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Un' agenda per la città. Nuove visioni per lo sviluppo urbano
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Un' agenda per la città. Nuove visioni per lo sviluppo urbano - copertina
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agenda per la città. Nuove visioni per lo sviluppo urbano

Descrizione


Nel 2050 il 70% dei nove miliardi di abitanti del pianeta vivrà nelle città. L'Unione europea ha chiesto a tutti i paesi membri di dotarsi di un'ambiziosa Agenda urbana. L'Italia sta cercando anch'essa di muoversi in questa direzione. Per superare le politiche di austerità il nuovo paradigma dello sviluppo passa dalle città che, come dicono le Nazioni Unite, possono essere il "rimedio alla crisi globale". Per rilanciare la domanda interna e salvare il pianeta vanno fatte alcune scelte fondamentali: la città compatta che limita il consumo di suolo; l'economia a zero emissioni di carbonio; il risparmio di risorse naturali e alimentari; la mobilità sostenibile; la cultura come fattore determinante di una nuova visione non solo economica dello sviluppo. Interi comparti produttivi come l'edilizia, i trasporti, l'Ict, l'energia, la salute e il "welfare" possono essere trainati dall'innovazione urbana. Sono le città, e non gli Stati, a rappresentare la speranza di una democrazia globale, di cui la democrazia deliberativa e l'eguaglianza di genere sono componenti essenziali. Il volume contiene le considerazioni e le proposte di Laboratorio urbano per le politiche di genere, la democrazia urbana e le pratiche partecipative, le città metropolitane, il territorio e l'economia verde, la mobilità, il "welfare", la cultura e l'università, le "smart cities", il lavoro e lo sviluppo locale.
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Dettagli

2014
8 maggio 2014
255 p., Brossura
9788815251282

Voce della critica

  Il volume curato da Walter Vitali, ex senatore e sindaco di Bologna, è parte di un'ampia discussione sulla nuova questione urbana in corso da qualche anno, alla quale gli autori, un cospicuo gruppo di studiosi, ricercatori e decision-makers di area emiliana, ha dato un contributo anche attraverso il centro studi Laboratorio urbano di Bologna e altre iniziative in sede politica e scientifica, tra le quali la costituzione di Urban-it, nazionale di studi per le Politiche Urbane. Gli interventi adottano la comune aspettativa di una politica nazionale per la città, uno scenario che per certi aspetti pare in via di progressiva attuazione, e affrontano uno spettro ampio di temi spesso a partire dal caso di Bologna: questioni di genere, democrazia urbana e processi partecipativi; problemi dello sviluppo, del lavoro, della cultura e dell'innovazione; la nuova economia verde, sostenibile e della conoscenza; organizzazione metropolitana, della mobilità e del welfare. La richiesta di politiche pubbliche avviene di solito di fronte alla denuncia di problemi e rischi collettivi: l'ambiente in pericolo, la disoccupazione, la povertà crescente. S'insiste sulla capacità delle città di dare risposte ai problemi urbani e, più in generale, del sistema Italia: per gli autori infatti la città non è il problema, è la soluzione. Questo convincimento è reso esplicito dall'introduzione di Vitali, che colloca con chiarezza l'insieme della raccolta: la crisi del capitalismo finanziario e l'affermazione dell'urbanizzazione planetaria sono due fatti che vanno letti insieme. Da questa sovrapposizione potrebbero nascere soluzioni ai problemi che la globalizzazione e il capitale non riescono ad affrontare. Per operare questo promettente incrocio occorrerebbero però una regia comune, una politica nazionale che in Italia non ci sono: un ministero, un assessorato regionale, un'agenzia dedicata. I tentativi degli ultimi venti anni di costituire una politica nazionale delle città hanno ottenuto risultati modesti. Nonostante alcune iniziative locali abbiano avuto successo (il Giubileo a Roma, le Olimpiadi e il piano strategico a Torino) la città è per lo più assente dai grandi programmi nazionali d'investimento, come pure dai discorsi elettorali; o peggio, viene menzionata attraverso le battute dei giornali e sui temi dettati dalle urgenze: di volta in volta, periferie, insicurezza, immigrazione, competitività. In questi casi, si sottolineano i problemi: convivenza, degrado, povertà e congestione. Eppure, proprio le città negli ultimi venti anni sono state uno straordinario laboratorio di politiche e di politica. E il sindaco è l'istituzione riformata dalla "seconda repubblica" che meglio funziona. Non è un caso che oggi i politici nazionali rivendichino e ricerchino il ruolo di sindaco. Non solo, il "ritorno" delle città, con la crescita demografica, la concentrazione della ricerca e dei servizi avanzati, lo sviluppo dei talenti creativi e della economia della conoscenza, è un tema di riflessione planetario. La coincidenza tra globalizzazione e millennio urbano è infatti un refrain ripetuto con successo dagli studi di sociologi e urbanisti. In altri paesi, la politica della città è da tempo al centro delle scelte di sviluppo e di coesione. Nella riqualificazione urbana si sono incanalate le risorse sia dei grandi promotori che delle famiglie, sebbene gli esiti siano stati contraddittori; lo sprawl è cresciuto, come pure lo spreco, e la bolla immobiliare è esplosa. Poche cifre aiutano a fissare l'entità della trasformazione avvenuta da metà anni settanta: la popolazione è rimasta stabile, ma solo perché quattro milioni di immigranti si sono aggiunti (nelle grandi città); il numero degli alloggi è cresciuto del 50 per cento, ma per lo più nelle cinture urbane e nella città diffusa. Dunque, il risparmio del paese se ne è andato in rendita (causando qualche alluvione) invece di essere investito nel welfare e nelle infrastrutture metropolitane. È stato un buon affare? C'è da dubitarne. Ma rispetto all'orgia immobiliare degli anni novanta, qualcosa è cambiato e le aspettative sono cresciute: nei recenti documenti della Unione europea, le città sono elevate al rango di motore economico della ripresa dopo la crisi del 2008. E, soprattutto, sono indicate come il laboratorio di una nuova modalità di convivenza e prosperità, come suggerisce l'ultimo rapporto di Un-Habitat.   Marco Cremaschi  

 

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