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Anno edizione: 1987
Anno edizione: 2022
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Da Otway a Goethe, a Hofmannsthal, la storia dei congiurati spagnoli che nel 1618 volevano impadronirsi di Venezia e distruggerla ha spesso colpito l’immaginazione di grandi scrittori. Ma soltanto con i luminosi frammenti della Venezia salva di Simone Weil la vicenda sembra averci trasmesso la sua ultima verità: «una città perfetta, che sta per essere piombata nel sogno orrendo della forza; un uomo attento che, all’improvviso, la vede e la salva». In questo «teatro immobile» il perno è Jaffier, il congiurato che tradisce i compagni e salva la città. In lui si rinnova la figura del giusto che blocca la corsa del male, consumandolo in sofferenza sulla propria testa. A fronte di Jaffier è un altro congiurato, Renaud, posseduto dal sogno della forza. «Monomaniaco, elegantissimo, spaventosamente veridico», egli conosce con piena lucidità l’articolarsi della forza nelle cose e nella mente. Il conflitto fra questi due esseri, mentre sullo sfondo intravediamo il «roseo gioiello» di Venezia, è uno dei rarissimi nel teatro del nostro secolo che possa essere definito tragico. Qui la parola distruzione, uscendo da ogni vaghezza, assume connotati precisi come quelli delle pietre di una città. Qui possiamo constatare, una volta per tutte, come la parola d’ordine degli oppressori sia sempre la stessa: «Noi facciamo la storia».
scheda di Accornero, S., L'Indice 1987, n. 8
Tragedia densissima, forse l'unica tragedia contemporanea, "Venezia salva" è la trascrizione degli appunti per un'opera alla quale Simone Weil teneva moltissimo e che si fece spedire a Londra nel 1940 ma che la morte, nel 1943, le impedì di terminare. Il tema è noto e misterioso allo stesso tempo: ha affascinato numerosi scrittori - da Goethe a Hofmannstahl - prima che Simone Weil riprenda la cronaca di Saint-Réal, sulla quale non tutti gli storici sono concordi.
Venezia è la grande protagonista e sta per cadere nelle mani dei congiurati spagnoli; in poco più di ventiquattro ore, nel 1618, Jaffier tradisce gli amici, esiliati come lui, e fa fallire la congiura, perché prova pietà per Venezia.
Egli è l'eroe perfetto di un teatro immobile che assume come modello quello dei Greci. Venezia salva è la tragedia della vita umana, in bilico tra il sogno brutale di potere - quello dei congiurati e di Renaud, l'amico di Jaffier - e l'umanissima attenzione; è, come la definisce Cristina Campo, "un grande oratorio tragico sulla perdita della realtà".
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