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Se non può esserci armonia degli interessi in una società complessa, resta la lotta per le risorse della potenza (non semplicemente per il "potere"). Tutto il resto è un brindisi.Prima di leggerlo, siate sinceri e dite ad alta voce in quale posizione di potere vi trovate, quanto potere avete. E tutto sarà più chiaro....
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Hans J. Morgenthau è il più celebre esponente della scuola "realista" americana nelle relazioni internazionali. Il realismo, espresso in termini essenziali, concepisce la politica come lotta per il "potere" all'interno dello stato e per la "potenza" nei rapporti interstatali. Morgenthau, come sottolinea Alessandro Campi nell'introduzione, era un ebreo tedesco; giunse negli Stati Uniti in seguito al clima persecutorio diffusosi in Europa con l'ascesa del nazismo, portando con sé idee europee come lo studio disincantato della politica avviato da Weber e la concezione conflittualistica di Schmitt. Sennonché, come emerge nel presente lavoro, il cuore della riflessione di Morgenthau fu plasmato poi, per molti versi, in risposta all'indirizzo politico idealistico americano: da una parte, infatti, egli scorgeva la grande concezione della politica di Tucidide, Machiavelli, Richelieu, Hamilton e Disraeli; dall'altra l'esito internazionalistico del razionalismo e del liberalismo, la cui realizzazione "più coerente e diretta" era individuata in Woodrow Wilson. Si trattava, secondo Morgenthau, di una negazione della politica, dal momento che la "lotta per il potere", al centro della definizione "realista" della politica, veniva ridotta a mero "incidente storico" prodotto dai governi autocratici. Risulta prezioso per la comprensione dei concreti obiettivi polemici americani dell'autore anche il saggio conclusivo di Lorenzo Zambernardi, che mette a fuoco, tra l'altro, l'ostilità di Morgenthau per la concezione razionalistico-scientifica della democrazia elaborata dalla scuola di Chicago (Charles Merriam e Harold Lasswell) e accolta dalle presidenze di Wilson e di Franklin D. Roosevelt.
Giovanni Borgognone
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