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un po' "leggerino" per essere Lucarelli; lo stile è il solito ma da uno scrittore così ci si aspetta qualcosa di più; piacevole ma sicuramente non ti divora la voglia di andare alla pagina successiva
Nonostante Lucarelli sia (stato?) uno dei miei autori preferiti (Almost blue, clclo Coliandro, ciclo De Luca, in primis) da un po' non trovo più, nel leggerlo, quel pathos a cui mi aveva abituato. Quest'ultimo lavoro, poi, non ha spessore, non riesce a essere coinvolgente questa storia di notevole piattezza, contenuta in 122 paginette (poco più di un compitino: editorialmente dovuto?) e stretta tra una stucchevole sequenza di termini in tigrino (lingua eritrea) e uno stile più da docu-fiction televisiva (Blu notte) che narrativo. Mi dispiace.
Stile Lucarelli un po' sprecato per una cosina così moscia con un lieve mordente ma col finale tutto italiano vecchio,di oggi e di domani. 2.5 si poteva fare di molto meglio sforzandosi un po' di più. Da ombrellone rapido
Recensioni
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Forse era stata un’impresa troppo ardua, quella che nel 2008 Carlo Lucarelli aveva tentato con il romanzo L’ottava vibrazione (Einaudi). Si trattava di un romanzo giallo ambientato alla fine del 1800 in Eritrea, tra i carabinieri di stanza nella colonia italiana e raccontava una delle più cocenti sconfitte della nostra storia nazionale, la disfatta di Adua. Raccontare la vita africana dell’esercito italiano e dei coloni era stata un’impresa epica per il noto scrittore italiano, avvezzo a districare misteri in tv e grande caratterista di alcuni dei più importanti personaggi polizieschi della produzione letteraria degli ultimi anni, l’ispettore Coliandro su tutti. Pesava su quella sua prima fatica africana non solo l’atmosfera cupa di Massaua, una città dall’aria torbida e soffocante, ma anche una disfatta dell’esercito italiano che forse brucia ancora.
A distanza di qualche anno Lucarelli riprende il meglio di quell’ambientazione, compresi i personaggi che ne erano protagonisti, e torna in Eritrea, questa volta ad Asmara, nel primo albergo che i coloni italiani hanno edificato: l’ Albergo Italia. Il caldo è sempre intenso, l’aria rarefatta a causa dell’altitudine, ma quella coltre di caligine grigia che opprimeva gli italiani di Massaua ha lasciato il posto ai colori brillanti e alla flora rigogliosa di Asmara. Il capitano Colaprico e il suo fido aiutante, lo zaptié eritreo Ogba, membro dell’esercito locale incorporato nella compagnia dei Carabinieri d’Africa, affrontano insieme una brutta grana.
Proprio nel giorno in cui deve essere inaugurato il moderno albergo, viene rinvenuto in una stanza il cadavere di Antonio Farandola, tipografo di Torino. L’assassino, prima di dileguarsi tra gli ospiti dell’albergo, ha pensato bene di inscenare un suicidio, ma il tentativo è stato assolutamente inutile, perché sia il capitano Colaprico che il suo aiutante, da lui ribattezzato “lo Sherlock Holmes abissino”, non hanno il minimo dubbio che si sia trattato di un omicidio.
In realtà non c’è una sola prova che possa indirizzare le indagini, ma tanti piccoli indizi, che i due validi investigatori riescono a collegare l’uno all’altro attraverso un processo logico deduttivo tipico del giallo procedurale classico. Quello che sembrava un omicidio legato a un furto di merce in transito tra l’Italia e l’Africa, diventa una Spy Story all’italiana, con barbe finte e valige dal doppio fondo, banconote false e banchieri arrivisti. Torna quindi alla fonte del romanzo poliziesco Carlo Lucarelli, ricordando nella scrittura grandi maestri come Arthur Conan Doyle e Agatha Christie. A colpire il lettore non è solo l’ambientazione vintage e la descrizione dettagliatissima dei personaggi, ma anche e soprattutto la freschezza di una scrittura frizzante, brillante, profondamente acuta.
Realizzato in collaborazione con l’Ente editoriale dell’Arma in occasione del Bicentenario della fondazione del corpo, questo romanzo è un omaggio alla storia dei nostri Carabinieri, che trovano nel capitano Colaprico un degno precursore. Un uomo per bene, votato alla causa e ossessionato da un fenomeno ancora sconosciuto che in Sicilia chiamano “maffia”. Un Carabiniere dall’intuito finissimo e tutto d’un pezzo che non cede neanche al cospetto di Margherita, una ammaliante avventuriera arrivata nella colonia italiana in cerca di uomini. Lui è un uomo all’antica, lei una donna moderna, insieme chiuderanno un caso intricato che sarà, ci auguriamo, solo il primo di una lunga serie.
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