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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2019
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Ogni due giorni, un vecchio signore si siede nella Sala Bordone della Pinacoteca di Vienna e guarda un celebre quadro di Tintoretto. Quell’uomo ha molto del genio, in un Paese che non tollera i geni («Il genio e l’Austria non sono compatibili» leggeremo qui). Che cosa cerca? Qualcosa che non indovineremmo mai e che solo in un romanzo di Bernhard può diventare tema centrale: cerca i difetti dei capolavori («Il tutto e il perfetto non li sopportiamo»). Quel vecchio signore, che conosce l’arte come nessuno – e ne trasmette i segreti a un guardiano del museo, devoto fino all’identificazione –, sa anche vedere la minaccia che si nasconde nell’arte, nella pretesa oppressiva del capolavoro. Nulla è più rischioso che osservare «a fondo» un capolavoro. Tanto maggiore la gravità dello sguardo, tanto più squassante il riso convulso che ci coglierà mentre continuiamo a ripeterci certe celebrate parole, come se dietro il significato più alto si spalancasse ancora un vortice di insensatezza. Questa la donnée di Antichi Maestri, uno dei romanzi ultimi di Thomas Bernhard (è apparso nel 1985), e anche uno dei libri dove egli si è spinto più in là, in una vera terra di nessuno fra l’arte e la vita, una terra abitata dalla lucidità, dalla disperazione, dal lutto per un amore perduto. Come in una confessione testamentaria, Bernhard parla non solo di ciò che la pittura – e la musica, la letteratura, la filosofia – sono, ma di ciò che non possono essere, non potranno mai essere: di quel punto in cui l’arte viene meno. Temi azzardati, ai quali il genio di Bernhard sa dare una prodigiosa immediatezza. Non solo: variando su di essi, egli riesce a inscenare, con verve sinistra e al tempo stesso liberatoria, quella che egli definisce, nel sottotitolo, una «commedia».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Poco tagliente, molto ripetitivo, una ripetitività che va oltre le intenzioni e lo stile. Un'invettiva superficiale. Ancora: lo stile non basta a giustificare la mancanza di argomenti
Tutti i libri di Bernhard sono dei capolavori, difficili da leggere e non solo per il suo stile tortuoso, per le continue ripetizioni/variazioni che si rincorrono tra le pagine, per le riflessioni ardite e per la verità essenziale sulla condizione umana. Bernhard era un uomo che molto aveva sofferto, fisicamente e spiritualmente, e credo che le sue esperienze lo abbiano portato a vedere con estrema chiarezza l'uomo contemporaneo. In questo romanzo la riflessione si sposta sull'arte e sul nostro rapporto con l'arte. La critica letteraria è un'arte difficilissima, che pochi sanno veramente fare. Il protagonista del romanzo ne è capace, anche perché ha capito davvero che cosa sia l'arte e sa che può non essere perfetta (nemmeno Omero e Virgilio sono perfetti!). Tuttavia gli antichi maestri, quei pochi autori che ci accompagnano nelle nostre vite, sono un nutrimento necessario, come il dipinto di Tintoretto per il protagonista. Il finale è divertente e a sorpresa, quasi a dirci che l'arte si trova ovunque.
Recensioni
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recensione di Morello, R., L'Indice 1993, n. 4
(recensione pubblicata per l'edizione del 1992)
"Non ho mai letto un solo libro da cima a fondo", afferma il musicologo Reger, protagonista di "Antichi Maestri", definendosi nel contempo "uno sfogliatore di grande talento", uno di quei rari lettori capaci di sfogliare centinaia di pagine prima di leggerne finalmente una sola, ma con la più intensa passione ed ineguagliabile profondità. Per lui chi legge tutto non ha capito nulla. Nei libri, come nella vita , la compiutezza è orribile, insopportabile, solo il frammento è in grado di assicurare un barlume di felicità. Perciò egli ricerca ossessivamente nelle opere dei cosiddetti "grandi" maestri del passato qualche errore che le renda più umane e tollerabili.
