Haruf andrebbe letto tutto. E Benedizione e' forse il suo libro che piu' colpisce, toccando certe corde intime nel lettore, corde che pochissimi autori riescono a raggiungere. La citta' letteraria di Holt, lo scorrere quotidiano della loro vita, lo stile coinvolgende e acuto. Da leggere assolutamente.
Terzo volume di una trilogia che ho divorato in una settimana!
È il romanzo più duro della trilogia. Parla della fine della vita, del rimpianto di quello che sarebbe potuto essere e che non sarà mai e dell' estremo goffo tentativo di mettere a posto le cose. Scritura asciutta ed evocativa.
Il libro che mi è piaciuto di meno di tutta la trilogia. Sono contenta di averlo letto per ultimo, probabilmente se avessi iniziato da questo non avrei proseguito oltre nella lettura.
Come tutti i libri di Haruf semplicemente meraviglioso. Leggero come una piuma ma profondo come il mare.
Romanzo sulla falsariga dei precedenti. Forse leggermente meno bello dei precedenti, ma comunque valido. Peccato che non ci siano seguiti.
Con questo libro ho scoperto Kent Haruf e già solo per questo non merita meno di quattro stelle. Ma ammetto che è il libro che mi è piaciuto meno della Trilogia della pianura: Canto della pianura e Crepuscolo sono indimenticabili, questo forse lo è. Provate e non perdetevi questo scrittore!
Ammetto che inizialmente ho faticato a “capirlo”, ad entrare in sintonia coi protagonisti. Forse perché mi aspettavo di ritrovare il clima e le persone del Canto della Pianura e di Crepuscolo. Ma poi, a racconto inoltrato, qualcosa è scattato, un mondo di sentimenti si è aperto. Questo è il libro che ti aspetti vada in un modo e invece accade tutt’altro, il libro dove chi deve morire non si salva, dove chi deve ricomparire non torna, dove chi ha perso qualcuno non lo ritrova. È un libro che narra la morte, nel senso più crudo del termine; che togliendo dignitá ad un uomo racconta gli ultimi giorni di travaglio e dolore, di rimpianto e malinconia, di tristezza e rassegnazione. È un libro che spalanca i sentimenti impartendo una Benedizione anche agli animi più tenebrosi. La degna conclusione di una trilogia eccelsa.
Il migliore della trilogia della pianura. La fine della vita, i resoconti, la famiglia, i figli. C'è un po' tutto in questo romanzo amaro come può essere prendere coscienza che tutto sta per finire e il tempo corre. Bellissimo.
Semplicemente meraviglioso. Ho amato Benedizione come ho amato tutta la trilogia di Haruf. Da non perdere.
E' il primo libro di Kent Haruf che leggo, non conoscevo lo scrittore. E' stata un'amica a consigliarmelo. Mi è piaciuto molto. Poetico in alcune parti, doloroso e intimo in altre...
Un libro piuttosto piacevole con uno stile un po' scarno e molto diretto, senza il bisogno di fronzoli. Scritto davvero bene, unica nota negativa è che si percepisce un'atmosfera piatta che pervade tutto il libro indipendentemente che si parli di vita o di morte. Va bene non cadere in inutili sentimentalismi, ma un minimo di turbamento emotivo lo si deve trasmettere quando si parla di certe vicende, invece rimane tutto molto pacato, qualsiasi cosa succeda le reazioni dei personaggi sono sempre molto controllate, anche se qualche personaggio si infuria o comunque dà sfogo a qualche emozione negativa passa sempre un po' in sordina. Insomma mi ha trasmesso poco questo libro dal punto di vista emotivo, ho provato un certo distacco nei confronti di tutti i personaggi. Inoltre non mi ha fatto così tanto piacere scoprire che questo romanzo dovrebbe essere l'ultimo della trilogia in ordine cronologico visto che mi ha anticipato eventi di “Canto della pianura”, anche se accennati di sfuggita... comunque non mi è chiara questa decisione di pubblicarlo come primo in Italia.
La malattia e la morte di un anziano nella cittadina (immaginaria) di Holt, vicino Denver. Una storia minima che si allarga pian piano come i cerchi di un sasso gettato in uno stagno: la famiglia, i vicini, i parenti dei vicini. Storie di solitudini, di occasioni perse, di rapporti umani difficili, di caratteri chiusi, di vicende del passato che tornano a galla. C’è la superficie, costituita da una comunità che si aiuta e collabora nelle piccole cose del quotidiano, e un sommerso, fatto da quello che è successo o che avrebbe potuto succedere, episodi che hanno segnato la vita dei personaggi, ferite che continuano a far male e che hanno reso le persone più dure o più fragili, comunque diverse da prima. Uomini e, soprattutto, donne, ai quali manca qualcosa: si sono accontentati, o avrebbero voluto farlo. Persone che sembrano aver perso l’occasione, il momento giusto per la felicità. Già, la felicità, che ora identificano con la normalità, una normalità che non hanno mai avuto o che hanno perso e sentono di non poter più raggiungere. Il limite di Benedizione, a mio avviso, è nell’architettura un po’ troppo “rigida” del romanzo: i brevi capitoli sono concepiti quasi come un racconto a sé (per certi versi come in Winesburg, Ohio) e costruiti ognuno attorno ad un personaggio del quale viene esposto, con prosa scarna ed essenziale, un episodio della vita attraverso un’alternanza di dialoghi, descrizioni d’ambiente e riflessioni che si ripetono forse un po’ troppo schematicamente.
Haruf va probabilmente letto tutto d’un fiato, senza pause, in totale immersione. Ma anche questa volta non ho potuto farlo, e qualche dubbio a volte è emerso. Cercherò di spiegarmi: la storia principale è struggente e necessaria, anche nei suoi sviluppi laterali. Perfetta. Ma poi c’è un di più, una aggiunta che distrae e non convince fino in fondo: era necessario il dramma personale e familiare del pastore? Che potesse essere stato il racconto lungo la misura più congeniale all’autore? Non ci sarà modo di saperlo, ma... Per fortuna non legge nessuno le mie recensioni, perché sento che potrei essere travolta dalle critiche.
Rispetto a Canto della pianura la scrittura m i sembra molto più ermetica, più concisa nella descrizione degli avvenimenti, ma non per questo meno coinvolgente e appassionante. Leggere un libro di questo scrittore equivale a lasciarsi trasportare nella cittadina americana di Holt e dimenticare tutto il resto. Ti fa amare i personaggi e le loro vicende, anche se tristi come in questo caso, ti fa vedere aspetti della vita che scorre nonostante tutto, ti trascina pagina dopo pagina anche se sai che il finale appare scontato già dall'inizio. Scrittura quasi magica direi è molto consigliata.
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