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Utilizzando le cronache del tempo, Alessandro Barbero ci fa rivivere la concitazione, l’entusiasmo, la violenza di quelle giornate in cui una massa di persone decise che il futuro così come lo vedeva non gli piaceva e provò a cambiarlo.
«Alessandro Barbero prende la rincorsa e lo fa, non a caso, partendo dai cosiddetti “secoli bui”, per arrivare a riflettere su due concetti che sono andati ripetendosi ciclicamente nel corso della storia fino ai giorni nostri: la rivolta e la rivoluzione.» - Elsa Manes
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Magari tutti gli storici fossero in grado di scrivere in modo così avvincente e catturarti per quasi 200 pagine senza sosta! Ho divorato questo libro, che mi fa dire per l'ennesima volta "Grazie" per l'esistenza di Alessandro Barbero, capace di far innamorare della storia un pubblico sempre più vasto, anche di non esperti. E' stato bello immergersi in questo capitolo troppo brevemente toccato dai nostri manuali, quello delle rivolte popolari nel Medioevo (le più famose Jacquerie, tumulto dei Ciompi e "peasants' revolt", assieme alla meno nota rivolta dei Tuchini nel Canavese), e come non condividere la lettura del professore su quanto spesso bolliamo l'età "di mezzo" come un'epoca meno politicamente consapevole della nostra? Questo libro ci dimostra l'esatto contrario, e anzi mi spingo a dire che Barbero in alcuni passaggi sembra auspicare una consapevolezza e una mobilitazione simile anche ai nostri giorni. Se non do il massimo, è solo perché il libro è praticamente la messa per iscritto del testo di alcune conferenze tenute al Festival di Sarzana e di un podcast, solo minimamente ampliate rispetto ai video reperibili su YouTube; la documentazione è come sempre ineccepibile, ma avrei apprezzato un po' più di approfondimento. Sarò comunque fedele acquirente del suo prossimo libro professore!!!
L'autore in questo libro ci racconta, con lo stesso piglio, vivacità, entusiasmo e chiarezza, a cui ci ha abituato nelle sue lezioni televisive, le rivolte accadute, nella seconda metà del Trecento, in Francia, Italia e Inghilterra. Barbero fa notare che anche nel Medioevo ci sono stati movimenti insurrezionali " che nel loro sviluppo iniziale non sembrano affatto distinguibili dalle più travolgenti rivoluzioni moderne", ovvero "in queste sommosse fallite s'intravede la coscienza di classe dei rivoltosi, e che si tratta quindi di episodi della lotta di classe tra sfruttatori e sfruttati, proprio come avviene per le rivoluzioni trionfatrici dell'epoca più vicina a noi".
Avvincente come fine narratore e rigoroso come studioso e storico, l’A., come suo solito, attraverso archivi polverosi dove si nascondono le cronache dell’epoca, valutate per attendibilità e faziosità, ci fa rivivere con passione le vicende storiche di quattro rivolte famose della seconda metà del trecento. Apprezzabile l’insegnamento che possiamo trarre da questi avvenimenti. Controintuitiva la conclusione che spesso a scatenare le rivolte non sono le condizioni economiche peggiori, ma un loro miglioramento dopo lunghi periodi di crisi.
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