Un giorno sì e uno no Reger si reca al Kunsthistorisches Museum di Vienna, nella cosiddetta sala del Bordone, per contemplare in perfetta solitudine "L'uomo dalla barba bianca" di Tintoretto. L'ottantaduenne Reger, che da oltre trent'anni pubblica sul "Times" recensioni di esemplare acutezza critica, la cui genialità è naturalmente ignorata in patria e nota solo all'estero, ha sviluppato sino alla perfezione e ai limiti del patologico l'arte dell'osservazione critica. Tutti gli antichi maestri, anche i più eccelsi, rivelano prima o poi "errori", incongruenze, particolari che ne compromettono irrimediabilmente la pretesa perfezione. Pur essendo convinto che è inutile ricercare la consolazione dell'arte - che mai potrà compensare la perdita della persona amata, perché tutti i cosiddetti grandi "ci piantano in asso proprio nel momento in cui avremmo un gran bisogno di loro" - Reger sente tuttavia il bisogno di continuare ad esercitare sino allo sfinimento il suo esercizio critico disperato, che rappresenta per lui l'estrema risorsa, l'unica ragione di vita. Tutta la storia viene riportata - come spesso accade nei testi di Bernhard - da un certo Atzbacher, filosofo ed ideale interlocutore dell'anziano musicologo, il quale, recatosi anch'egli al museo, osserva l'amico da una sala vicina, proprio mentre questi è in contemplazione del dipinto di Tintoretto. Questo espediente teatrale permette di creare la distanza indispensabile per raccontare un'esperienza individuale altrimenti indicibile.
Libro geniale e dolente, frammento di un discorso più vasto che non conosce n‚ inizio n‚ fine, ma solo un arresto imposto dai limiti naturali dell'esistenza, "Antichi Maestri" appartiene all'ultimo straordinario periodo creativo dello scrittore austriaco, quegli anni ottanta che hanno visto la pubblicazione in rapida successione di tanti capolavori, dal "Nipote di Wittgenstein* del 1982 sino ad "Auslöschung" (Estinzione), del 1986, non ancora tradotto in italiano: libri tutti intimamente collegati, da un punto di vista sia tematico sia stilistico, nei quali si accentua sempre più il carattere riepilogativo, ossessivamente circolare e tautologico, tipico della scrittura di Bernhard.
La traduzione di "Antichi Maestri", ad opera di Anna Ruchat, impeccabile, anche se è sempre un'impresa ardua trasferire in italiano l'inconfondibile stile di Bernhard, così intimamente legato alla natura del tedesco, il suo nevrotico ed estenuante andamento circolare che sembra negare il principio stesso di sviluppo, per ribadire una sorta di fissità e fissazione maniacale su se stesso, sulle proprie formulazioni impercettibilmente variate. Un linguaggio il suo che predilige gli estremi, i superlativi più azzardati, le costruzioni nominali più macchinose e contorte, intessuto di citazioni, ironico, in cui il mondo è messo a nudo nella sua naturale assurdità e rivela la sua sostanza teatrale. Le pagine di "Antichi Maestri" dedicate a Stifter, Bruckner e Heidegger sono tra le satire più implacabilmente corrosive, ma anche divertenti, che Bernhard abbia scritto, un vero e proprio repertorio di luoghi comuni che denotano una palese unilateralità e, nello stesso tempo, un insieme di geniali intuizioni, ben più stimolanti di certi fumosi panegirici. Abissali e folgoranti "verità" balenano tra pagine che traboccano di misantropiche contumelie, maniacali e patetiche idiosincrasie, incontenibili insofferenze per talune abitudini tipicamente austriache - dall'eccessivo ossequio per i titoli, al culto per la pasticceria, sino ad una supposta carente cultura della toilette. L'istrionico protagonista di questi sfoghi, Reger, è contemporaneamente un folle e un genio, un fanatico persecutore di ogni banalità e un acutissimo osservatore, un'incomparabile intelligenza costretta a celarsi sotto una patina di implacabile risentimento. Bernhard inoltre gli affianca un alter ego comico, il custode Irrsigler, suo ammiratore ed emulo, nel quale però l'intelligenza critica di Reger risulta inconsapevolmente parodiata e contraffatta, come riflessa in uno specchio deformante.
"Antichi Maestri" è dunque un saggio magistrale e anche una parodia dello spirito critico-satirico, perché mostra chiaramente come quella stessa critica che è in grado di distruggere l'opera d'arte non possa a sua volta sottrarsi alla nevrosi che l'ha prodotta. Bernhard evita ogni pathos moralistico grazie a una scrittura sfuggente, ambiguamente contraddittoria, che rovescia continuamente ogni assunto nel suo contrario.
Anche il nobile tentativo di ricostruire un senso mediante una critica della cultura si rivela un umanissimo espediente per sfuggire alla morte. Ogni storia individuale non è che il resoconto, miserabile e sublime, di un fallimento inevitabile, la riformulazione degli stessi problemi insolubili, senza i quali però non esisterebbero che estraneità e follia. Per questo la vicenda di Reger, per quanto sostanzialmente disperata, appare alla fine comica e tragica insieme, come egli stesso ci rammenta: "Cosa non pensiamo e cosa non diciamo nella convinzione di essere competenti, eppure non lo siamo, questa è la commedia, e quando ci chiediamo, e poi? quella è la tragedia ".
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